L'Orchestra dell'Accademia
Nazionale di Santa Cecilia,
composta da circa 90 elementi, si è costituita nel 1908
ed è stata la prima orchestra italiana a dedicarsi esclusivamente
al repertorio sinfonico. Direttori stabili dell'Orchestra sono
stati Bernardino Molinari, Franco Ferrara, Fernando Previtali,
Igor Markevitch, Thomas Schippers, Giuseppe Sinopoli, Daniele
Gatti e attualmente Myung-Whun Chung. Dal 1983 al 1990 Leonard
Bernstein ne è stato il Presidente onorario. L'Orchestra
ha tenuto concerti in tutto il mondo; negli ultimi anni ha partecipato
al Festival bruckneriano di Linz, con Georges Prêtre e
alle manifestazioni per il bicentenario dell'Australia con Giuseppe
Sinopoli (1988), al Festival dello Schleswig-Holstein con Leonard
Bernstein e alle manifestazioni di "Italia Viva" in
Brasile e Argentina con Lorin Maazel (1989), al Festival di Musica
Contemporanea di Vienna con Luciano Berio (1990) e al Pacific
Music Festival di Sapporo con Christian Thielemann (1993). Con
Daniele Gatti ha partecipato, in rappresentanza per l'Italia,
al Festival Europamusicale a Monaco di Baviera nel 1993 e ha
effettuato una tournée in Sud America nel 1994; nel 1995
ha tenuto una serie di concerti in alcune importanti città
italiane, ha partecipato al Festival delle Notti Bianche di San
Pietroburgo, alle manifestazioni per i 100 anni dei PROMS e nel
giugno del 1997 ha eseguito a Dresda il Requiem di Verdi. Con
Myung-Whun Chung ha tenuto, nel giugno del 1996, concerti in
Spagna, Portogallo e Belgio; nell'ottobre del 1997 in Corea,
Cina e Giappone dove, tra l'altro, ha partecipato per la seconda
volta (luglio 1998) al Sapporo Music Festival. L'attività
discografica dell'Orchestra e del Coro di Santa Cecilia, dopo
una lunga pausa seguita alle memorabili incisioni con la Decca,
è stata in questi ultimi anni molto intensa: ha inciso
per etichette prestigiose (oltre a Decca, Deutsche Grammophon,
Philips, Sony) il Rigoletto diretto da Sinopoli, Il Trovatore
diretto da Carlo Maria Giulini, musiche di Debussy con Bernstein,
i tre poemi sinfonici di Respighi con Daniele Gatti e duetti
celebri diretti da Myung-Whun Chung con Cecilia Bartoli e Bryn
Terfel. Insieme al Coro ha inciso la Bohème diretta da
Leonard Bernstein e, con il Maestro Chung, musiche di Beethoven,
un disco celebrativo per il 2750° anniversario della fondazione
della città di Roma e due cd di musica sacra, primi di
una serie dedicata al Giubileo del 2000. Di recente pubblicazione,
i Requiem di Fauré e Duruflé, premiati con il prestigioso
"Diapason d'or" e la Misa Tango di Luis Bacalov con
Placido Domingo.
Myung-Whun Chung, nato in Corea nel 1953, inizia giovanissimo
lo studio del pianoforte debuttando all'età di sette anni
con la Seoul Philharmonic Orchestra e proseguendo a New York,
gli studi di pianoforte e direzione d'orchestra. Come pianista,
Chung vince il secondo premio al Concorso Cajkovskij di Mosca
nel 1974. Mentre nel 1978 diventa Assistente e poi Direttore
associato di Carlo Maria Giulini alla Los Angeles Philharmonic.
In Europa, Chung ricopre i ruoli di Direttore musicale e Direttore
principale dell'Orchestra della Radio di Saarbrüken dal
1984 al 1990, Direttore ospite Principale del Teatro Comunale
di Firenze dal 1987 al 1992 e Direttore musicale all'Opéra
di Parigi dal 1989 al 1994. Fra le più prestigiose orchestre
europee e statunitensi con cui ha collaborato figurano i Berliner
Philarmoniker, il Concertgebouw di Amsterdam, la London Symphony
e la London Philharmonic, i Münchner Philarmoniker, l'Orchestre
National de France e l'Orchestre de Paris, l'Orchestra Filarmonica
della Scala, i Wiener Philarmoniker, la Boston Symphony, la Chicago
Symphony, la Cleveland Orchestra, la New York Philharmonic e
la Philadelphia Orchestra. Tra i numerosi i riconoscimenti della
critica a lui assegnati, il "Premio Abbiati" dalla
critica italiana e il Premio "Arturo Toscanini", mentre
nel 1992 il governo francese gli ha conferito la Legion d'Onore
per il contributo dato all'Opéra di Parigi. Un tour in
Estremo Oriente nel settembre 1995 con la Philharmonia Orchestra
ha rappresentato il suo debutto in Giappone: questi concerti
sono stati definiti "Migliori concerti dell'anno" dalla
stampa giapponese, così come quelli del novembre '96 quando
Chung è tornato con la London Symphony Orchestra. Dal
1990 il Maestro Chung ha un contratto esclusivo con la Deutsche
Grammophon, recentemente rinnovato fino al 2002. Oltre a produzioni
di musica sinfonica e lirica, è in corso di realizzazione
una serie di registrazioni dedicate alla musica sacra che lo
vedranno impegnato insieme all'Orchestra di Santa Cecilia di
cui Chung è Direttore principale dall'ottobre del 1997.
