Consiglio comunale aperto in occasione dei festeggiamenti per l’Unità d’Italia
Oggi pomeriggio la Sala Rossa si è riunita in seduta straordinaria per celebrare l’anniversario dell’unità del Paese.
Dopo l’inno nazionale sono intervenuti molti Consiglieri comunali, il professor Umberto Levra (presidente del Museo del Risorgimento) che ha svolto una relazione sul centocinquantenario italiano e, in chiusura, il sindaco Chiamparino.
Qui di seguito una sintesi degli interventi:
Giuseppe Castronovo (presidente del Consiglio comunale): Gli avvenimenti che hanno portato all’Unità d’Italia per la realizzazione di uno stato moderno attento alla questione sociale sono stati seguiti, ed è storia recente, dall’affermazione della Costituzione che, sebbene non ancora completamente realizzata in alcune parti fondamentali, ha visto tradotte in realtà alcune importanti riforme che ne affermano lo ‘spirito unitario’ che la contraddistingue, quali la scuola media unificata, il servizio sanitario nazionale, la realizzazione delle regioni.
Insomma sono passati 150 anni dall’unità formale dello Stato ma l’unità degli italiani, la realizzazione completa della loro uguaglianza davanti alla legge e della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo, è ancora un obiettivo che deve guidarci tutti nella nostra attività quotidiana.
Ferdinando Ventriglia (Vice presidente del Consiglio comunale): Sono contento di vedere tanti tricolori esposti in città, un tempo una spilletta tricolore fruttava il divieto d’ingresso nelle università occupate. Mi pare un segno di passione verso il nostro Paese.
Oggi però vorrei fare un elogio della litigiosità. In Italia discutiamo da secoli, coltivando da sempre il piacere di discutere e dividerci, ma è il segno di un carattere nazionale pronto a infiammarsi per la passione civile. Tutta questa vis polemica è il senso di un filo comune che fortemente ci unisce.
Umberto Levra (docente di Storia del Risorgimento dell’Università di Torino e presidente del Museo del Risorgimento): Il professor Levra ha intitolato la sua prolusione “Torino 1848 – 1980: i percorsi di una capitale”, descrivendo una piccola città che nel 1848 contava 137.000 abitanti (un quarto di Milano), dove misere catapecchie accerchiavano i ricchi palazzi, con strade sporche e molti mendicanti, ritmi lenti e antichi, pittoresca e affollata di giorno, deserta di notte. L’analfabetismo nelle donne arrivava al 49%. Poi il balzo in avanti: in 10 anni la città si popola di banche e industrie belliche, editori e associazioni professionali, si sviluppa sul piano urbanistico e arriva a 180.000 abitanti. La Torino del 1859 che si accinge a diventare capitale del regno dell’alta Italia è cosmopolita, ricca di intellettuali, esuli provenienti, dopo la rivoluzione del 1848, dagli stati regionali preunitari. Poi, in 23 mesi si compie l’unità nazionale e la trasformazione di Torino da città di servizi a città industriale. Gli abitanti sono 200.000.
Con il trasferimento della capitale a Firenze nel 1864, si verifica una grande crisi economica ed un calo della popolazione, ma grazie a nuovi immigrati Torino già prepara una sua riscossa ed è pronta a presentarsi legittimamente, solo 20 anni dopo, come capitale della scienza. Poi la svolta finale del ‘900, con l’impetuoso processo di industrializzazione di cui i sindaci Frola e Rossi sanno farsi promotori. Nel decennio dal ’10 all’11 la città cresce fortemente: 8.000 abitanti all’anno. Poi la guerra con un nuovo ulteriore sviluppo industriale ma un dopoguerra carico di tensioni in una città di 500.000 abitanti che ormai per il 30% lavorano nell’industria.
Infine Levra ha descritto le ondate migratorie: quelle dal sud che negli anni ’30 fanno lievitare la città a 600.000 abitanti , poi dopo la crisi durissima degli anni 30 innescata dalla grande depressione americana, gli anni della seconda guerra mondiale e un dopoguerra che vede nuovamente l’amministrazione comunale protagonista dello sviluppo e del rilancio industriale della città. Il “boom” gli anni ’60 quando metà della popolazione era economicamente dipendente dalla Fiat e Torino torna ad essere una indiscussa capitale, questa volta dell’automobile. Torino , con la sua cintura di piccole città raggiunge nel 1961 1.600.000 abitanti, nel 1971, i due milioni di abitanti.
Infine la crisi del modello di sviluppo, “ l’austerity”, il conflitto sociale, le prime delocalizzazioni e “gli anni di piombo”. La “marcia dei 40.000” del 1980 segna il punto finale dell’era della crescita industriale.
