Domenica 5 settembre 1999
ore 21 - Teatro Regio

Orchestra Filarmonica della Scala
Riccardo Muti - direttore


L'Orchestra Filarmonica della Scala nasce nel 1982 dal complesso del Teatro milanese con il proposito di ampliare la frequentazione del repertorio sinfonico e con l'obiettivo di arrivare a competere con le più importanti compagini in campo internazionale. L'iniziativa riscuote subito ampi consensi nel mondo culturale ed economico cittadino, che attraverso alcuni importanti esponenti entra a far parte del gruppo dei soci fondatori e sostenitori. La gestione dell'attività è affidata a un direttivo eletto dall'Orchestra. Dal 1987 Riccardo Muti è Direttore Principale della Filarmonica, che in questi anni ha collaborato con importanti direttori ospiti, quali Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Semyon Bychkov, Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung, Gianandrea Gavazzeni, Valery Gergiev, Carlo Maria Giulini, Zubin Mehta, Seiji Ozawa, Georges Prêtre, Ghennady Rozdestvensky, Wolfgang Sawallisch, Giuseppe Sinopoli, Yuri Termirkanov. L'Orchestra esegue i concerti della propria stagione (ripresi e telediffusi da Retequattro) al Teatro alla Scala e compie tournée in Italia e all'estero, con una presenza assidua nelle più importanti sale da concerto. In questi ultimi anni l'Orchestra è stata interprete di numerose incisioni discografiche con Sony, Decca e EMI. La Filarmonica della Scala è da sempre attenta ai giovani musicisti e ha istituito una borsa di studio annuale, con occasioni di collaborazione, per i diplomati italiani di particolare talento. È stato inoltre attuato un importantissimo progetto rivolto alla formazione professionale denominato "Accademia della Filarmonica della Scala" che con il supporto economico di CEE, Regione Lombardia e Ministero del Lavoro si propone di formare i giovani all'attività orchestrale. A partire dal 1998 la Filarmonica commissiona ogni anno a compositori di fama internazionale un brano dedicato all'Orchestra.

Nato a Napoli, Riccardo Muti completa gli studi musicali diplomandosi al Conservatorio di San Pietro a Majella in pianoforte con Vincenzo Vitale, si diploma in composizione e direzione d'orchestra al Conservatorio di Milano nelle classi di Bruno Bettinelli e Antonino Votto. Nel 1967 vince, primo italiano nella storia del concorso, il Premio Guido Cantelli, imponendosi all'attenzione del mondo musicale. Dal 1968 al 1980 è Direttore Principale e Direttore Musicale del Maggio Musicale Fiorentino. Dal 1972 è chiamato a dirigere la Philharmonia Orchestra di Londra in una serie di concerti che gli valgono la nomina a Principal Conductor, succedendo a Otto Klemperer. Nel 1979 l'orchestra londinese lo nomina Music Director e, nel 1982, Conductor Laureate. Dal 1980 al 1992 è Music Director della Philadelphia Orchestra, che guida in numerose tournée e in una ricca discografia. Dal 1986 è Direttore Musicale del Teatro alla Scala e nel 1987 è nominato anche Direttore Principale della Filarmonica della Scala. Oltre che al Maggio Musicale Fiorentino, al Festival di Salisburgo (dove, dal 1971, le sue interpretazioni mozartiane sono divenute una importante tradizione) e alla Scala, Riccardo Muti ha diretto produzioni operistiche a Philadelphia, New York, Monaco di Baviera, Vienna, Londra e a Ravenna, nell'ambito di Ravenna Festival. È inoltre ospite ogni anno sul podio della Bayerischer Rundfunk Symphonieorchester di Monaco e dell'Orchestre National de France. Recente il suo debutto sul podio della New York Philharmonic Orchestra, che ha riscosso entusiastiche reazioni del pubblico e della critica americani.

