Lunedì 6 settembre 1999
ore 21 - Teatro Regio

Orchestra Filarmonica della Scala
Riccardo Muti - direttore


L'Orchestra Filarmonica della Scala nasce nel 1982 dal complesso del Teatro milanese con il proposito di ampliare la frequentazione del repertorio sinfonico e con l'obiettivo di arrivare a competere con le più importanti compagini in campo internazionale. L'iniziativa riscuote subito ampi consensi nel mondo culturale ed economico cittadino, che attraverso alcuni importanti esponenti entra a far parte del gruppo dei soci fondatori e sostenitori. La gestione dell'attività è affidata a un direttivo eletto dall'Orchestra. Dal 1987 Riccardo Muti è Direttore Principale della Filarmonica, che in questi anni ha collaborato con importanti direttori ospiti, quali Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Semyon Bychkov, Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung, Gianandrea Gavazzeni, Valery Gergiev, Carlo Maria Giulini, Zubin Mehta, Seiji Ozawa, Georges Prêtre, Ghennady Rozdestvensky, Wolfgang Sawallisch, Giuseppe Sinopoli, Yuri Termirkanov. L'Orchestra esegue i concerti della propria stagione (ripresi e telediffusi da Retequattro) al Teatro alla Scala e compie tournée in Italia e all'estero, con una presenza assidua nelle più importanti sale da concerto. In questi ultimi anni l'Orchestra è stata interprete di numerose incisioni discografiche con Sony, Decca e EMI. La Filarmonica della Scala è da sempre attenta ai giovani musicisti e ha istituito una borsa di studio annuale, con occasioni di collaborazione, per i diplomati italiani di particolare talento. È stato inoltre attuato un importantissimo progetto rivolto alla formazione professionale denominato "Accademia della Filarmonica della Scala" che con il supporto economico di CEE, Regione Lombardia e Ministero del Lavoro si propone di formare i giovani all'attività orchestrale. A partire dal 1998 la Filarmonica commissiona ogni anno a compositori di fama internazionale un brano dedicato all'Orchestra.

Nato a Napoli, Riccardo Muti completa gli studi musicali diplomandosi al Conservatorio di San Pietro a Majella in pianoforte con Vincenzo Vitale, si diploma in composizione e direzione d'orchestra al Conservatorio di Milano nelle classi di Bruno Bettinelli e Antonino Votto. Nel 1967 vince, primo italiano nella storia del concorso, il Premio Guido Cantelli, imponendosi all'attenzione del mondo musicale. Dal 1968 al 1980 è Direttore Principale e Direttore Musicale del Maggio Musicale Fiorentino. Dal 1972 è chiamato a dirigere la Philharmonia Orchestra di Londra in una serie di concerti che gli valgono la nomina a Principal Conductor, succedendo a Otto Klemperer. Nel 1979 l'orchestra londinese lo nomina Music Director e, nel 1982, Conductor Laureate. Dal 1980 al 1992 è Music Director della Philadelphia Orchestra, che guida in numerose tournée e in una ricca discografia. Dal 1986 è Direttore Musicale del Teatro alla Scala e nel 1987 è nominato anche Direttore Principale della Filarmonica della Scala. Oltre che al Maggio Musicale Fiorentino, al Festival di Salisburgo (dove, dal 1971, le sue interpretazioni mozartiane sono divenute una importante tradizione) e alla Scala, Riccardo Muti ha diretto produzioni operistiche a Philadelphia, New York, Monaco di Baviera, Vienna, Londra e a Ravenna, nell'ambito di Ravenna Festival. È inoltre ospite ogni anno sul podio della Bayerischer Rundfunk Symphonieorchester di Monaco e dell'Orchestre National de France. Recente il suo debutto sul podio della New York Philharmonic Orchestra, che ha riscosso entusiastiche reazioni del pubblico e della critica americani.