Giulio Cesare Rattazzi (per il Partito democratico e nelle vesti di Presidente della commissione 2011 del Consiglio comunale): Torino è sempre stata una capitale italiana anche prima e dopo esserne stata la capitale politica. Prima, capitale culturale pre-risorgimentale, grazie agli intellettuali esuli dagli stati regionali che nella modernità del Piemonte avevano dato luogo a una convivenza che andava verso il riconoscimento di un popolo che doveva diventare nazione e di una nazione che doveva diventare Stato.
Torino tornerà ancora capitale, una capitale economica, con il prorompente sviluppo della produzione industriale e poi ancora come sede del delicato rapporto tra Stato e Chiesa. Poi, infine, con l’integrazione dell’immigrazione meridionale e ora di quella straniera, proponendosi come capitale dell’accoglienza. Torino ha sempre svolto verso l’Italia ruoli che ne hanno fatto risaltare la centralità.
Daniele Cantore (capogruppo Forza Italia – Pdl): In questa prima settimana di festeggiamenti, ci siamo sentiti orgogliosi di essere italiani e torinesi. Qui abbiamo vissuto con sentimento e trasporto più che altrove, questi 150 anni di unità ed esistenza dell’Italia. Mi piace ricordare un intervento di un grande Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che nel centenario della morte di Garibaldi disse “chi non è capace di trarre insegnamenti dalla storia, difficilmente può avere un grande avvenire…”, frase che mi pare particolarmente adatta a questo momento storico.
Torino, anche dopo la perdita dello status di capitale politica seppe reinventarsi e guardare avanti, già nel 1886 il sindaco Galvagno investì risorse per creare una rete di canali e mulini che dovevano fornire energia per le industrie in costante espansione.
Ringrazio in particolare il sindaco Chiamparino come presidente del “comitato 150” insieme al presidente della Provincia e al presidente della Regione per questi festeggiamenti che testimoniano del valore delle istituzioni di questa grande città.
Maurizio Bruno (Moderati): Invidio chi ha vissuto lo spirito che ha portato all’unità del nostro Paese. C’è chi ha combattuto per l’Italia, chi l’ha difesa, ed oggi possiamo vedere un’Italia forte che ha costruito una capacità di donare al mondo. 20 anni fa non avremmo avuto una città preparata ad accogliere i festeggiamenti, va riconosciuta al sindaco Chiamparino la capacità di aver colto le possibilità della nostra Città.
Marco Grimaldi (Sinistra Ecologia Libertà): Vogliamo fare un ringraziamento e un augurio. Ringraziamo il presidente della Repubblica Napolitano e i nostri concittadini. Il presidente ha saputo come non mai farsi bandiera, inno e Paese. I nostri concittadini hanno saputo rispondere con orgoglio ai tanti giornalisti, scrittori, politici e istituzioni che hanno continuato a insinuare il dubbio sui festeggiamenti. E' la speranza che ha reso possibile l'unita', la liberazione, la costituzione e la Repubblica. E' la stessa speranza politica, etica e civile che ha reso cittadini milioni di sudditi e ribelli. Compito della cultura, della scuola, dell'informazione, della politica e delle istituzioni è far sì che anche domani in questa Repubblica milioni d’italiani possano essere cittadini. Ci congediamo allora con un augurio a questa sala del Consiglio comunale, che sa costruire una Torino orgogliosa di fare da sempre parte di un Paese migliore. Grazie Torino. Buon compleanno Italia.
Ennio Galasso (Futuro e Libertà): Mi piace prendere due attuali personalità ad esempio dello spirito risorgimentale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e Papa Benedetto XVI. Ricordano il dinamismo, l’atteggiamento risorgimentale di Cavour, il respiro ampio di quei tempi.
Ricordo anche la figura di Carlo Cattaneo che seppe richiamare i valori della bandiera italiana e della patria firmando il proclama ‘Italia Libera’. Mi piace infine declamare una citazione: il passato è una foresta cha va esplorata con amore. Una metafora per tenere sempre presente gli insegnamenti del nostro glorioso passato.
Manuela Savini (Alleanza Nazionale – Popolo della Libertà): Credo che il clima di questi giorni, con tutti i tricolori, diano il senso a una festa solenne.
Nel 1847, un giovane poeta, Goffredo Mameli, scrisse dei versi che poi diventarono le parole per l’inno nazionale. La seconda e la terza strofa esprimono la speranza e il fervore patriottico di quel tempo. E sono “Noi siamo da secoli/Calpesti, derisi,/Perché non siam popolo/Perché siam divisi./Raccolgaci un’unica/Bandiera,una speme:/Di fonderci insieme/Già l’ora suono’./Stringiamoci a coorte/Siam pronti alla morte/L’Italia chiamo’.” e “Uniamoci, amiamoci,/ l’Unione, e l’amore/Rivelano ai popoli/Le vie del Signore;/Giuriamo far libero/il suolo natio:/Uniti per Dio/Chi vincer ci può?”.
Non ci saranno polemiche o dissidi a disunire ciò che la storia e il sangue hanno faticosamente unito. Viva l’Italia. Viva gli italiani.