La Direzione Musicale del Teatro alla Scala
Nei dodici anni di direzione musicale al Teatro alla Scala Riccardo Muti ha esplorato diversi ambiti del teatro musicale. Ha diretto le partiture più popolari del primo Verdi, Nabucco e Attila, oltre a Ernani, diretto nel 1982. All'insegna di Verdi ha inaugurato anche la stagione 1989/90 con I vespri siciliani, la stagione 1992/93 con Don Carlo, la stagione 1997/98 con Macbeth. Ha riportato inoltre sul palcoscenico scaligero, dopo molti anni di assenza due opere della trilogia romantica, La traviata e Rigoletto oltre a una nuova produzione de La forza del destino, ultima sua apparizione scaligera. Di Mozart ha presentato in successione i tre capolavori dapontiani Così fan tutte, Le nozze di Figaro e Don Giovanni, oltre a La Clemenza di Tito, Idomeneo e Die Zauberflöte; ha dato impulso all'esplorazione del repertorio neoclassico con I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini e Guglielmo Tell di Gioachino Rossini fino a rarità come Lodoiska di Luigi Cherubini e La Vestale di Gaspare Spontini oltre ai titoli gluckiani Alceste, Orfeo ed Euridice, Iphigénie en Thauride, fino all'Armide che ha inaugurato la Stagione 1996/97. Dopo aver diretto Der Fliegende Holländer e Parsifal, l'impegno wagneriano di Riccardo Muti si è concentrato su Der Ring des Nibelungen, ciclo aperto con Die Walküre (dicembre 1994), proseguito con Das Rheingold (maggio 1996) e Siegfried (aprile 1997), culminato nell'inaugurazione della stagione scaligera 1998/99 con Götterdämmerung. Con Manon Lescaut ha portato la sua prima opera di Puccini su un palcoscenico teatrale, avendo già diretto i complessi artistici di Philadelphia in una edizione di Tosca in forma di concerto della quale resta testimonianza discografica. Il 18 maggio 1996 ha diretto il Concerto straordinario per il Cinquantesimo Anniversario della ricostruita sala del Teatro alla Scala.

Le tournée più significative
Con il Teatro alla Scala ha effettuato numerose e acclamate tournée: è stato in Giappone nel 1988 e nel 1995, e vi tornerà nel 2000, in Germania, in Russia e a Parigi, dove ha diretto nel 1988, nella Cattedrale di Nôtre Dame, la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi divenuta insieme a La traviata emblema del Teatro alla Scala nel mondo. Con i complessi scaligeri Riccardo Muti è stato a Siviglia, Madrid e Barcellona, in occasione dell'Expo '92; nell'ottobre dello stesso anno alla Carnegie Hall di New York e nel 1994 alla Alte Oper di Francoforte.

La Filarmonica della Scala
In questi anni ha intensificato il rapporto con la Filarmonica della Scala, portandola a essere unanimemente riconosciuta come una orchestra di rilevanza internazionale, con una personalità artistica e un'identità di suono di forte impronta italiana; con essa riceve, nel 1988, il "Viotti d'oro" e, nel 1997, il "Disco d'Oro" per l'incisione del primo dei due dischi dedicati a musiche di Nino Rota. Nel 1996 dirige la compagine milanese a Vienna, per la prima volta, nella mitica Sala del Musikverein, a chiusura delle Wiener Festwochen e quindi in una significativa tournée in Estremo Oriente (Giappone, dove è tornato con grande successo nel settembre di quest'anno, Corea, Hong Kong) e in Germania. Quest'anno ha portato la Filarmonica ancora al Musikverein e, per la prima volta, al Festival di Salisburgo. Nella passata stagione ha portato a compimento al Teatro alla Scala il ciclo integrale delle Sinfonie di Ludwig van Beethoven. Sempre con la Filarmonica, Riccardo Muti prosegue un progetto discografico di ampio respiro dedicato, fra l'altro, alla musica orchestrale italiana di fine '800 e di questo secolo: Puccini, Catalani, Ponchielli, Martucci, Casella, Busoni e Rota.