La Direzione Musicale del Teatro alla Scala
Nei dodici anni di direzione musicale al Teatro alla Scala Riccardo Muti ha esplorato diversi ambiti del teatro musicale. Ha diretto le partiture più popolari del primo Verdi, Nabucco e Attila, oltre a Ernani, diretto nel 1982. All'insegna di Verdi ha inaugurato anche la stagione 1989/90 con I vespri siciliani, la stagione 1992/93 con Don Carlo, la stagione 1997/98 con Macbeth. Ha riportato inoltre sul palcoscenico scaligero, dopo molti anni di assenza due opere della trilogia romantica, La traviata e Rigoletto oltre a una nuova produzione de La forza del destino, ultima sua apparizione scaligera. Di Mozart ha presentato in successione i tre capolavori dapontiani Così fan tutte, Le nozze di Figaro e Don Giovanni, oltre a La Clemenza di Tito, Idomeneo e Die Zauberflöte; ha dato impulso all'esplorazione del repertorio neoclassico con I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini e Guglielmo Tell di Gioachino Rossini fino a rarità come Lodoiska di Luigi Cherubini e La Vestale di Gaspare Spontini oltre ai titoli gluckiani Alceste, Orfeo ed Euridice, Iphigénie en Thauride, fino all'Armide che ha inaugurato la Stagione 1996/97. Dopo aver diretto Der Fliegende Holländer e Parsifal, l'impegno wagneriano di Riccardo Muti si è concentrato su Der Ring des Nibelungen, ciclo aperto con Die Walküre (dicembre 1994), proseguito con Das Rheingold (maggio 1996) e Siegfried (aprile 1997), culminato nell'inaugurazione della stagione scaligera 1998/99 con Götterdämmerung. Con Manon Lescaut ha portato la sua prima opera di Puccini su un palcoscenico teatrale, avendo già diretto i complessi artistici di Philadelphia in una edizione di Tosca in forma di concerto della quale resta testimonianza discografica. Il 18 maggio 1996 ha diretto il Concerto straordinario per il Cinquantesimo Anniversario della ricostruita sala del Teatro alla Scala.

Le tournée più significative
Con il Teatro alla Scala ha effettuato numerose e acclamate tournée: è stato in Giappone nel 1988 e nel 1995, e vi tornerà nel 2000, in Germania, in Russia e a Parigi, dove ha diretto nel 1988, nella Cattedrale di Nôtre Dame, la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi divenuta insieme a La traviata emblema del Teatro alla Scala nel mondo. Con i complessi scaligeri Riccardo Muti è stato a Siviglia, Madrid e Barcellona, in occasione dell'Expo '92; nell'ottobre dello stesso anno alla Carnegie Hall di New York e nel 1994 alla Alte Oper di Francoforte.

La Filarmonica della Scala
In questi anni ha intensificato il rapporto con la Filarmonica della Scala, portandola a essere unanimemente riconosciuta come una orchestra di rilevanza internazionale, con una personalità artistica e un'identità di suono di forte impronta italiana; con essa riceve, nel 1988, il "Viotti d'oro" e, nel 1997, il "Disco d'Oro" per l'incisione del primo dei due dischi dedicati a musiche di Nino Rota. Nel 1996 dirige la compagine milanese a Vienna, per la prima volta, nella mitica Sala del Musikverein, a chiusura delle Wiener Festwochen e quindi in una significativa tournée in Estremo Oriente (Giappone, dove è tornato con grande successo nel settembre di quest'anno, Corea, Hong Kong) e in Germania. Quest'anno ha portato la Filarmonica ancora al Musikverein e, per la prima volta, al Festival di Salisburgo. Nella passata stagione ha portato a compimento al Teatro alla Scala il ciclo integrale delle Sinfonie di Ludwig van Beethoven. Sempre con la Filarmonica, Riccardo Muti prosegue un progetto discografico di ampio respiro dedicato, fra l'altro, alla musica orchestrale italiana di fine '800 e di questo secolo: Puccini, Catalani, Ponchielli, Martucci, Casella, Busoni e Rota.

