"VERRO' FUCILATO ALL'ALBA, FIGLIA MIA,
PER UN IDEALE CHE UN GIORNO CAPIRAI APPIENO"
Il sindaco Sergio Chiamparino è intervenuto questa mattina
alla commemorazione del 58° anniversario della fucilazione
dei componenti del Primo comitato militare di liberazione di
Torino, presso il Sacrario del Martinetto.
" Questo è un luogo caro alla memoria di tutti i
torinesi" - ha detto il sindaco, che ha preso la parola
dopo la lettura di brani delle lettere dei condannati a morte.
Salutando la presenza di numerosi studenti ha sottolineato che
"i giovani rappresentano la continuità dei valori
di libertà e democrazia dei quali coloro che sono stati
qui trucidati rappresentano una delle più alte testimonianze".
Sergio Chiamparino ha quindi rammentato l'importanza
della memoria, ribadendo che "non perdere il ricordo della
profondità del male di allora è la prima condizione
per poter lavorare nel tentativo di ridurre la portata del male
odierno, come il terrorismo, le guerre o lo sterminio per fame
di tanti bambini".
Rievocando le figure dei combattenti antifascisti fucilati tra
le mura del poligono del Martinetto, il sindaco ha detto: "Sparando
su queste persone si voleva colpire il nucleo di una nuova Italia
che nasceva, dove persone di diverso orientamento politico o
religioso si univano nella lotta per la libertà. I fucilati
di allora appartenevano ad ogni ceto sociale e rappresentavano
uno spaccato di quella che sarebbe divenuta l'Italia repubblicana
e democratica."
Il primo cittadino ha concluso il suo intervento
tornando su quanto aveva affermato mercoledì scorso in
occasione della commemorazione dell'eccidio del Pian del Lot:
"I caduti non sono soltanto freddi elenchi su delle lapidi.
Chi è caduto per l'Italia libera non può essere
accomunato a chi, magari in buona fede, è morto battendosi
contro i valori democratici. I morti meritano pietà, umana
e religiosa. Ma la differenza tra chi è morto gridando
"viva l'Italia libera", come i fucilati del 5 aprile
1944, e chi è caduto battendosi contro di essa, è
scritta nella storia. Solo tenendo conto di questo potremo trasmettere
alle generazioni future i valori inalienabili della democrazia".
Le preghiere di padre Ruggero Cipolla e del
rabbino capo Alberto Somekh hanno concluso la cerimonia, svoltasi
di fronte ad un folto pubblico di autorità, ex partigiani,
ex deportati e studenti.(c.r.)
Torino, 5 aprile 2002 |