Riccardo Muti e i Wiener Philharmoniker
In questi trent'anni di carriera è stato più volte chiamato sul podio dei Berliner Philharmoniker e dei Wiener Philarmoniker con i quali, in particolare, il rapporto è intenso e significativo. Ospite abituale a Vienna, Riccardo Muti è stato insignito dell'Anello d'Oro, onorificenza da sempre riservata ai massimi direttori d'orchestra. Con la prestigiosa orchestra viennese prosegue un'importante collaborazione discografica incentrata soprattutto sui capolavori del sinfonismo classico e romantico (Mozart, Schubert e Schumann) e ha realizzato diverse tournée europee, approdate anche al Teatro alla Scala nel 1994, nel 1997 (vi tornerà nel corso del 2000), alla Carnegie Hall di New York e, quest'anno, anche a Tokyo. Sul podio dei Wiener Philharmoniker ha diretto a Salisburgo nel gennaio 1991 il concerto che ha dato inizio alle celebrazioni del Bicentenario mozartiano, nel 1992 il concerto celebrativo dei 150 anni dell'Orchestra e il 1° gennaio 1993 e 1997 il celebre Concerto di Capodanno, che dirigerà anche nel 2000. Nel 1996 ha diretto il concerto solenne per il Millennio dell'Austria e l'anno successivo, nell'ambito delle celebrazioni per il Bicentenario schubertiano, una importante serie di concerti, culminati in quello tenuto nel Duomo di Santo Stefano di Vienna con la Messa in mi bemolle maggiore D 950. Particolarmente significativo l'interesse e l'impegno di Riccardo Muti nei confronti della musica italiana del '600 e del '700: sempre con i Wiener Philharmoniker ha infatti scelto di inaugurare quest'anno le Festwochen di Vienna con la Messa in re maggiore di Luigi Cherubini e di presentare al Festival di Pentecoste di Salisburgo una preziosa e rara selezione di musiche sacre del barocco italiano, con opere di Niccolò Porpora e Giovan Battista Pergolesi.

I riconoscimenti
Durante la sua carriera Riccardo Muti ha ottenuto numerosi riconoscimenti e onoreficenze accademiche: dall'Università di Philadelphia e dal Mount Holyhoke College del Massachussets, dalla Warwick University, dal Westminster Choir College di Princeton, dalle Università italiane di Bologna, Urbino, Cremona, Lecce, e dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Riccardo Muti è membro della Royal Academy of Music, dell'Accademia di Santa Cecilia e dell'Accademia Luigi Cherubini di Firenze. È Grand'Ufficiale e Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana. È stato insignito della Verdienstkreutz della Repubblica Federale Tedesca, dell'Ehrenkreutz della Repubblica Austriaca e della Croce di Commendatore dei Cavalieri di Malta. Nel dicembre 1992 è stato insignito della Legion d'Onore della Repubblica Francese. A seguito di uno straordinario concerto benefico per la raccolta di fondi per il restauro della casa di Wolfgang Amadeus Mozart, il Mozarteum di Salisburgo lo ha insignito della medaglia d'argento, che è la massima onoreficenza riconosciuta a un interprete mozartiano. Una targa in marmo con i nomi di Riccardo Muti e dei Wiener Philharmoniker è stata inoltre posta a memoria dell'avvenimento all'ingresso della casa del sommo salisburghese. È cittadino onorario di Bertinoro, Busseto, Firenze, Maiolati Spontini, Milano, Molfetta, Philadelphia, Ravenna e Tredozio.
Molto significativa infine la testimonianza dell'impegno civile di Riccardo Muti a capo della Filarmonica della Scala e del Coro Filarmonico della Scala in occasione di concerti tenuti in città simbolo della storia contemporanea più travagliata: Sarajevo nel luglio 1997 e Beirut nel 1998; nel luglio 1999 - sempre su promozione e organizzazione, come per i primi due, di Ravenna Festival - il maestro, sul podio dell'Orchestra e del Coro del Teatro alla Scala, nella suggestiva cornice della Piscina del Sultano di Gerusalemme, ha diretto la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi.

 

IL PROGRAMMA

Giuseppe Verdi
(1813-1901)

Le Quattro Stagioni, balletto da I vespri siciliani
Inverno
Primavera
Estate
Autunno

 

Richard Strauss
(1864-1949)

Aus Italien [Dall'Italia],
fantasia sinfonica in sol maggiore op. 16
Auf der Campagna [In campagna]
Andante
In Roms Ruinen [Fra le rovine di Roma]
Allegro molto con brio
Am Strande von Sorrent [Sul litorale di Sorrento]
Andantino
Neapolitanisches Volksleben [Scene di vita napoletana]
Allegro molto

 

Giuseppe Verdi
(1813-1901)
Le Quattro Stagioni, balletto dal III atto de I vespri siciliani

