Schönberg
Pierrot lunaire op. 21
Luisa Castellani, voce
recitante
Strawinsky
L'histoire du soldat
Manlio Sgalambro, narratore
Giovanni Lindo Ferretti, il soldato
Franco Battiato, il diavolo
Fulvio Luciani, violino solista
Ensemble Novecento ed oltre
Mario Folena, flauto
e ottavino
Mauro Pedron, clarinetto e clarinetto basso
Fausto Polloni, fagotto
Diego Cal, cornetta a pistoni
Domenico Lazzaroni, trombone
Fulvio Luciani, violino
Roberto Tarenzi, viola
Claudia Ravetto, violoncello
Vanni Moretto, contrabbasso
Riccardo Zadra, pianoforte
Danilo Grassi, percussione
Antonio Ballista, direttore
Arredamento scenico a cura
di Marcello Basso
Franco Battiato, nato anni fa a Jonia (Catania), musicista
ancora intuitivo e poco tecnico, dopo i primi anni Settanta,
dedicati alla musica elettronica e sperimentale (Fetus, Pollution),
compie le sue prime ascensioni sonore con album più sostanziosi
come Sulle Corde di Aries, Clic e Mademoiselle le gladiator.
La sua fase di ricerca e di sperimentazione più "arrabiata"
è della seconda metà degli anni Settanta con arditi
dischi per la Ricordi. Nel frattempo il musicista siciliano ha
fatto molte buone letture e ha studiato a fondo la notazione
musicale. Comincia una lunga collaborazione con Giusto Pio, suo
maestro di violino, mentre contemporaneamente rinasce la passione
per la canzone colta, ironica, ricca di memorie adolescenziali
e di voli mistico-propiziatori. Nel frattempo continua la sua
iniziazione spirituale, sempre più attratta dalle dottrine
orientali. Ma non solo. Album come L'era del cinghiale bianco,
Patriots, La voce del padrone e L'Arca di Noé lo proiettano
verso un successo da rockstar, con vendite da capogiro. Ma quasi
per controbilanciare tanta sfacciata fortuna terrena, Battiato
si dedica ai suoi miti celesti e all'approfondimento interiore,
via Gurdijeff e gli antichi saggi della della cultura sufista.
Inizia anche a fare l'editore di libri esoterici, con la sua
piccola casa editrice L'Ottava. Con la prima opera lirica, Genesi,
nel 1987 inaugura una doppia carriera di compositore serio, usando
linguaggi più "alti". Ma è una serietà
solo di codici, perché poi il musicista userà uguale
entusiasmo per le opere, per le messe e le canzoni. Gilgamesh
è la sua seconda e più matura opera lirica. Altri
album importanti EMI, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio
dell'ultimo decennio, sono Fisiognomica, Giubbe rosse, Come un
cammello in una grondaia, che contiene tra l'altro l'interpretazione
leggera di quattro lieder romantici di Beethoven, Brahms, Wagner
e Martin-Berlioz), e Caffè de la Paix. Nel 1995 Battiato
inaugura un'intensa collaborazione e un proficuo scambio culturale
col filosofo Manlio Sgalambro, che scrive il libretto dell'opera
teatrale Il cavaliere dell'intelletto, dedicata a Federico II.
I due congegnano insieme anche un primo album di canzoni, L'ombrello
e la macchina da cucire. L'imboscata, uscito il 24 ottobre 1996,
è il primo capitolo della "nuova era" con la
casa discografica Polygram. Nel 1997 ha curato la regia de "gli
Schopenahauer" commedia di Manlio Sgalambro che ha debuttato
al Teatro Bellini di Catania e verrà replicato a Fano
per il Festival "Il violino e la selce" edizione 1998.
A settembre l'uscita di Gommalacca, nuovo album di canzoni, prosegue
il discorso musicale iniziato con L'imboscata, arricchendolo
ulteriormente di sonorità dure e spigolose. Ne risulta
un suono quanto più "globale" possibile, come
testimonia egregiamente Shock in My Town.
Luisa Castellani è un'interprete particolarmente
apprezzata per l'estrema duttilità della tecnica vocale
affinata con insegnanti come Gina Cigna e Dorothy Dorow per cui
molti compositori ne hanno fatto una protagonista delle loro
opere. La convinzione della necessità di ampliare il rituale
del concerto tradizionale l'hanno portata a realizzare e proporre
anche concerti-spettacolo (ad esempio Atopos con Antonio Ballista)
e Luciano Berio l'ha voluta per dar voce alla nuova edizione
del suo Calmo, presentato nei principali teatri e festival insieme
a Sequenza III e Folksongs; per lei ha poi creato il ruolo di
Ada in Outis, andato in scena alla Scala nell'autunno del 1996.
Ha eseguito e registrato numerose opere di Cage, Donatoni, Kurtag
e Panni approfondendole con gli stessi autori; ha interpretato
le opere dei più importanti compositori del Novecento
storico, da Debussy a Bartók, da Schönberg a Dallapiccola,
da Strawinsky a Webern sotto la direzione di maestri come Berio,
Eötvös, Gelmetti e Sinopoli. Ha interpretato ruoli
come cantante d'opera, tra l'altro, in Esequie della Luna e Tristan
di Pennisi, Anton di Scogna, The turn of a screw di Britten,
La vera storia di Berio, La madre invita a comer di De Pablo,
Il Velo Dissolto di Donatoni, in teatri come La Scala, il Comunale
di Firenze e La Fenice di Venezia. Solista con la London Sinfonietta,
la BBC, con le orchestre di Radio France, dell'Accademia Nazionale
di S. Cecilia e della RAI, ospite della Royal Festival Hall di
Londra e dell'Opéra Bastille di Parigi, ha inaugurato
il Wien Modern nel 1990 ed è stata invitata dalle biennali
di Helsinki, Berlino, Venezia, dall'Holland Festival e dal Festival
Cervantino in Messico. Collabora con l'Ensemble Intercontemporain
di Parigi, col quale ha presentato, tra l'altro, la prima francese
del Lohengrin di Sciarrino e ha più volte eseguito il
Marteau sans maître di Boulez con l'Ensemble Modern di
Francoforte, con il quartetto Arditti e con solisti come Antonio
Ballista, Bruno Canino, Andreas Keller e Andrea Lucchesini. Ha
tenuto masterclasse e conferenze in molti paesi, tra cui la Bolivia,
la Cina, la Svizzera, l'Ungheria, gli USA oltre che in Italia,
come responsabile della classe di vocalità contemporanea
dei corsi di formazione della CEE. Ha registrato per radio e
televisioni in molti paesi e numerosi cd per Deutsche Grammophon,
Fonit Cetra, Harmonia Mundi, Hungaroton, RCA, Ricordi, Stradivarius,
Teldec e recentemente ha registrato il Pierrot lunaire sotto
la direzione di Sinopoli per la Teldec.
