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Il cioccolato piemontese si sposa con la nocciola fin dalle sue origini, che risalgono al 1865 e alla nascita del givu, che prende il nome dalla maschera di Carnevale Gianduja. Anche all’estero l’immagine del cioccolato italiano è molto legata al matrimonio tra la Tonda Gentile del Piemonte e il cacao. Questo convegno, al quale partecipano i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di categoria (industriali e artigiani), nonché un dirigente del movimento Slow Food – che con Terra Madre e il Salone del Gusto ha difeso il rapporto tra cibo e territorio – vuole rilanciare con forza la difesa di questo prodotto della tradizione contro tutte le imitazioni e le contaminazioni.
L’Italia ha conquistato, con 145 marchi, il primato europeo dei prodotti che possono fregiarsi del marchio a denominazione di origine (Dop o Igp), tra ortofrutta, formaggi, oli di oliva, carne, panetteria e miele. Si tratta di un giro di affari molto importante, pari a 8,5 miliardi di euro. Eppure ovunque nel mondo continua a diffondersi il “falso made in Italy”, con il Parmigiano che diventa Parmesan, il Gorgonzola che diventa Bergonzola, l’olio d’oliva “Tusca Sun” prodotto in California o la mortadella Milanesa del Cile.
Allo stesso modo anche il nostro giandujotto – del quale lo scrittore e critico Folco Portinari racconterà la storia e i legami del cioccolato con Torino - è ormai imitato e presentato in Francia, ad esempio, con nomi di fantasia come “Suprême de Gian”.
La legislazione europea ed italiana non aiuta il consumatore, anche perché la legge di attuazione della direttiva comunitaria del 2000 (quella che permise l’introduzione del 5% di oli vegetali) prevede soltanto che si possa definire “cioccolato alle nocciole Gianduja” un prodotto che abbia almeno il 32 per cento di cacao secco e
tra il 20 e il 40 per cento di nocciole, con la possibile aggiunta di latte e di mandorle o noci.
E’ vero che è stata riservata una denominazione riservata anche nel Codex internazionale sui prodotti di cacao alla pasta gianduja, ma le divergenze tra industriali e artigiani (legate alla zona di produzione, alle tecniche di realizzazione, alle percentuali) hanno impedito il procedere della richiesta del marchio Igp per il “Giandujotto di Torino e del Piemonte”, depositata fin dal 2002 presso il ministero per le Politiche Agricole.
Il convegno si propone di rilanciare la tutela di questa “valle del Giandujotto” che sale da Torino verso None e la Val Pellice, con l’orgoglio di una zona che ha “inventato” il cioccolato italiano.
(rge)
Torino, 4 Marzo 2005