Fra le molte abilità di Giuseppe Verdi vi fu certamente quella di padroneggiare la propria immagine. Questo gli permise in genere di dissimulare dietro la maschera dell' "artista contadino", dell'uomo fattosi dal nulla, un vasto e raffinato orizzonte di ascendenze culturali e linguistiche. Perfino le sue polemiche contro i "quartettisti" - una mera reazione a quanti sostenevano negli anni Sessanta la superiorità della musica strumentale tedesca - nulla tolgono al suo debito personale, contratto fin dagli anni di gioventù, nei confronti del classicismo viennese e della sua superba lezione di coerenza tematica e di economia costruttiva.
Posta al servizio della parola e tradotta in una smagliante varietà di soluzioni drammatiche, la ricerca di una solidità tematica e strutturale nell'opera fu una regola alla quale Verdi mancò assai di rado, anche quando le esigenze del committente gli imponevano per contratto digressioni decorative in sé del tutto sganciate dal corpo drammatico della vicenda. Tale era appunto la consuetudine nel grand-opéra francese, modello con il quale Verdi, sull'onda del proprio successo internazionale, si era dovuto misurare già nel 1847, quando aveva adattato I Lombardi alla prima Crociata, con il nuovo titolo di Jérusalem, per l'Opéra di Parigi. Fu lo stesso teatro a commissionargli poco più tardi Les Vêpres Siciliennes, l'opera su libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier che il 13 giugno 1855 avrebbe inaugurato l'Esposizione universale parigina.
Il grande ballo allegorico Le Quattro Stagioni, collocatovi a metà del terzo atto, si svolge alla corte di Palermo e funge da sfarzosa introduzione alla festa danzante vera e propria, quella durante la quale avverrà il fallito attentato al tiranno Monforte e i giovani congiurati siciliani saranno arrestati. È dunque una pagina del tutto neutra, esterna rispetto allo svolgersi dei fatti. Ma anche qui, alle prese con quello che Mila definì "un album di ballabili", Verdi fa di necessità virtù e riduce al minimo possibile il senso di estraneità fra la congiura incombente e le pur brillanti pagine di colore destinate alla coreografia di Lucien Petipa. Se sul piano drammatico egli sfrutta il balletto come un lungo momento di sospensione e di oblio, destinato a rendere ancora più fulminante il successivo precipitare degli eventi, su quello musicale, fra un omaggio a Offenbach e un'allusione al folclore meridionale - ad esempio nell'Allegretto in 6/8 dell'Estate, una sorta di malinconica Siciliana cantata dall'oboe sul bordone statico e arcaizzante degli archi - egli si avvale delle soluzioni ritmiche e armoniche più smaliziate senza perdere del tutto di vista, sia pure sotterraneamente, senza ostentazione, alcuni dei cardini tematici della partitura.

 

Richard Strauss
(1864-1949)
Aus Italien [Dall'Italia], fantasia sinfonica in sol maggiore op. 16

