EMERGENZA SFRATTI A TORINO GLI INTERVENTI MESSI IN ATTO L'emergenza abitativa, determinata dalle monitorie di sgombero giunte a scadenza, permane a Torino estremamente grave. A tutt'oggi infatti sono oltre 2400 i nuclei familiari, in possesso dei requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica, che hanno già fruito di un elevato numero di rinvii dell'esecuzione di sfratto da parte della competente Commissione Prefettizia.
La città ha emesso a fine '95 il Bando Generale per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai sensi della Legge Regionale n. 46/95, al quale sono state presentate oltre 11mila domande valide. La prima tranche della graduatoria definitiva è disponibile dal novembre scorso, ed è pertanto ripristinata la condizione "normale" che prevede le assegnazioni sulla base della graduatoria di bando, mentre non più del 25% del totale delle disponibilità alloggiative su base annua possono essere assegnate fuori bando per far fronte all'emergenza abitativa.
E' pur vero che nella più parte dei casi i nuclei familiari colpiti da provvedimenti di sfratto hanno partecipato al Bando, ma i criteri ed i punteggi previsti dalla normativa regionale solo in pochi casi collocano tali nuclei nelle posizioni alte della graduatoria del disagio abitativo, posizioni utili all'assegnazione in tempi ragionevoli.
In questa condizione risulta impossibile assicurare un'offerta di edilizia pubblica per i nuclei soggetti a sfratto adeguata al fabbisogno. Si può stimare in un centinaio di alloggi su base annua la disponibilità destinabile a tale categoria.
D'altra parte la strada dell'incremento dell'offerta realizzando quote maggiori di edilizia pubblica preclusa sia dalla carenza di adeguate risorse d'investimento che, al contrario, si vanno restringendo con la progressiva estinzione della contribuzione GESCAL, sia dalla indisponibilità di aree pubbliche d'insediamento.
A ciò si aggiunge la considerazione dei più recenti dati censuari che segnalano nella città un numero di abitazioni di molto superiore al numero delle famiglie, e inducono a ritenere che la strada maestra per la soluzione del problema sociale dell'emergenza abitativa sia rappresentata più dal razionale utilizzo dell'esistente che dalla realizzazione di nuovi quartieri pubblici che, peraltro, concentrando fisicamente il disagio sociale non fanno che accentuarlo.
Il recente accordo stipulato con le rappresentanze della proprietà e dell'inquilinato per la "locazione convenzionata" muove proprio da questo assunto e dal tentativo di superare gli ostacoli principali che si frappongono ad una fisiologica riattivazione del mercato della locazione.
In sintesi, tali ostacoli attengono per un verso alla divaricazione fra le attese di reddito, a remunerazione dell'investimento, della proprietà e la capacità di spesa dell'inquilinato, per altro verso alla sostanziale assenza di certezza da parte delle proprietà di poter disporre a fine contratto del bene per necessità od esigenze proprie.
L'accordo prevede percib un intervento economico della città volto ad integrare il canone posto a carico dell'inquilino con redditi bassi (equo canone) in modo da assicurare un canone di mercato (patti in deroga) alla proprietà. L'accordo prevede altresì che al termine del periodo contrattuale, ove la proprietà non intenda rinnovarlo, il comune ricollochi l'inquilino in altro alloggio pubblico o privato in locazione convenzionata, addebitando alla città una penale molto elevata per tutto il tempo in cui cib non avvenga. Nel contempo si prevede che la locazione convenzionata si configuri come "sistemazione provvisoria" mantenendo in capo ai locatari tutti i punteggi che danno titolo all'assegnazione di una casa pubblica sulla base della graduatoria di bando generale.
Il problema vero è che, nonostante gli sforzi compiuti dalla città e dalle associazioni di categoria per costruire uno scenario nell'ambito del quale le ragioni di incentivo all'adesione fossero molteplici e rilevanti, le resistenze opposte dalle parti in causa appaiono insormontabili. Si tratta però più di resistenze di carattere culturale, legate ad aspettative consolidate, che fondate su elementi oggettivi di fatto.
Ed è perciò che la Città e la Prefettura rivolgono un forte richiamo alla cittadinanza perchè collabori alla soluzione di un problema che ha connotazioni al contempo sociali e di ordine pubblico; un richiamo al senso di responsabilità e di solidarietà, ma al contempo un forte richiamo al realismo.
Non sono infatti rintracciabili nel medio periodo soluzioni diverse rispetto a quelle messe in campo per fronteggiare l'emergenza sfratti, evitando il precipitare della tensione sociale, ed assicurando ai proprietari ed ai locatari condizioni sostenibili di locazione.
Occorre che entrambe le parti abbiano chiara percezione che l'irrigidimento nella contrapposizione d'interessi non pub offrire alcuna via d'uscita da una situazione bloccata, dove peraltro i dati oggettivi fanno intravedere soluzioni possibili.
In questo senso si rivolge un pressante invito alla cittadinanza perchè, attraverso le associazioni di categoria o direttamente con gli uffici della Città, voglia aderire a queste nuove opportunità per una soluzione equa e solidale di un problema ormai annoso.
Torino, 8 gennaio 1997
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