Riccardo Muti e i Wiener Philharmoniker
In questi trent'anni di carriera è stato più volte chiamato sul podio dei Berliner Philharmoniker e dei Wiener Philarmoniker con i quali, in particolare, il rapporto è intenso e significativo. Ospite abituale a Vienna, Riccardo Muti è stato insignito dell'Anello d'Oro, onorificenza da sempre riservata ai massimi direttori d'orchestra. Con la prestigiosa orchestra viennese prosegue un'importante collaborazione discografica incentrata soprattutto sui capolavori del sinfonismo classico e romantico (Mozart, Schubert e Schumann) e ha realizzato diverse tournée europee, approdate anche al Teatro alla Scala nel 1994, nel 1997 (vi tornerà nel corso del 2000), alla Carnegie Hall di New York e, quest'anno, anche a Tokyo. Sul podio dei Wiener Philharmoniker ha diretto a Salisburgo nel gennaio 1991 il concerto che ha dato inizio alle celebrazioni del Bicentenario mozartiano, nel 1992 il concerto celebrativo dei 150 anni dell'Orchestra e il 1° gennaio 1993 e 1997 il celebre Concerto di Capodanno, che dirigerà anche nel 2000. Nel 1996 ha diretto il concerto solenne per il Millennio dell'Austria e l'anno successivo, nell'ambito delle celebrazioni per il Bicentenario schubertiano, una importante serie di concerti, culminati in quello tenuto nel Duomo di Santo Stefano di Vienna con la Messa in mi bemolle maggiore D 950. Particolarmente significativo l'interesse e l'impegno di Riccardo Muti nei confronti della musica italiana del '600 e del '700: sempre con i Wiener Philharmoniker ha infatti scelto di inaugurare quest'anno le Festwochen di Vienna con la Messa in re maggiore di Luigi Cherubini e di presentare al Festival di Pentecoste di Salisburgo una preziosa e rara selezione di musiche sacre del barocco italiano, con opere di Niccolò Porpora e Giovan Battista Pergolesi.

I riconoscimenti
Durante la sua carriera Riccardo Muti ha ottenuto numerosi riconoscimenti e onoreficenze accademiche: dall'Università di Philadelphia e dal Mount Holyhoke College del Massachussets, dalla Warwick University, dal Westminster Choir College di Princeton, dalle Università italiane di Bologna, Urbino, Cremona, Lecce, e dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Riccardo Muti è membro della Royal Academy of Music, dell'Accademia di Santa Cecilia e dell'Accademia Luigi Cherubini di Firenze. È Grand'Ufficiale e Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana. È stato insignito della Verdienstkreutz della Repubblica Federale Tedesca, dell'Ehrenkreutz della Repubblica Austriaca e della Croce di Commendatore dei Cavalieri di Malta. Nel dicembre 1992 è stato insignito della Legion d'Onore della Repubblica Francese. A seguito di uno straordinario concerto benefico per la raccolta di fondi per il restauro della casa di Wolfgang Amadeus Mozart, il Mozarteum di Salisburgo lo ha insignito della medaglia d'argento, che è la massima onoreficenza riconosciuta a un interprete mozartiano. Una targa in marmo con i nomi di Riccardo Muti e dei Wiener Philharmoniker è stata inoltre posta a memoria dell'avvenimento all'ingresso della casa del sommo salisburghese. È cittadino onorario di Bertinoro, Busseto, Firenze, Maiolati Spontini, Milano, Molfetta, Philadelphia, Ravenna e Tredozio.
Molto significativa infine la testimonianza dell'impegno civile di Riccardo Muti a capo della Filarmonica della Scala e del Coro Filarmonico della Scala in occasione di concerti tenuti in città simbolo della storia contemporanea più travagliata: Sarajevo nel luglio 1997 e Beirut nel 1998; nel luglio 1999 - sempre su promozione e organizzazione, come per i primi due, di Ravenna Festival - il maestro, sul podio dell'Orchestra e del Coro del Teatro alla Scala, nella suggestiva cornice della Piscina del Sultano di Gerusalemme, ha diretto la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi.

 

IL PROGRAMMA

Ludwig van Beethoven

Settima Sinfonia in la maggiore op. 92
Poco sostenuto - Vivace
Allegretto
Presto - Assai meno presto
Allegro con brio

 

Ferruccio Busoni

Turandot, dalla Suite sinfonica op. 41
L'esecuzione capitale, la porta
della città, l'addio
Truffaldino
Valzer notturno
In modo di Marcia funebre
e finale alla Turca

 

Ottorino Respighi

Pini di Roma
I. I pini di Villa Borghese
II. Pini presso una catacomba
III. I pini del Gianicolo
IV. I pini della Via Appia

 

Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Settima Sinfonia in la maggiore op. 92
La Settima Sinfonia, composta tra l'autunno del 1811 e la primavera del 1812, venne presentata a Vienna l'8 e il 12 di-cembre 1813 nell'aula magna dell'Università, in occasione di due concerti organizzati da Johann Nepomuk Mälzel (l'inventore del metronomo, di strumenti musicali meccanici e di rudimentali apparecchi acustici) a beneficio dei soldati bavaresi e austriaci rimasti invalidi durante la battaglia di Hanau nell'otto-bre precedente. Appositamente per quei concerti erano stati com-posti gli altri lavori in programma: due marce di Pleyel e di Dussek per "tromba meccanica" (invenzione di Mälzel, ovviamente) e orchestra e La vittoria di Wellington dello stesso Beethoven, fragorosa musica d'occasione con tanto di inni nazionali e imi-tazione di spari e cannonate. Entrambi i lavori beethoveniani risvegliarono l'entusiasmo e se, lì per lì, la descrizione musi-cale della battaglia degli inglesi contro le truppe napoleoniche riscosse maggior favore da parte del pubblico, il successo della Settima fu ben più duraturo e le esecuzioni si ripeterono a tempi ravvicinati.
"Apoteosi della danza" l'ha definita Richard Wagner. A pre-scindere dalle considerazioni wagneriane connesse a tale defini-zione, più che di danza meglio sarebbe parlare di ritmo e, più ancora, di movimento. Pare che una corrente inarrestabile per-corra l'intero lavoro: un continuo succedersi di ondate, ora incalzanti e ravvicinate, ora più morbide e lunghe, che trasci-nano l'orchestra in un moto di crescendo e diminuendo, di ascesa e discesa, come spinto dal vento. Qualsiasi possibilità di stasi è negata; l'alternativa a queste spinte successive è il ritmo ripetuto, martellante, gravido di energia trattenuta, come nell'Allegretto, o in piena deflagrazione. Il ritmo nella Settima è anche il gioco dei contrattempi, degli accenti spo-stati, delle brusche frenate e del repentino ripartire del movi-mento in una sorta di esaltazione improvvisa. Anche il contrap-porsi di staccato e legato (ad esempio nel fugato dell'Allegretto), o le dinamiche (gli sforzati, l'incalzante alternanza di piano e di forte come nell'ultimo tempo), sono fi-nalizzati all'accentuazione ritmica che pervade l'intero di-scorso musicale e si impongono come principi motori.
Molti sono i punti di contatto della Settima con altre sin-fonie beethoveniane, ma qui le stesse caratteristiche paiono esaltate. L'introduzione lenta (Poco sostenuto) che ritorna dopo un periodo di assenza, ha un respiro più ampio e una mag-giore connessione che nella Prima, nella Seconda e nella Quarta. Varie sono le analogie formali ed espressive dell'Allegretto con la Marcia funebre dell'Eroica. Il ritmo come componente determinante del discorso musicale era nato nella Quinta e troverà una sua ulteriore estrinsecazione nell'Ottava, senza contare che alcune figurazioni passeranno pari pari nella Nona; anche i chiaroscuri repentini, le brusche impennate, hanno riscontro altrove. Solo nella Settima, però, queste ultime componenti assumono un valore sostanziale, al quale ogni altro parametro, melodico o armonico, ogni altra fun-zione espressiva, sono subordinati.

Ferruccio Busoni
(1866-1924)
Turandot, dalla Suite sinfonica op. 41
Le vicende attraverso cui passarono le musiche di Busoni per Turandot furono complesse e seguirono un percorso che si può definire inverso rispetto a quello che si riscontra più frequentemente nella produzione dei compositori: non dall'opera teatrale alla suite ma viceversa, dalla suite all'opera, passando attraverso le musiche di scena. Il primo frutto dell'interesse di Busoni per il dramma fiabesco Turandot di Carlo Gozzi (1720-1806) fu infatti la Suite sinfonica op. 41, composta nel 1905 come pura musica da concerto "ispirata" alla fiaba, le cui suggestioni, suscitate da situazioni e personaggi, si concretizzano in otto brani puramente orchestrali: 1. L'esecuzione capitale, la porta della città, l'addio (dall'atto I); 2. Truffaldino; 3. Altoum; 4. Turandot; 5. L'appartamento delle donne; 6. Danza e canto; 7. Valzer notturno (dall'atto IV); 8. In modo di Marcia funebre e Finale alla Turca (dall'atto V). La prima esecuzione avvenne nell'ottobre dello stesso anno a Berlino, sotto la direzione dell'autore.
L'idea di arrivare a delle vere e proprie musiche di scena per il dramma di Gozzi era però fin dall'inizio nelle intenzioni del compositore, anche se trovò realizzazione solo nel 1911, per una rappresentazione berlinese con la prestigiosa regia di Max Reinhardt. Sei anni più tardi le musiche di Turandot diventavano infine un'opera in 2 atti, composta e rappresentata a Zurigo.
In diverse occasioni Busoni aveva dichiarato di aver puntato su Turandot per offrire al teatro italiano qualcosa di simile a ciò che avevano fatto Beethoven con le musiche per Egmont di Goethe, Mendelssohn con il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, Schumann con Manfred di Byron, e di aver scelto appositamente un dramma in cui "molta musica è prescritta e ne offrono l'occasione non solo i ritmi di marcia e di danza che vi compaiono spontaneamente ma anzitutto il carattere fiabesco dell'argomento".
Busoni fece riferimento per diversi temi della suite alla Storia della Musica del 1862 di Wilhelm August Ambros, traendone melodie non solo cinesi ma anche turche, persiane e indiane. Tale materiale si unisce a quello originale per dare corpo a una composizione estremamente varia e puntuale nella descrizione delle situazioni della fiaba, interamente strumentata com'è caratteristica dell'autore, con grande raffinatezza e suggestione.