Giovanni Lindo (in realtà Lindo Giovanni) Ferretti
nasce nel 1953 a Cerreto, un paese dell'Appennino Tosco-Emiliano,
ma per poter studiare è costretto a trasferirsi a Reggio
Emilia. Nella Berlino caotica e schizzata del periodo punk conosce
Massimo Zamboni, anche lui di Reggio, e da questo incontro nasce
una collaborazione destinata a durare nel tempo e soprattutto
nascono i CCCP, "...l'unica esperienza italiana capace di
appropriarsi dell'essenza intima del punk" (A. Campo), che
pubblicano alcuni album (tra gli altri, Fedeli alla linea) e
danno vita a performance molto teatrali che riversano sul pubblico
onde di energia. Nel 1990 i CCCP pubblicano il loro ultimo disco,
Epica - Ethica - Etnica - Pathos, che è sì l'epitaffio
di un'avventura artistica e musicale iniziata quasi dieci anni
prima, ma segna anche la nascita dei CSI, il Consorzio Suonatori
Indipendenti (prima uscita discografica è Ko de Mondo,
1994), un ensemble di musicisti reduci da esperienze che hanno
segnato la storia del rock italiano. L'esperienza artistica di
Giovanni Lindo Ferretti è segnata anche da altri progetti,
primo fra tutti quello del Consorzio Produttori Indipendenti,
che ha l'obiettivo di produrre nuovi gruppi (Marlene Kuntz, Ustmamò,
AFA ecc.), poi da Materiale Resistente, un concerto, un disco,
un film diretto da Guido Chiesa, nato per celebrare il cinquantenario
della Liberazione e realizzato con la collaborazione di gruppi
appartenenti al CPI con altre band. Un prolifico rapporto con
Franco Battiato si concretizza nella partecipazione dei CSI,
con E ti vengo a cercare, alla compilation dedicata all'artista
siciliano Battiato non Battiato e a una esibizione Battiato/Ferretti
in occasione del concerto del 1° Maggio a Roma nel 1995.
A gennaio 1998 viene pubblicato il disco live La terra, la guerra,
una questione privata collegato al film Un giorno di fuoco di
Guido Chiesa e a un concerto tenuto ad Alba, un progetto ideato
dai CSI, dal regista e da Piero Negri in omaggio allo scrittore
Beppe Fenoglio.
Manlio Sgalambro nasce a Lentini. È considerato,
per l'interessante originalità del suo pensiero, uno dei
più grandi filosofi contemporanei. Pubblica nel 1959 il
saggio Crepuscolo e notte. Negli anni Sessanta collabora alla
rivista romana "Tempo Presente", allora diretta da
Ignazio Silone e Nicola Chiaramonte, con saggi e articoli. Nel
1982 pubblica La morte del sole (Adelphi, Milano), libro che
viene tradotto in tedesco nel 1988 e del quale è in corso
la traduzione in francese. Nel 1987 pubblica Il trattato dell'empietà
(Adelphi, Milano) a cui seguono Del metodo ipocondriaco (Il Girasole
Edizioni, Valverde), Anatol (Adelphi, Milano 1990), Del pensare
breve (Adelphi, Milano 1991), Dialogo teologico (Adelphi, Milano
1993), Contro la musica (De Martinis & Co 1994), Dialogo
sul comunismo del 1995, Dell'indifferenza in materia di società
(Adelphi, Milano 1994), Teoria della canzone (Bompiani, Milano
1997). Nel 1994 inizia la fruttuosa collaborazione con il musicista
Franco Battiato per il quale scrive il libretto dell'opera lirica
Il cavaliere dell'intelletto (Sonzogno, Milano 1995), che riscuote
un grande successo nei teatri di tradizione con ben 23 rappresentazioni,
e i testi degli ultimi tre dischi di musica pop dell'artista
siciliano (L'ombrello e la macchina da cucire, L'imboscata e
nel 1998 Gommalacca). Nel 1998 pubblica Nietzsche (Frammenti
di una biografia per testi e voce) (PasSaggi Bompiani, Milano).
Il gruppo Novecento ed oltre
nasce da un'idea di
Antonio Ballista. Alle soglie del 2000, il nostro secolo ci appare
sorprendentemente lungo e ricco, ma ancora troppo poco rappresentato
nelle esecuzioni pubbliche. "Novecento ed oltre" contribuisce
a colmare questo vuoto proponendo accanto al repertorio del Novecento
storico, ineguagliabile per ricchezza di linguaggi ed espressioni,
alcune tra le più ossigenanti esperienze compositive di
questi ultimi anni. La struttura base è costituita dal
Quartetto Paolo Borciani e da altri straordinari musicisti scelti
da Antonio Ballista con l'intento di creare un gruppo omogeneo
con organico variabile fino a 25 strumentisti, capace di adattarsi
agilmente a mutevoli esigenze e, per la sua duttilità,
in grado di proporre le musiche di un ampio repertorio moderno-contemporaneo.
Il pianista e direttore Antonio Ballista considera questo gruppo
come la sintesi delle sue diverse esperienze nell'ambito della
musica. "Novecento ed oltre" ha iniziato la sua attività
nel 1995, in occasione dell'integrale weberniana promossa a Palermo
dall'EAOSS e dagli Amici della Musica nel cinquantenario della
morte del compositore. Da allora questo gruppo si è esibito
per alcune fra le più prestigiose istituzioni musicali
italiane, come il Teatro alla Scala di Milano, l'Unione Musicale
di Torino, la Società dei concerti di Trieste, l'Ente
concerti di Pesaro, gli Amici della Musica di Perugia, la Società
dei concerti Barattelli de L'Aquila, l'Istituzione Universitaria
dei Concerti di Roma. La prima incisione discografica di "Novecento
ed oltre", realizzata con l'etichetta la Bottega Discantica,
comprende i Folksongs di Berio, Lunario di Boccadoro, Three down
rituals di MacMillan e Telephone book di Torke.
