Facendo seguito alle comunicazioni del sindaco Chiamparino sull’ipotesi di spostamento della produzione del nuovo modello di monovolume Fiat in uno stabilimento in Serbia, sono intervenuti i rappresentanti dei diversi Gruppi consiliari.
Agostino Ghiglia (AN-Popolo della Libertà)
Sono d’accordo con le parole dette dal sindaco Chiamparino, ne apprezzo la serietà e responsabilità. Quanto da lui detto contrasta con quando dichiarato a “La Stampa” dal vicesindaco Dealessandri che ha parlato, impropriamente, di assenza di politica industriale da parte del Governo.
Bisogna assumersi le proprie responsabilità. E spero che la “t” di Fiat sia un rafforzativo della torinesità dell’azienda.
Antonio Ferrante (Rifondazione Comunista)
Se parliamo di affidabilità, Sergio Marchionne non è affidabile. La crisi è stata pagata da lavoratori, Comune, Provincia e Regione. Gli operai di Mirafiori sono ancora in sciopero per mantenere i propri diritti e per quanti si trovano ancora in cassa integrazione. Apprezzo che ci sia la volontà di aprire un dibattito. Ma non si devono ridurre i diritti e i salari.
Domenico Gallo (Nuova Sinistra per Torino)
La decisione di Marchionne la definirei un atto di “infantilismo estremo”. Nonostante lo ritengo una persona capace che ha contribuito a risollevare la Fiat, la decisione di spostare la produzione del nuovo volume in Serbia, legandola con le vicende di Pomigliano, è una decisione che colpisce la Città, i lavoratori e tutta la nazione che ha sempre dato molto all’azienda.
Prima della preoccupazione c’è l’indignazione per come la Fiat si sta comportando con un territorio che cinque anni fa contribuì al suo risanamento.
Ci vorrebbe un appello del Consiglio comunale a tutti i cittadini: inondare la casella di posta di Marchionne con lettere di protesta.
Monica Cerutti (Sinistra Ecologia e Libertà)
L’internazionalizzazione dell’azienda ha portato luci ed ombre. Per risanare e rilanciare la Fiat si sta puntando al taglio del costo del lavoro invece che sull’innovazione dei modelli e delle tecnologie. Il caso di Pomigliano sembrava isolato ed invece la situazione di Mirafiori sembra esserne il seguito. Il Governo manca di un piano di sviluppo industriale, siamo però fiduciosi del tavolo di trattativa che vede la Città, il Ministro del lavoro Sacconi e il Presidente della Regione Cota al lavoro con le parti sociali. Callieri richiama Torino a tirarsi su le maniche: Torino l’ha già fatto più volte, I sindacati hanno dimostrato di essere affidabili rilanciando più volte le proposte, al momento inascoltate, di innovazione tecnologica che vedono Torino come protagonista.
Andrea Giorgis (PD)
Abbiamo proposto un ordine del giorno che chiede al governo un intervento deciso contro l’ipotesi di delocalizzazione. Quanto prospettato dall’a.d. Marchionne significherebbe non solo perdere un pezzo del nostro sistema industriale, ma la fine di quello che sembrava l’avvio di una nuova stagione. Serve un clima nuovo nelle relazioni industriali, però non basta la responsabilità del sindacato, occorre l’impegno dell’azienda. Superare gli arroccamenti reciproci comporta sacrifici da tutte le parti: ma bisogna ricordare che comprimere i salari, oltre ad essere ingiusto, porta alla contrazione dei consumi.
Mario Carossa (Lega Nord)
Tutte le parti devono sforzarsi di essere credibili e la Fiat, come ha sottolineato il presidente Cota, deve mantenere le promesse fatte. Voglio sperare che quella dell’azienda sia pre-tattica: la questione Pomigliano non si può accantonare, anche perché qui da noi la Fiom è ancora più forte. Il sindacato deve fare la sua parte responsabilmente. Torino e il Piemonte hanno dato tanto alla FIAT, auspico che Governo, Regione e Comune si muovano in sinergia, la posta in gioco è alta.
Daniele Cantore (FI - Popolo della Libertà)
Un tempo la città si divideva tra chi si prostrava davanti alla Fiat e chi le era pregiudizialmente ostile e pochi privilegiavano il primato della politica e dell’amministrazione. Adesso occorre riprendere l’autorevolezza delle istituzioni di fronte all’azienda. Il ministro Sacconi si sta muovendo bene, serve la responsabilità di tutti, azienda e sindacati. Non vorrei che la Fiat dopo Pomigliano pensasse di fare ovunque ciò che vuole: occorre un tavolo dove si affermi con chiarezza che la Fiat deve mantenere gli impegni presi sugli stabilimenti italiani
Ennio Galasso (UDC)
La vicenda di cui ci occupiamo è un terremoto che frantuma i rapporti azienda-sindacati e si abbatte sulla politica. Se la politica viene sorpresa è la conseguenza della mancanza di progettualità. Questa vicenda deve suggerire la necessità di superare il principio di conflittualità e infeconde contrapposizioni. Tutto ciò impone una polita nuova, frutto dell’alleanza di intelligenze e competenze, alimentate da cultura istituzionale.
Marco Calgaro (Alleanza per l’Italia)
In questa vicenda e nel mondo globalizzato bisogna evitare di ragionare demonizzando azienda o sindacato. E’ essenziale che ciascuno faccia la propria parte, sapendo che non è più tempo di “lotta di classe”, ma di corresponsabilità e affidabilità reciproca. Voglio però dire al dott. Marchionne che le decisioni su Torino hanno a che fare con il merito che la città rivendica di avere sempre fatto la sua parte: ha investito su Fiat e sull’area Mirafiori, ha un’invidiabile coesione sociale, ha infrastrutture e una filiera produttiva dell’auto forse unica al mondo e un sistema formativo di primo livello.
Raffaele Petrarulo (Italia dei Valori)
Il nostro gruppo ha scritto una lettera a Marchionne dove facciamo notare l’abbandono graduale di stabilimenti italiani nel settore auto. Il problema della Fiat è il debito. L’obiettivo è di far rimanere la Fiat un’azienda italiana.
Gian Luigi Bonino (Moderati)
Le comunicazioni del sindaco sono condivisibili. Mi auguro che il Comune possa partecipare al tavolo affermato dal ministro Sacconi. La mia preoccupazione è che Marchionne ha dato indicazioni precise sui modelli e sullo stabilimento in Serbia e che i giochi siano già fatti. Torino ha fatto molto per la Fiat, ha creduto nella ripresa e ha fatto investimenti importanti. Infine la politica industriale chi la deve fare, gli industriali o il Governo?
Giuseppe Lonero (La Destra)
In questo dibattito cerchiamo di capire costa sta succedendo della strategia industriale della Fiat. Sergio Marchionne ha una direzione, allora il compito delle istituzioni è di esserci al tavolo che il ministro Sacconi intende costituire, e chiedere alla Fiat qual è il progetto generale dell’azienda. La novità nella politica sindacale è quella di difendere il posto di lavoro piuttosto che i privilegi.
F.D'A. - M.Q. - T.DN. - A.A. - C.R. (Ufficio stampa del Consiglio comunale)
Torino, 23 Luglio 2010