 

Ottorino Respighi
(1879-1936)
Pini di Roma, poema sinfonico
Fontane di Roma (1916), Pini di Roma (1924), Feste romane (1928): è soprattutto a questi tre poemi sinfonici che si affidò la fama di Ottorino Respighi in patria e all'estero (di grande favore godettero e godono tuttora presso le platee americane, grazie anche alle mirabili esecuzioni che ne dette colà Arturo Toscanini). È principalmente a essi che si deve anche la collo-cazione di Respighi nella storia della musica italiana, dato che queste tre composizioni rappresentano mirabilmente le coordinate essenziali di quel momento: l'affrancamento dalla monolitica centralità del melodramma e dalle pastoie del verismo ormai decadente; il nuovo vigore dell'espressione strumentale che si avvaleva di un ritrovato "classicismo" in chiave antiromantica; il mito dell' "italianità" che trovava materiale fecondo nei soggetti, nella musica popolare e soprattutto negli stili e nelle forme dei secoli passati, sposandosi da una parte al classicismo antiromantico già citato e dall'altra al clima ideologico ormai affermatosi. Un contesto ideologico che finì per invischiarsi in deprecabili collusioni politiche, ma che ebbe il merito di stimolare la ricerca musicologica, la conoscenza e la pubblicazione della musica antica, dal gregoriano alla polifonia rinascimentale al barocco. In questa temperie culturale (la cui complessità non è qui nemmeno lontanamente affrontabile e che comunque necessita ancora di una riflessione critica) producono i compositori della "generazione dell'Ottanta" (Casella, Malipiero, Pizzetti, Respighi).
Pini di Roma ci propone un'indubbia italianità d'epoca (che esplode in modo imbarazzante nell'ultimo quadro) e intrinseche qualità d'invenzione, in particolare l'uso mirabile di una tavolozza orchestrale di grandi proporzioni. Lasciamo alle parole dell'autore, con qualche nostra precisazione, la presentazione dei quattro quadri.
I. I pini di Villa Borghese: "Giocano i bimbi nella pineta di Villa Borghese: ballano a giro tondo, fingono marce soldatesche e battaglie, s'inebriano di strilli come rondini a sera, e sciamano via. Improvvisamente la scena si tramuta ..." [fra i motivi tematici compaiono due canzoni infantili, Madama Doré e il Girotondo]
II. Pini presso una catacomba: "... ed ecco l'ombra dei pini che coronano l'ingresso di una catacomba; sale dal profondo una salmodia accorata, si diffonde solenne come un inno e dilegua misteriosa."
III. I pini del Gianicolo: "Trascorre nell'aria un fremito: nel plenilunio sereno si profilano i pini del Gianicolo. Un usignolo canta." [uno strumentista fa partire un disco con il canto dell'usignolo, soluzione sicuramente audace per il 1924, che destò stupore]
IV. I pini della Via Appia: "Alba nebbiosa sulla Via Appia. La campagna tragica è vigilata da pini solitari. Indistinto, incessante, il ritmo d'un passo innumerevole. Alla fantasia del poeta appare una visione di antiche glorie: squillano le buccine e un esercito consolare irrompe, nel fulgore del nuovo sole, verso la Via Sacra, per ascendere al trionfo del Campidoglio." [le buccine romane sono rappresentate da sei flicorni].

Rosy Moffa



 

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