Antonio Ballista, pianista, clavicembalista e direttore
d'orchestra, fin dall'inizio della carriera si è dedicato
all'approfondimento delle espressioni musicali più diverse
e alla composizione di programmi di rara inventiva e originalità.
Dalla fine degli Cinquanta suona in duo pianistico con Bruno
Canino, una formazione di ininterrotta attività la cui
presenza è stata fondamentale per la diffusione della
nuova musica e per l'azione catalizzatrice sui compositori. Ha
suonato con direttori quali Claudio Abbado, Pierre Boulez, Riccardo
Chailly, Bruno Maderna, Riccardo Muti ed è stato invitato
dai più prestigiosi festival internazionali. Come direttore
d'opera ha debuttato al Teatro dell'Opera di Roma con Gilgamesh
di Battiato. Fra i compositori che hanno scritto per lui ricordiamo
Luciano Berio, Sylvano Bussotti, Ennio Morricone, Niccolò
Castiglioni, Franco Donatoni e Salvatore Sciarrino. Ha effettuato
tournée con Luigi Dallapiccola, Luciano Berio e Karlheinz
Stockhausen e ha collaborato con Pierre Boulez, John Cage e György
Ligeti in concerti monografici. È fondatore e direttore
dell'ensemble "Novecento ed oltre" e ha inciso per
RCA, Ricordi, Wergo, EMI e Bottega Discantica. Per ventitré
anni è stato titolare della cattedra di pianoforte principale
presso il Conservatorio di Milano.
IL PROGRAMMA
Arnold Schönberg
(1874-1951)
Pierrot lunaire op. 21
Dreimal sieben Gedichte aus Albert Girauds Pierrot lunaire
per "Sprechstimme", pianoforte, flauto (anche ottavino),
clarinetto (anche clarinetto basso), violino (anche viola) e
violoncello
Mondestrunken
Colombine
Der Dandy
Eine blasse Wäscherin
Valse de Chopin
Madonna
Der kranke Mond
Die Nacht (Passacaglia)
Gebet an Pierrot
Raub
Rote Messe
Galgenlied
Enthauptung
Die Kreuze
Heimweh
Gemeinheit!
Parodie
Der Mondfleck
Serenade
Heimfahrt
O alter Duft
Igor Strawinsky
(1882-1971)
L'histoire du soldat
Libretto di Charles-Ferdinand
Ramuz. Dalle Fiabe Russe di Aleksandr Nikolaevi _c Afanas'ev.
Traduzione ritmica italiana edita da Casa Ricordi.
Marcia del soldato
Il soldato: "È un bel posticino"
Musica della prima scena
("Piccola aria sul bordo del ruscello")
Il diavolo: "Dammi il tuo violino"
Musica della seconda scena (Pastorale)
Il soldato: "Ah! Brigante!"
Il narratore: "Non hanno niente e hanno tutto"
Musica della terza scena
("Piccola aria sul bordo del ruscello - Ripresa)
Marcia del soldato (Ripresa)
Il narratore: "Ecco un altro paese"
Marcia reale
Il narratore: "Hanno suonato la banda"
Piccolo concerto
Tre danze: Tango, Valse, Ragtime
Danza del diavolo
Piccolo corale
Strofe del diavolo
Grande corale
Marcia trionfale del diavolo
Arnold Schönberg
Pierrot lunaire op. 21
12 marzo
Improvvisamente, di mattina, una gran voglia di comporre. Era
da così tanto tempo! Avevo già anche pensato all'eventualità
di non comporre più.
Così scrive Schönberg nelle ultime pagine del suo
Diario berlinese, un prezioso documento che il musicista redasse
durante il 1912. Il giorno successivo, troviamo la seguente annotazione:
Ieri, 12 marzo, ho scritto il primo dei melologhi per il Pierrot
lunaire. Credo sia venuto molto bene ... Senza alcun dubbio mi
muovo, lo avverto benissimo, verso una nuova espressione. I suoni
diventano qui una di sorta di vera e propria immediata espressione
animale di moti dei sensi e dell'anima. Quasi come se tutto venisse
direttamente tradotto.
La crisi compositiva sarà solo rimandata, e Schönberg
non porterà a compimento nessuna composizione per ben
otto anni, (tanti ne intercorrono tra i Lieder op. 22 e i Cinque
pezzi per pianoforte op. 23); ma prima di concedersi questa lunghissima
pausa di riflessione il compositore produrrà la sua opera
più conosciuta e ammirata: Pierrot lunaire op. 21, "Tre
volte sette poesie di Albert Giraud", nella quale i postulati
irrazionali della poetica espressionista sono allo stesso tempo
pienamente realizzati e superati di slancio.
Superati, si potrebbe dire, nel divenire stesso dell'opera. Se
il carattere dei macabri testi poetici rimane irrimediabilmente
fin-de-siècle, se nei primi brani il suono si fa davvero
"immediata espressione dei moti dei sensi e dell'anima",
nel passaggio dalla prima alla seconda e alla terza parte si
fanno sempre più evidenti i riferimenti a forme e tecniche
compositive del passato, più pensate e costruite.
Passando per un ironico Valse de Chopin e per una lugubre Passacaglia
(Die Nacht, n. 8), i numeri 17-20 costituiscono in un certo senso
il culmine di questo processo: dapprima, attraverso il recupero
di complessi artifici contrappuntistici che si richiamano a Bach
e ai grandi fiamminghi (Parodie presenta un canone per moto retto
e inverso tra voce, viola e clarinetto; Der Mondfleck vede la
voce librarsi sullo sfondo di un elaborato doppio canone); i
due pezzi seguenti, una Serenade in tempo di valzer lento e una
barcarola, volgono invece lo sguardo al secolo da poco trascorso.
Un'opera che apparve rivoluzionaria a Strawinsky, a Ravel, a
Casella, si conclude dunque con uno sguardo verso il passato
(tale sguardo è ulteriormente rafforzato dal testo del
n. 21, O alter Duft, che fu aggiunto in un secondo momento).