Valter Boero (UDC): Il 150° anniversario dell’unificazione politica dell’Italia offre a tutti l’opportunità di riflettere sulla nostra Storia, sulla nostra genesi. La Sala Rossa che ci ospita stasera è certamente stata testimone di atti significativi nell’avvio di questo processo nel corso dell’800. Per cogliere appieno il senso di questa unità è necessario tuttavia esplorare con garbo le fonti che hanno dato luogo alla nostra identità che prima che essere identità nazionale è stata identità di lingua, di cultura e di religione. Limitare l’osservazione ad uno scontro tra Istituzioni risorgimentali, penso alla Questione Romana, cioè allo scontro tra Stato e Chiesa, significa di fatto disconoscere queste radici e quindi omettere i nostri tratti “somatici”, quelli che permettono al mondo internazionale di identificare il nostro Popolo.
Raffaele Petrarulo (Di Pietro – Italia dei Valori): Grazie a Mazzini, Cavour, Garibaldi, Mameli, Pisacane che con grandi ideali hanno reso possibile l’unione del nostro Paese, combattendo e dando la vita.
L’unità italiana va difesa e non calpestata, come sta accadendo in questi giorni dalle posizioni di alcuni esponenti del Governo.
Mario Brescia (Lega Nord): Credo che i 150 anni dell’Unità, oltre che una festa, debbano essere un’occasione per comprendere come la nazione si è evoluta, cosa non ha funzionato e ripartire verso un futuro di innovazione, attraverso il federalismo. Vorrei ricordare coloro che sono caduti nella strage di Torino del 21 e 22 settembre 1864. Vittime dimenticate, che protestavano contro il trasferimento della capitale a Firenze. Vorrei anche ricordare le origini del tricolore: già i vessilli militari della Legione Lombarda riportavano il bianco, il rosso e il verde. Infine, non entro nelle polemiche delle celebrazioni: è più importante concentrarsi sui problemi di lavoro e occupazione. Per creare un domani migliore in uno Stato federale.
Giuseppe Lonero (La Destra): Il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia è una festa fondamentale, che ci riempie di orgoglio e di entusiasmo come riempie di orgoglio e di entusiasmo tutti gli Italiani. Una festa importante così come lo è il Tricolore, bandiera nazionale che rappresenta tutto il Paese e apprezzata da tutti, anche a Torino, come si è visto dalle migliaia di bandiere che sono apparse sui balconi in città.
Per questo è importante che tutti festeggino degnamente l’Unità d’Italia, soprattutto chi ha un ruolo pubblico e chi, a vario titolo, rappresenta le istituzioni.
Domenico Gallo (Nuova Sinistra per Torino): Bisognerebbe aprire una profonda riflessione sull’importanza del messaggio che i cittadini italiani hanno voluto dare alla politica. Un messaggio che ha confermato e consolidato il valore dell’unità di un intero popolo, italiani del nord, del sud, del centro e delle isole hanno alzato una sola voce: l’Italia è una e indivisibile.
E’ stato un messaggio forte che ha reso ridicole e caricaturali ma anche offensive le dichiarazioni e gli atteggiamenti di settori della politica che hanno cercato di descrivere le manifestazioni popolari come puramente folcloristiche e semplicemente festaiole.
C’è stata la festa, ma una festa giusta e gioiosa che ha avuto momenti di grande commozione, di ricordi, di un rilancio della memoria storica dell’Italia risorgimentale, della guerra di liberazione e dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
Ha concluso la seduta il sindaco Sergio Chiamparino: Ringrazio i torinesi. L’ho già detto al Regio davanti al presidente Napolitano e lo ribadisco qui in Sala Rossa. Nessuno li aveva obbligati ad addobbare la città in maniera così originale. Non dobbiamo poi dimenticare uno dei protagonisti del processo di unificazione: la monarchia. C’erano tante anime nel risorgimento (cattoliche, laiche, federaliste, ecc.), ma a Torino, in più, c’era una calamita. Qui si respirava, attraverso la monarchia, l’aria della rivoluzione liberale europea. E qui si è riunita la prima assemblea eletta a suffragio universale.
Torino ha sempre avuto la capacità di cambiare pelle. E in ogni passaggio storico si ritrovano sempre due caratteristiche della torinesità: l’apertura, sia materiale che culturale, e la conoscenza. In particolare, c’è sempre stata apertura verso gli esuli e gli immigrati. Un esempio di apertura, sia sociale che materiale, è anche il traforo del Frejus, voluto da Cavour.I festeggiamenti di questi giorni, l’esplosione del sentimento nazionale e patriottico che si è vista a Torino, e non solo, nella notte del 16 marzo e nei giorni successivi, dimostrano che c’è una forte voglia di italianità. C’è voglia di tornare protagonisti e di avere istituzioni che siano di tutti, e non di parte. Forse però non tutte le forze politiche l’hanno capito.
Ufficio stampa del Consiglio comunale
Torino, 24 Marzo 2011