Richard Strauss non aveva ancora compiuto ventidue anni quando, nell'aprile del 1886, ricevette l'incarico di terzo Kapellmeister alla Hofoper di Monaco, sua città natale. Non era proprio il massimo per le ambizioni di un ex enfant prodige fin troppo compreso del proprio valore, ma nemmeno un'occasione da buttar via a quell'età. E poi era sempre meglio che rimanere nella lontana Meiningen, dove da un anno Hans von Bülow gli aveva aperto le porte della carriera direttoriale.
Prima però di dedicarsi al nuovo incarico, il cui inizio era fissato per agosto, Strauss sentì che doveva dedicarsi per un momento a se stesso, alla propria salute fisica, bisognosa di attenzioni, e a quella spirituale, anche più esigente. Non c'era molto tempo, il suo antico desiderio di visitare l'Italia non poteva più essere rimandato. Che cosa quel viaggio rappresentasse nei sogni di un giovane della buona borghesia tedesca imbevuto di eredità romantiche, non è difficile immaginare. Perfino il vecchio Brahms, con ippocratica brutalità, gliel'aveva prescritto come "assai più utile che sprecare il tuo tempo a Berlino".
Strauss partì dunque sulle orme di Goethe e di Heine, pronto a immergersi nel paesaggio italiano con una disposizione d'animo nella quale si confondevano miti scolastici, ardori giovanili, paradisi letterari. L'impatto con l'Italia vera fu alquanto diverso. Come già Mendelssohn mezzo secolo prima, Strauss patì lo scarto fra il paese sognato e quello vissuto. Non sapendo rinunciare al primo né potendo chiudere gli occhi sul secondo, finì per raccontare l'uno nelle lettere rassicuranti che scrisse ai genitori e l'altro in quelle di ben altro tono indirizzate a Bülow. Ai suoi descriveva eccitato lo spettacolo del cratere del Vesuvio in ebollizione, all'amico rivelava di essere stato "spennato e rapinato" (l'ultimo termine è da intendersi in senso letterale); alla madre consegnava poetiche riflessioni sul rapporto fra paesaggi e tonalità, a Bülow ricevute d'albergo per chiarirgli "quanto costa in Italia far lavare una camicia".
La domanda, legittima, su quale dei due Strauss fosse sincero, produce una risposta ambivalente che per essere tale ci porta vicinissimi alla natura profonda di Aus Italien, opera giovanile proprio in quanto contraddittoria, piuttosto che viceversa. In quelle pagine, abbozzate in Italia e compiute a Monaco al ritorno dal suo viaggio (la prima esecuzione, diretta dall'autore, ebbe luogo in quella città il 2 marzo 1887), Strauss si muove in effetti lungo linee di confine che preludono a molte delle sue risoluzioni future. La suggestione della natura è in costante contesa con quella, più filtrata e razionale, legata alla classicità della cultura e dell'arte.
Sul piano linguistico, la polemica del tempo fra musica assoluta e musica a programma fa sentire i suoi effetti. Strauss è a un passo dall'imboccare la via indicata da Liszt, ma intanto oscilla fra i due opposti e non ha ancora messo a punto le armi che di lì al tramonto del secolo gli consentiranno la poderosa sintesi sinfonica a movimento unico tipica dei lavori celeberrimi che vanno dal Don Juan (1887/88) fino a Ein Heldenleben (1898).
I materiali preparati per Aus Italien finiscono così per distribuirsi in quattro movimenti (il progetto iniziale ne prevedeva cinque), una sinfonia in piena regola di cui In Roms Ruinen sarebbe stato l'Allegro d'apertura se, all'ultimo momento, Strauss non avesse optato per una soluzione più sperimentale che lo portò ad allontanarsi dallo schema canonico per esordire con un' introduzione lenta. Auf der Campagna, nelle parole dell'autore, è appunto "un preludio" destinato a evocare le "sensazioni provate alla vista della campagna romana bagnata dal sole così come appare da Villa d'Este a Tivoli". In questa pagina, certamente fra le più alte dell'opera, un'ampia sezione accordale di sapore wagneriano, posta all'inizio e ripresa in chiusura, incornicia il meraviglioso tema in mi bemolle della parte centrale, il cui canto Strauss affida ai primi violini e ai violoncelli lasciando ai fiati in contrappunto il compito di intensificarne gradualmente lo spessore sinfonico e il contenuto emotivo, secondo un procedimento orchestrale che ritroveremo più volte nei poemi sinfonici degli anni seguenti.
Al secondo movimento, In Roms Ruinen, Strauss appone un sottotitolo programmatico ("Visioni fantastiche di passati splendori, sentimenti di malinconia e dolore nel sole acceso del presente.") che non sempre collima con le necessità dell'architettura sinfonica adottata. Anche qui però le anticipazioni non mancano, a cominciare dallo spunto melodico del primo tema (tromba sola e poi archi), di cui ritrovemo un'eco diretta nel Tanzlied di Also Sprach Zarathustra (1895). Il virtuosismo orchestrale della Alpensinfonie (1911/15), ma anche l'idea di una forma lisztianamente libera, si annunciano fra le righe di Am Strande von Sorrent, quella che per Strauss era "una pittura d'umore" basata sul "contrasto fra la dolcezza della natura e l'esperienza umana".
L'ultimo tempo, Neapolitanisches Volksleben, è una libera invenzione, magari un tantino manierata, su Funiculì Funiculà, la canzone di Luigi Denza dedicata alla nuova ferrovia vesuviana e molto in voga in quegli anni. La scelta è stata talvolta imputata a Strauss come una caduta di gusto, o quantomeno come una svista che lo avrebbe portato a scambiare per autenticamente popolare qualcosa che non lo era. A parte il fatto che il popolare in Strauss avrebbe costituito un caso unico, il destino di quel motivo - oggi un simbolo riconoscibile in tutto il mondo - testimonia sulla sensibilità del giovane musicista in modo del tutto eloquente.

Antonio Cirignano



 

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