La forma breve, aforistica, si era già affermata come
una caratteristica dello stile espressionista di Schönberg
nei 5 Pezzi per orchestra op. 16 o nei Klavierstucke op. 19.
In Pierrot la forma breve viene tuttavia investita di una nuova
luce, e riflette l'esigenza del compositore di ricercare un'articolazione
più netta e definita, di recuperare un rapporto con la
tradizione che la dissoluzione del linguaggio tonale aveva reso
sempre più problematico. La soluzione a questa esigenza
sarà trovata da Schönberg solo molto più tardi,
dopo gli otto anni di silenzio, e consisterà nella definizione
di un sistema razionale in grado di sostituire la tonalità.
Non a caso, i primi brani scritti utilizzando il nuovo "sistema
di composizione con i dodici suoni" porteranno i titoli
classici di Minuetto, Gavotta, Giga, Valzer. Eppure, quanti fermenti
vivono ancora nel contrappunto atonale e libero, nella strumentazione
sempre varia, nel clima sospeso tra ironia e straniamento di
Pierrot; quanto quest'opera ci appare oggi vicina rispetto all'enfasi
un po' fredda, sorta di autocelebrazione della grande tradizione
mitteleuropea, di molte opere seriali del musicista!
Fra le caratteristiche più memorabili di Pierrot va senza
dubbio considerata la strumentazione. La voce è accompagnata
da cinque musicisti che suonano otto strumenti: violino/viola,
flauto/ottavino, clarinetto/clarinetto basso, violoncello e pianoforte.
Come è stato più volte osservato, non c'è
un solo brano, dei ventuno che compongono la raccolta, in cui
Schönberg abbia utilizzato la medesima combinazione strumentale.
L'estrema varietà ottenuta attraverso la massima economia
di mezzi fu subito percepita come una lezione fondamentale; e
l'influenza strumentale di Pierrot attraversa a ben vedere l'intero
secolo, dalle opere cameristiche di Ravel e Strawinsky degli
anni Venti al Marteau sans Maitre di Boulez o alle Beatitudines
di Petrassi.
L'aspetto più noto e discusso dell'opera è comunque
il ricorso alla Sprechstimme (letteralmente, il "canto-parlato",
con un evidente richiamo al "recitar cantando" seicentesco),
una particolare forma di articolazione vocale che nelle intenzioni
del compositore si situa letteralmente tra il parlato e il cantato,
e che pone grandi problemi all'interprete. Nella Prefazione alla
partitura, il compositore spiega che la voce del cantante recitante
deve appena toccare la nota reale e poi abbandonarla, passando
alla nota successiva con una sorta di glissando. Scriveva ancora
Schönberg in una lettera: "Pierrot lunaire non va cantato!
Se venisse cantato, l'opera andrebbe completamente distrutta,
e chiunque avrebbe ragione di dire: non si scrive così
per il canto!". Eppure, la voce partecipa appieno alla scrittura
contrappuntistica rigorosa di gran parte dei brani realizzando
spesso, come si è accennato, imitazioni strette o veri
e propri canoni con gli strumenti... Un ulteriore aspetto, certo
il più eclatante, della natura multiforme e ambigua di
questa importante composizione che allo stesso tempo chiude il
periodo "espressionista" del musicista e ne prefigura
le innovazioni seriali, che lancia ponti verso il futuro cercando
nuova linfa nel passato.
La prima esecuzione di Pierrot lunaire ebbe luogo a Berlino il
16 ottobre 1912 sotto la direzione dell'autore e con il ruolo
vocale sostenuto da Albertine Zehme, la committente. Erano state
necessarie ben venticinque prove. L'esecuzione - con grande sorpresa
dei critici - si concluse con un'ovazione per Schönberg,
che fu letteralmente costretto dal pubblico a un bis integrale
dell'opera.
A una successiva esecuzione berlinese, l'8 dicembre, erano presenti
Strawinsky e Diaghilev. Cinquant'anni più tardi, il musicista
russo ricordava ancora l'impressione indelebile ricevuta da quella
esecuzione:
La reale potenza di Pierrot - suono e sostanza, giacché
Pierrot è il plesso solare oltre che lo spirito della
musica degli inizi del XX secolo - mi lasciò attonito,
così come essa a quell'epoca lasciò attoniti tutti
noi.
L'immediata conseguenza dell'impressione ricavata dall'ascolto
di Pierrot fu la composizione delle Trois poésies de la
lyrique japonaise per voce femminile e piccolo gruppo da camera,
il primo di una serie di lavori cameristici - Strawinsky, ricordiamolo,
stava allora ultimando la gigantesca partitura del Sacre du Printemps
- che, passando per le Pribautki, le Berceuses du chat e Renard,
troverà un punto culminante nell'Histoire du soldat.
Igor Strawinsky
L'histoire du soldat
La prima rappresentazione
dell'Histoire du soldat, azione teatrale in due parti "letta,
suonata e danzata", avvenne il 28 settembre 1918 a Losanna,
per la direzione di Ernest Ansermet e le scene e costumi di René
Auberjonois. Il testo, tratto da un racconto di Afanas'ev, fu
elaborato da Charles-Ferdinand Ramuz. L'intenzione di Strawinsky
e Ramuz era quella di realizzare uno spettacolo di semplice allestimento,
facile da rappresentare anche in piccole città; e non
c'è dubbio che alcuni tratti "popolari" dell'opera,
come ad esempio l'uso di ritmi e danze alla moda quali il tango
e il ragtime, siano una diretta conseguenza di questa intenzione.
L'argomento dell'Histoire è una sorta di Faust in miniatura:
un soldato cede il suo violino al diavolo in cambio di un libro
magico che gli permette di leggere il futuro. In seguito riuscirà
a recuperarlo e a servirsene per guarire la Principessa malata,
ma quando vorrà tornare a casa per rivedere la madre e
presentarle la sposa il diavolo riapparirà per trascinarlo
con sé al suono di una marcia trionfale.
Nell'allestimento, gli attori e le scene occupano solo la parte
centrale del palco; il narratore si deve collocare di lato, seduto
a un tavolino, mentre dal lato opposto si situa il piccolo gruppo
strumentale composto da violino, contrabbasso, clarinetto, fagotto,
cornetta a pistoni, trombone e percussioni; un organico che si
avvicina a quello della jazz band, poiché ogni famiglia
strumentale è rappresentata da entrambi i componenti sia
acuti sia gravi.
