Il 20 maggio del 1970 veniva promulgata la Legge 300, più conosciuta come Statuto dei Lavoratori. Per celebrare i quarant’anni di quell’avvenimento, si è svolto questo pomeriggio un convegno in Sala Rossa dal titolo “
Quarant’anni di Statuto dei Lavoratori. Torino ricorda e s’interroga”. L’incontro è stato organizzato dalla Presidenza del Consiglio comunale in collaborazione con l’Archivio nazionale Cinematografico della Resistenza (ANCR) e il Museo Diffuso.
Ha aperto gli interventi
Marco Revelli docente dell’Università del Piemonte orientale, che ha trattato il tema “
Alle origini dello Statuto dei Lavoratori”. ”Quando la legge venne promulgato - ha ricordato Revelli -
venne accolta con relativa freddezza. Molti quasi non si accorsero dell’importanza di quell’evento. Nessun festeggiamento per quella che in realtà era una svolta epocale, dal punto di vista giuridico, per il mondo del lavoro. Perché davvero, con quella legge, l’oggetto tutelato dalla norma non era più l’attività lavorativa ma il lavoratore stesso, in conseguenza di una rilevanza costituzionale”.
Alfonso Di Giovine, professore dell’Università di Torino ha invece sottolineato gli aspetti più strettamente giuridici della Legge 300, con “
Statuto dei Lavoratori e Costituzione”. “Nessuna esegesi analitica - ha sottolineato Di Giovine -
ma alcuni flash che ci aiutino ad orientare questa discussione. Rimarcando ad esempio come l’articolo 1 evidenzi in modo inequivocabile lo Statuto come una legge di attuazione costituzionale. E come altri articoli facciano emergere in controluce quale fosse la fabbrica oppressiva che si voleva smantellare (articoli 18 e 19).
Quarant’anni sono molti per una legge - ha concluso Di Giovine -
soprattutto per una materia in continua trasformazione: al di là della tenuta di questa o quella norma è infatti il mercato del lavoro ad essere cambiato. Lo Statuto, oggi, viene applicato solo ad una parte dei lavoratori, non a tutti (ad esempio i precari) e nel processo di disgregazione attuale, non è più il lavoro al centro ma l’impresa, con il conseguente indebolimento dei diritti. Rileggendo lo Statuto ci accorgiamo della straordinaria modernità di questa legge e molti dei suoi articoli andrebbero oggi applicati al lavoro post-fordista”.
Prima dei relatori sono intervenuti il presidente del Consiglio comunale Beppe Castronovo, Bruno Gambarotta, presidente dell’ANCR e Ersilia Alessandrone Perona, presidente del Museo Diffuso, in rappresentanza degli altri enti che hanno contribuito all’organizzazione.
Beppe Castronovo ha evidenziato l’importanza di ospitare un convegno sullo Statuto dei Lavoratori nella sala più importante di Palazzo Civico, segno inequivocabile di attenzione in una città che molto ha vissuto dal punto di vista delle lotte dei lavoratori. “
Una legge - ha sottolineato il presidente del Consiglio comunale -
che concludeva un periodo di lotte e di scontri e i cui articoli hanno segnato e segnano ancora una rotta fondamentale in merito ai diritti costituzionali dei lavoratori”.
Bruno Gambarotta ha ricordato come l’ANCR non sia solo custode della memoria della Resistenza ma, anche, istituto di storia contemporanea per studiare capitoli fondamentali della storia civile e politica del nostro Paese.
Ersilia Alessandrone Perona ha ribadito la necessità di utilizzare un’occasione importante come questa, per ricordare che i diritti dei lavoratori sono seguiti con estrema attenzione da parte del Museo Diffuso.
Al convegno ha partecipato anche la Conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale.
Andrea Giorgis, capogruppo del Partito Democratico ha ribadito l’importanza di ricordare la promulgazione della Legge 30 in una sede istituzionale adeguata quale la Sala Rossa. “
Lo Statuto dei Lavoratori - ha poi sottolineato Giorgis -
al pari di gran parte delle leggi che esprimono diritti fondamentali, vivono innanzitutto se sono condivise e se le forze politiche ritengono queste leggi meritevoli di essere applicate. Oggi sarebbe importante che ci adoperassimo per far si che i principi ispiratori della Legge 30 che hanno permesso ai diritti di entrare in fabbrica, venissero applicati a tutti i lavoratori che ancora non sono tutelati”.
La ricostruzione delle vicende che portarono alla nascita dello Statuto dei Lavoratori, è passata attraverso le parole di due ex consiglieri comunali di Torino, Bonaventura Alfano e Bruno Canu.
Bonaventura Alfano ha raccontato la sua esperienza nata al sud, in Basilicata e proseguita a Torino, alla Fiat. Ha ripercorso la vita degli operai all’interno della fabbrica torinese, oppressi da un modello
fordista che non lasciava spazio né per le pause fisiologiche né per mangiare. Nel suo racconto, la testimonianza sulle azioni di vigilanza delle guardie sugli uomini con controlli svolti anche fuori dalla fabbrica, sulla vita privata.
“
Ma anche - ricorda Alfano -
la presa di coscienza della situazione da parte degli operai, con la nascita di un rapporto di unità tra i lavoratori e tra questi e gli studenti che portarono ad una stagione di lotta che videro 220 ore di sciopero, il riconoscimento di 40 ore lavorative settimanali e di 65 lire di aumento all’ora. Questa esperienza ha contribuito a far nascere lo Statuto che oggi va integrato e non privato dei diritti a garanzia dei lavoratori”.
Bruno Canu ha sottolineato come gli anni che hanno preceduto l’approvazione da parte del Parlamento, dello Statuto dei Lavoratori, siano stati una stagione di grande crescita politica collettiva, grazie alla quale anche gli operai entrarono a far parte dei Consigli comunali e di altre assemblee elettive. “
Una stagione che consentì ai lavoratori di passare dallo status di suddito a quello di cittadino della Repubblica. Ha ricordato i passaggi anche legislativi che hanno portato alla nascita dello Statuto, a partire dall’approvazione, nel 1966, alla legge sul licenziamento per giusta causa o al provvedimento che eliminava le cosiddette ‘gabbie salariali’. Con lo Statuto - ha concluso Canu -
si trasformavano in legge molti dei diritti già attuati in fabbrica: il diritto a riunirsi in assemblea, durante l’orario di lavoro, le ore di diritto allo studio, i permessi retribuiti per sostenere gli esami. Ha sottolineato il carattere sanzionatorio della legge che si sostanzia in particolare nell’art. 18, l’articolo più difeso dai lavoratori”.
Testimonianza anche da parte di
Adriano Serafino, ex dirigente sindacale Fim - Cisl che ha ricordato come in quegli anni venissero sperimentate le prime unità di azione dei sindacati: “
Gli operai prendevano la parola, dopo un lungo periodo di silenzio, all’interno di Mirafiori, dove ancora per il contratto del 1966 gli scioperi ottenevano bassissime adesioni. Anche il movimento studentesco aiutò a portare coraggio in fabbrica. Il grande balzo dell’autunno caldo fu scoprire che essere operai non era più un peso ma aveva anche un valore”.
Ha concluso i lavori il vicesindaco
Tom Dealessandri, rimarcando il nodo inscindibile fra il movimento operaio del ’69 e la nascita dello Statuto dei Lavoratori, che vide la luce in quel preciso momento storico grazie a due fattori decisivi, l’unità d’azione e il pluralismo sindacale.
(F.D'A - M.L.) Ufficio stampa Consiglio comunale
Torino, 20 Maggio 2010