L'insieme - scrive Strawinsky - deve essere visibile dallo spettatore
... giacché mi è sempre sembrato orrendo ascoltare
la musica a occhi chiusi, senza che l'occhio avesse una parte
attiva. La visione del gesto e del movimento delle diverse parti
del corpo che producono la musica è una necessità
essenziale perché si possa percepirla in tutta la sua
ampiezza.
Ogni singolo strumento ha un ruolo ben definito, che contribuisce
alla qualità sonora assolutamente unica, senza precedenti,
dell'Histoire. In effetti, ciò che balza agli occhi -
o meglio, alle orecchie - dell'ascoltatore è la prodigiosa
unità timbrica di quest'opera, che collega tra loro i
materiali musicali più eterogenei: tango, valzer, ragtime
convivono con straniate parodie del corale bachiano, marce grottesche
e stupefacenti pezzi "di atmosfera" come la Pastorale
che apre la seconda scena descrivendo lo smarrimento e la solitudine
del soldato.
Il soldato e il diavolo sono rappresentati nell'opera, come ci
dice il compositore stesso, "dallo stridore del violino
e dalle interpunzioni della percussione. Il violino è
l'anima del soldato, e le percussioni sono la diavoleria".
E in effetti, fin quasi alla fine dell'opera le percussioni si
accompagnano agli strumenti, senza mai prevaricarli, ma realizzando
semmai una linea musicale parallela, indipendente. Il violino,
al contrario, ha molti momenti solistici, in genere corrispondenti
nella trama agli effimeri successi temporanei del soldato sul
diavolo (e tali momenti sono effimeri anche da un punto di vista
musicale: la scrittura si fa più vivace ma non più
profonda, il carattere rimane volutamente superficiale; in sostanza,
l'ascoltatore non ha mai la sensazione di un reale prevalere
del violino sugli altri strumenti). Citerò qui in particolare
il Piccolo concerto, in cui il soldato, recuperato lo strumento,
suona di fronte al diavolo ubriaco, e le successive Tre danze.
Straordinaria, e davvero memorabile da un punto di vista sia
drammatico sia musicale, è invece la vittoria finale delle
percussioni sul violino - che letteralmente "china la testa"
-nella Marcia trionfale del diavolo che conclude l'opera. Per
quanto possa sembrare strano all'ascoltatore di fine millennio,
la conclusione dell'Histoire du soldat è il primo vero
"a solo" di percussioni nella storia della musica colta
occidentale. Per la prima volta, grazie all'audacia di Strawinsky,
questi strumenti così evocativi abbandonano il ruolo di
semplici evidenziatori del ritmo per mostrare, sia pure per un
brevissimo, folgorante istante, le loro potenzialità timbriche
ed espressive. Toccherà a Varèse, a Bartòk
e a una schiera di giovanimusicisti cogliere e sviluppare, anni
dopo, il germe dell'intuizione strawinskyana.
Giovanni Bietti
I TESTI
Arnold Schönberg
Pierrot lunaire
da testi di Albert Giraud
I TEIL
Mondestrunken
Den Wein, den man mit Augen trinkt,
Giesst Nachts der Mond in Wogen nieder,
Und eine Springflut überschwemmt
Den stillen Horizont.
Gelüste, schauerlich und süss,
Durchschwimmen ohne Zahl die Fluten!
Den Wein, den man mit Augen trinkt,
Giesst Nachts der Mond in Wogen nieder.
Der Dichter, den die Andacht treibt,
Berauscht sich an dem heilgen Tranke,
Gen Himmel wendet er verzückt
Das Haupt und taumelnd saugt und schlürft er
Den Wein, den man mit Augen trinkt.
Colombine
Des Mondlichts Blüten,
Die weissen Wunderrosen,
Blühn in den Julinächten
O bräch ich eine nur!
Mein banges Leid zu lindern,
Such ich am dunklen Strome
Des Mondlichts bleiche Blüten,
Die weissen Wunderrosen.
Gestillt wär all mein Sehnen,
Dürft ich so märchenheimlich,
So selig leis entblättern
Auf deine braunen Haare
Des Mondlichts bleiche Blüten!
Der Dandy
Mit einem phantastischen
Lichtstrahl
Erleuchtet der Mond die krystallen Flacons
Auf dem schwarzen hochheiligen Waschtisch
Des schweigenden Dandys von Bergamo.
In tönender, bronzener Schale
Lacht hell die Fontäne metallischen Klangs
Pierrot mit dem wächsernen Antlitz
Steht sinnend und denkt: wie er heute sich schminkt?
Fort schiebt er das Rot und des Orients Grün
Und bemalt sein Gesicht in erhabenem Stil
Mit einem phantastischen Mondstrahl.
Eine blasse Wäscherin
Eine blasse Wäscherin
Wäscht zur Nachtzeit bleiche Tücher;
Nackte, silberweisse Arme
Streckt sie nieder in die Flut.
Durch die Lichtungschleichen Winde,
Leis bewegen sie den Strom.
Und die sanfte Magd des Himmels,
Von den Zweigen zart umschmeichelt,
Breitet auf die dunklen Wiesen
Ihre lichtgewobnen Linnen.
Valse de Chopin
Wie ein blasser Tropfen
Bluts
Färbt die Lippen einer Kranken.
Also ruht auf diesen Tönen
Ein vernichtungssüchtiger Reiz.
Wilder Lust Akkorde stören
Der Verzweiflung eisgen Traum
Heiss und jauchzend, süss und schmachtend,
Melancholisch düstrer Walzer,
Kommst mir nimmer aus den Sinnen!
Haftest mir an den Gedanken,
Wie ein blasser Tropfen Bluts!
Madonna
Steig, o Mutter aller
Schmerzen
Auf den Altar meiner Verse!
Blut aus deinen magren Brüsten
Hat des Schwertes Wut vergossen.
Deine ewig frischen Wunden
Gleichen Augen, rot und offen.
In den abgezehrten Händen
Hältst du deines Sohnes Leiche,
Ihn zu zeigen aller Menscheit
Doch der Blick der Menschen meidet
Dich, o Mutter aller Schmerzen!
Der kranke Mond
Du nächtig todeskranker
Mond
Dort auf des Himmels schwarzem Pfühl.
Dein Blick, so fiebernd übergross,
Bannt mich wie fremde Melodie.
An unstillbarem Liebesleid
Stirbst du, an Sehnsucht tief erstickt.
Den Liebsten, der im Sinnenrausch
Gedankenlos zur Liebsten schleicht,
Belustigt deiner Strahlen Spiel,
Dein bleiches, qualgebornes Blut,
Du nächtig todeskranker Mond.
II TEIL
Die Nacht
Finstre, schwarze Riesenfalter
Töteten der Sonne Glanz.
Ein geschlossnes Zauberbuch,
Ruht der Horizont verschwiegen.
Aus dem Qualm verlorner Tiefen
Steigt ein Duft, Erinnrung mordend!
Und vom Himmel erdenwärts
Senken sich mit schweren Schwingen
Unsichtbar die Ungetüme
Auf die Menschenherzen nieder...
Finstre, schwarze Riesenfalter.
Gebet an Pierrot
Pierrot! Mein Lachen
hab ich verlernt!
Das Bild des Glanzes zerfloss, zerfloss!
Schwarz weht die Flagge mir nun vom Mast.
O gib mir wieder, Rossarzt der Seele,
Schneemann der Lyrik, Durchlaucht vom Monde,
Pierrot, mein Lachen!
Raub
Rote, fürstliche
Rubine.
Blutge Tropfen alten Ruhmes,
Schlummern in den Totenschreinen
Drunten in den Grabgewölben.
Nachts, mit seinen Zechkumpanen
Steigt Pierrot hinab zu rauben
Rote, fürstliche Rubine,
Blutge Tropfen alten Ruhmes.
Doch da sträuben sich die Haare,
Bleiche Furcht bannt sie am Platze:
Durch die Finsternis wie Augen
Stieren aus den Totenschreinen
Rote, fürstliche Rubine.
Rote Messe
Zu grausem Abendmahle,
Beim Blendeglanz des Goldes,
Beim Flackerschein der Kerzen,
Naht dem Altar Pierrot!
Die Hand, die gottgeweihte,
Zerreist die Priesterkleider
Zu grausem Abendmahle!
Beim Blendeglanz des Goldes.
Mit segnender Geberde
Zeigt er den bangen Seelen
Die triefend rote Hostie:
Sein Herz in blutgen Fingern
Zu grausem Abendmahle!
Galgenlied
Die dünne Dirne
mit langem Halse
Wird seine letzte Geliebte sein.
In seinem Hirne steckt wie ein Nagel
Die dürre Dirne mit langem Halse.
Schlank wie die Pinie, Am Hals ein Zöpfchen
Den Schelm umhalsen, die dürre Dirne!
Enthauptung
Der Mond, ein blankes
Türkenschwert
Auf einem schwarzen Seidenkissen,
Gespenstisch gross dräut er hinab
Durch schmerzensdunkle Nacht.
Pierrot irrt ohne Rast umher
Und starrt empor in Todesängsten
Zum Mond, dem blanken Türkenschwert
Auf einem schwarzen Seidenkissen
Es schlottern unter ihm die Knie,
Ohnmächtig bricht er jäh zusammen.
Er wähnt: es sause strafend schon
Auf seinen Sünderhals hernieder
Der Mond, das blanke Türkenschwert.
Die Kreuze
Heilge Kreuze sind
die Verse,
Dran die Dichter stumm verbluten,
Blindgeschlagen von der Geier
Flatterndem Gespensterschwärme!
In den Leibern schwelgten Schwerter,
Prunkend in des Blutes Scharlach!
Tot das Haupt, erstarrt die Locken
Fern verweht der Lärm des Pöbels.
Langsam sinkt die Sonne nieder,
Eine rote Königskrone.
III TEIL
Heimweh
Lieblich klagend, ein
kristallnes Seufzen
Aus Italiens alter Pantomime,
Klingts herüber: wie Pierrot so hölzern,
So modern sentimental geworden.
Und es tönt durch seines Herzens Wüste
Tönt gedämpft durch alle Sinne wieder
Da vergisst Pierrot die Trauerminen!
Durch den bleichen Feuerschein des Mondes,
Durch des Lichtmeers Fluten schweift die Sehnsucht
Kühn hinauf, empor zum
Heimathimmel.
Gemeinheit!
In den blanken Kopf
Cassanders,
Dessen Schrein die Luft durchzeter,
Bohrt Pierrot mit Heuchlermienen,
Zärtlich einen Schädelbohrer!
Darauf stopft er mit den Daumen
Seinen echten türkschen Taback
In den blanken Kopf Cassanders,
Dessen Schrein die Luft durchzetert!
Dann dreht er ein Rohr von Weichsel
Hinten in die glatte Glatze
Und behäbig schmaucht und pafft er
Seinen echten türkschen Taback
Aus dem blanken Kopf Cassanders!
Parodie
Stricknadeln, blank
und blinkend,
In ihrem grauen Haar,
Sitzt die Duenna murmelnd,
Im roten Röckchen da.
Sie wartet in der Laube,
Sie liebt Pierrot mit Schmerzen.
Da plötzlich horch! ein Wispern!
Ein Windhauch kichert leise:
Der Mond, der böse Spötter,
Äfft nach mit seinen Strahlen
Stricknadeln, blink und blank.
Der Mondfleck
Einen weissen Fleck
des hellen Mondes
Auf dem Rücken seines schwarzen Rockes,
So spaziert Pierrot im lauen Abend,
Aufzusuchen Glück und Abenteuer.
Plötzlich stört ihn was an seinem Anzug,
Er beschaut sich rings und findet richtig
Einen weissen Fleck des hellen Mondes
Auf dem Rücken seines schwarzen Rockes.
Warte, denkt er: das ist so ein Gipsfleck!
Wischt und wischt, doch bringt ihn nicht herunter!
Und so geht er giftgeschwollen weiter,
Reibt und reibt bis an den frühen Morgen
Einen weissen Fleck des hellen Mondes.
Serenade
Mit grotesken Riesenbogen
Kratzt Pierrot auf seiner Bratsche,
Wie der Storch auf einem Beine,
Knipst er trüb ein Pizzicato:
Plötzlich naht Cassander, wütend
Ob des nächtgen Virtuosen.
Von sich wirft er jetzt die Bratsche:
Mit der delikaten Linken
Fasst den Kahlkopf er am Kragen
Träumend spielt er auf der Glatze
Mit grotesken Riesenbogen.
Heimfahrt
Der Mondstrahl ist
das Ruder,
Seerose dient als Boot:
Drauf fährt Pierrot gen Süden
Mit gutem Reisewind.
Der Strom summt tiefe Skalen
Und wiegt den leichten Kahn.
Nach Bergamo, zur Heimat
Kehrt nun Pierrot zurück;
Schwach dämmert schon im Osten
Der grüne Horizont.
O alter Duft
O alter Duft aus Märchenzeit,
Berauschest wieder meine Sinne!
Ein närrisch Heer von Schelmerein
Durchschwirt die leichte Luft.
Ein glückhaft Wünschen macht mich froh
Nach Freuden, die ich lang verachtet.
All meinen Unmut gab ich preis;
Aus meinem sonnumrahmten Fenster
Beschau ich frei die liebe Welt
Und träum hinaus in selge Weiten...
LE TRADUZIONI
PARTE I
Ebbro di luna
Il vino che si beve
con gli occhi
Lo versa di notte a flutti la luna,
E, come la marea che sale, esso inonda
L'orizzonte tranquillo.
Desideri tormentosi e dolci
Fluttuano innumerevoli sulle onde!
Il vino che si beve con gli occhi
Lo versa di notte a flutti la luna.
Il poeta, che la contemplazione ispira,
S'inebria della sacra bevanda,
Verso il cielo innalza rapito
Il volto e barcollante sorseggia
Il vino che si beve con gli occhi.
Colombina
I pallidi fiori del
chiaro di luna,
Le candide rose misteriose,
Fioriscono nelle notti di luglio.
Oh, potessi coglierne anche una sola!
Per alleviare il mio dolore ansioso,
Io cerco presso le cupe acque
I pallidi fiori del chiaro di luna,
Le candide rose misteriose.
Si placherebbe ogni mio desiderio,
Se potessi in segreto, come in una fiaba,
In un silenzio incantato, sfogliare
Sui tuoi capelli scuri
I pallidi fiori del chiaro di luna!
Il dandy
Con un raggio di luce
spettrale
La luna illumina le boccette di cristallo
Sulla nera, sacrosanta toletta
Del taciturno dandy di Bergamo.
Nella sonora bacinella di bronzo
Ride limpida la fontana con suono metallico.
Con un raggio di luce spettrale
La luna illumina le boccette di cristallo.
Pierrot, col suo volto di cera,
Se ne sta meditabondo e pensa: e oggi, che trucco mi metto?
Spinge via il belletto e il verde d'Oriente
E in stile aristocratico si dipinge il volto
Con un raggio spettrale di luna.
Una pallida lavandaia
Una pallida lavandaia
Lava nottetempo panni sbiancati,
Nude braccia risplendenti come bianco argento
Immerge china nei flutti.
Lievi passano sulla radura i venti,
Increspando silenziosi le acque.
Una pallida lavandaia
Lava nottetempo panni sbiancati.
E la dolce fanciulla celeste,
Teneramente abbracciata dai rami,
Spiega sui neri prati
I suoi panni intessuti di luce -
Una pallida lavandaia.
Valzer di Chopin
Come una pallida goccia
di sangue
Colora le labbra d'una malata,
Così riposa su questi suoni
Un incanto morboso e distruttivo.
Accordi di selvaggio desiderio frantumano
Il gelido sogno di disperazione -
Come una pallida goccia di sangue
Colora le labbra d'una malata.
Ardente e esultante, dolce e languente,
Oh valzer melanconico e fosco,
Per sempre sei padrone dei miei sensi!
Tu aderisci ai miei pensieri
Come una pallida goccia di sangue!
Madonna
Sali, o Madre di tutti
i dolori
Sull'altare dei miei versi!
Il sangue del tuo seno vizzo
È stato versato dalla violenza della spada.
Le tue ferite sempre aperte
Sembrano occhi, rossi e spalancati.
Sali, oh Madre di tutti i dolori
Sull'altare dei miei versi!
Nelle tue mani estenuate
Tieni la salma del tuo figliolo,
Per mostrarlo agli uomini tutti -
Ma lo sguardo degli uomini ti schiva,
Oh Madre di tutti i dolori!
La luna malata
Oh luna notturna, malata
a morte,
Là sul nero giaciglio del cielo,
Il tuo sguardo, febbricitante e immenso,
M'incanta come una sconosciuta melodia.
D'insaziabili pene d'amore
Tu muori, d'una nostalgia che t'opprime,
Oh luna notturna, malata a morte
Là sul nero giaciglio del cielo.
L'amante che colmo di desiderio
Si reca spensierato dall'amata,
Si diverte al gioco dei tuoi raggi -
Alla vista del pallido sangue, sparso nell'agonia
Da te, luna notturna, malata a morte.
PARTE II
La Notte
Farfalle notturne,
nere e tenebrose,
Hanno ucciso lo splendore del sole.
Come un libro di magia sigillato
Giace l'orizzonte - senza suono.
Dalle caligini di sperduti abissi
Sale un profumo, che uccide i ricordi!
Farfalle notturne, nere e tenebrose
Hanno ucciso lo splendore del sole.
E verso la terra scendono dal cielo
Con ali pesanti
Invisibili i mostri
Sui cuori degli uomini...
Farfalle notturne, nere e tenebrose.
Preghiera a Pierrot
Pierrot! Come si ride
Io l'ho scordato!
L'immagine dello splendore
È infranta - infranta!
Nera è la bandiera
Che sventola ora dall'asta.
Pierrot! Come si ride
Io l'ho scordato!
Oh restituiscimi,
Tu veterinario dell'anima,
Pagliaccio della lirica,
Eminenza della luna,
Restituiscimi, Pierrot, il saper ridere!
Rapina
Rossi rubini principeschi,
Gocce sanguinose d'antica gloria,
Dormono nelle bare dei morti
Laggiù nei profondi sepolcri.
Di notte, coi suoi compagni di baldoria,
Pierrot scende lì silenzioso - per rapinare
Rossi rubini principeschi,
Gocce sanguinose d'antica gloria.
Ma ecco - i capelli si drizzano
Una cieca paura li inchioda al suolo:
Attraverso l'oscurità - come fossero occhi! -
Splendono fissi dalle bare dei morti
Rossi rubini principeschi.
Messa rossa
Per la comunione demoniaca,
Alla luce accecante dell'oro
Al lume vacillante dei ceri
S'avvicina all'altare - Pierrot!
La sua mano, benedetta da Dio,
Strappa le vesti sacerdotali,
Per la comunione demoniaca
Alla luce accecante dell'oro.
Fa il segno della croce,
Mostrando alle anime, tremanti di terrore,
L'ostia intrisa di rosso sangue:
Il suo cuore - tenuto fra le mani cruenti -
Per la comunione demoniaca!
Canto della forca
La smunta, sgualdrina
dal lungo collo
Sarà la sua ultima amante.
Nel suo cervello è infissa come un chiodo
La smunta sgualdrina dal lungo collo -
Slanciata come un pino, col codino sul collo -
Con voluttà abbraccerà il farabutto,
La smunta sgualdrina!
Decapitazione
La luna, scintillante
scimitarra
Su nero cuscino di seta,
Grande come un fantasma - lancia minacce
Attraverso la nera notte dolorosa.
Pierrot vagabondo irrequieto
E, nel suo terrore mortale, guarda in su,
Verso la luna, scintillante scimitarra
Su un nero cuscino di seta.
Le ginocchia gli tremano dal terrore
Di colpo poi cade svenuto.
Nel suo delirio pensa che
Ora sul suo collo di peccatore discenda con violenza
La luna, scintillante scimitarra.
Le croci
Croci sante sono i
versi
Sui quali i poeti si dissanguano muti,
Cavano loro gli occhi gli spettrali
Stormi degli avvoltoi!
Nei loro corpi, voluttuose, gozzovigliarono le spade,
Magnificate dal sangue scarlatto!
Croci sante sono i versi
Sui quali i poeti si dissanguano muti.
Esanime è la testa - rigide le chiome -
Si perde lontano il tumulto della plebe,
Tramonta lentamente il sole,
Una rossa regale corona.
Croci sante sono i versi!
PARTE III
Nostalgia della patria
Con dolce lamento -
risuona
Dall'antica pantomima d'Italia,
Un sospiro di cristallo: come è diventato goffo
Pierrot, sentimentale come vuole la moda.
E risuona attraverso il suo arido cuore,
Riecheggia smorzato attraverso i suoi sensi,
Con dolce lamento - un sospiro di cristallo.
Dall'antica pantomima d'Italia.
Ora Pierrot si scorda delle sue pose afflitte!
Attraverso il pallido ardore della luna,
Attraverso i flutti del mare di luce - la sua nostalgia
Fugge ardita, s'innalza verso il cielo della patria,
Con dolce lamento - un sospiro di cristallo!
Cinismo!
Nella calva testa di
Cassandro,
Le cui grida straziano l'aria,
Pierrot con aspetto devoto
Scava tenero con un trapano!
Poi, spingendo con il pollice
Il suo autentico tabacco turco,
Ne riempie la calva testa di Cassandro,
Le cui grida straziano l'aria!
Poi avvita una cannuccia di ciliegio
Là dietro nella bella tonsura
E felice aspira e espira
Il suo autentico tabacco turco
Dalla calva testa di Cassandro!
Parodia
Con ferri da calza,
lucidi e risplendenti
Nei suoi grigi capelli,
Se ne sta seduta la vecchia signora, borbottando fra sé,
Tutt'avvolta nelle sue gonne scarlatte.
Sta aspettando là nella pergola,
Ama Pierrot con cuore dolente,
Con ferri da calza, lucidi e risplendenti
Nei suoi grigi capelli.
Ma ecco - ascolta! - un bisbiglio!
Una brezza ridacchia pian piano:
La luna, malvagia e beffarda,
Fa giocare i suoi raggi luminosi,
Facendone ferri da calza, lucidi e risplendenti.
Macchia di luna
Con una macchia bianca
di luna piena,
Sul colletto del suo abito nero,
Passeggia Pierrot nella dolce sera,
In cerca d'avventure e di felicità.
Ad un tratto qualcosa sul suo abito lo turba.
Lo guarda da ogni parte e finalmente lo trova
Una macchia bianca di luna piena
Sul colletto del suo abito nero.
Ma va là! egli pensa: è una macchia di gesso!
La sfrega e la sfrega, ma questa non va via !
E allora se ne va, con l'animo esacerbato,
E sfrega e sfrega fino al mattino -
Una macchia bianca di luna piena.
Serenata
Con un grottesco arco
gigante
Pierrot gratta sulla sua viola,
Come una cicogna su una gamba sola,
Pizzica triste un pizzicato.
Ad un tratto, però, se n'arriva Cassandro -
Furibondo col nottambulo virtuoso -
Con un grottesco arco gigante
Pierrot gratta sulla sua viola.
Lontano scaglia ora la viola:
Con la sua delicata mano sinistra
Afferra il calvo pel colletto -
Sognante suona sulla calvizie
Con un grottesco arco gigante.
Ritorno in patria
Il raggio di luna è
il remo,
La ninfea fa da barca:
Così Pierror va verso il sud
Con venti favorevoli al suo viaggio.
La corrente canta sommesse note profonde
E fa oscillare lo scafo leggero.
Il raggio di luna è il remo,
La ninfea fa da barca.
A Bergamo, la sua patria,
Ritorna ora Pierrot,
Con pallida luce verso oriente
Albeggia già il verde orizzonte.
- Il raggio di luna è il remo.
Oh, vecchio profumo
Oh, vecchio profumo dai tempi delle fiabe,
Ancora una volta turbi i miei sensi!
Una schiera scanzonata di scherzi maliziosi
Frulla con batter d'ali attraverso l'aria frizzante.
Un allegro desiderio di gioie che tanto disprezzai in passato,
Mi rende ora felice:
Oh vecchio profumo dai tempi delle fiabe,
Ancora una volta m'incanti!
Mi sono liberato di ogni mio rancore,
Dalla mia finestra incorniciata di sole
Contemplo libero l'amata terra
E i miei sogni si perdono lontano felici...
Oh, vecchio profumo - dai tempi delle fiabe!
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