Già precedentemente ospite abituale dell'istituzione romana,
ne ha diretto il Coro a Parigi in occasione delle "Giornate
Mondiali della Gioventù" e l'Orchestra in due acclamate
tournée in Estremo Oriente. Molti gli impegni futuri con
l'Accademia: ai progetti discografici e ai concerti nelle stagioni
dell'ente, si aggiungeranno numerose tournée in tutto
il mondo, i festival monografici e il Festival di Pasqua, oltre
ai numerosi appuntamenti con la grande musica sacra legati alle
celebrazioni per il Giubileo del 2000. Parallelamente alla sua
attività musicale, Myung-Whun Chung è molto impegnato
sul fronte umanitario e dell'ecologia. Dal 1992 è Ambasciatore
per il "Drug Control Program" alle Nazioni Unite (UNDCP).
Nel dicembre 1995 è stato nominato "Man of the Year"
dall'UNESCO e nel 1996 il governo della Corea gli ha conferito
il "Kumkuan", il più importante riconoscimento
in campo culturale del suo paese. Dal 1994 ha lanciato una serie
di progetti mirati a stimolare l'interesse dei bambini coreani
alle problematiche ambientali attraverso i festival musicali.
Attualmente ha l'incarico di Ambasciatore onorario per la Cultura
per la Corea, il primo nella storia del suo paese.
IL PROGRAMMA
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Quarta Sinfonia in si bemolle maggiore op. 60
Adagio - Allegro vivace
Adagio
Allegro vivace
Allegro ma non troppo
Quinta Sinfonia in do minore
op. 67
Allegro con brio
Andante con moto
Allegro
Allegro
Ludwig van Beethoven
Quarta Sinfonia in si bemolle maggiore op. 60
La Quarta Sinfonia
fu composta tra l'estate e l'autunno del 1806 e dedicata al conte
Oppersdorf, che ne fu anche il committente. Schumann la paragonò
a "una slanciata fanciulla greca tra due giganti nordici",
per il suo singolare e non del tutto felice destino di occupare
la posizione intermedia tra l'Eroica e la Quinta.
Scritta di getto, questa sinfonia "... è un puro
fiore che conserva il profumo dei giorni più calmi della
sua vita. ... Ignaz von Seyfried e Grillparzer dicono ch'egli,
in quel periodo, appariva pieno di brio, vivo, giocondo, spiritoso,
cortese, paziente con gli importuni, vestito in maniera ricercata,
così abile che nessuno quasi, poteva accorgersi della
sua sordità e che, a parte la debolezza della vista, si
presentava assai bene. È così che appare in un
ritratto, d'una eleganza romantica e un po' affettata, dipinto
da Maethler. Beethoven vuole piacere e sa di piacere: il leone
è innamorato e tien nascosti gli artigli. Ma sotto gli
scherzi, sotto le fantasie e la tenerezza della Sinfonia in si
bemolle si scoprono la forza terribile, l'umore capriccioso e
gli scoppi di collera" (Romain Rolland).
Pur rappresentando un momento di distensione, emotivo e lavorativo,
dopo le fatiche di un furore creativo che aveva dato alla luce
la Terza Sinfonia, l'Appassionata, i Quartetti Razumovskij e
i due primi movimenti della Quinta (allora già composti),
la Quarta è lungi dall'essere un lavoro minore. Lo stile
e il linguaggio sono ormai assolutamente personali, affrancati
da ogni ombra e insidia settecentesca, anche se l'atmosfera generale
e il recupero dell'equilibrio tipico del classicismo più
maturo la avvicinano molto alle sue due prime sinfonie.
Il procedere per "coppie" di opere dal carattere contrastante
(la n. 4 e la n. 5, la n. 7 e la n. 8, la n. 9 e l'ipotetica
n. 10) ha fatto sì che nell'Ottocento le sinfonie con
numeri pari venissero sottovalutate. "Beethoven veniva considerato
troppo unilateralmente come l'uomo dell'Eroica, dell'Appassionata.
Ma le sinfonie pari sono altrettanto autenticamente beethoveniane,
rispecchiando in modo ugualmente fedele e significativo la sua
personalità" (Paul Mies).
Beethoven, dopo e nonostante la Terza, seppe rinunciare con la
Quarta Sinfonia alla grandiosità e al titanismo eroico
in favore di una leggera trasparenza, un elegante gioco strumentale,
una sensibilità sottile e acuta, un'affabilità
tutta interiore.
Nell'orchestrazione della Quarta si consolida tra l'altro uno
dei tratti più caratteristici del sinfonismo beethoveniano:
i temi vengono costruiti ed elaborati frammentariamente dai vari
strumenti e questi non hanno più ruoli fissi, convenzionali
(melodia, ripieno, basso), ma ciascuna famiglia viene impiegata
liberamente secondo ragioni strutturali o poetiche (l'esempio
estremo è rappresentato dai timpani, spesso impiegati
anche in funzione tematica). Nel caso di questa sinfonia sono
i fiati ad avere un ruolo e un peso decisamente evidenti all'interno
di ciascuno dei quattro movimenti. A partire dall'Adagio iniziale,
chiaro omaggio a Haydn, e quindi nell'Allegro vivace che segue,
dove clarinetti e fagotti accompagnano il primo tema dei violini
e lo sviluppo è risolto dal rincorrersi dei legni. L'Adagio
è un vero e proprio omaggio ai clarinetti, cui è
affidata la seconda idea tematica, qui trattati con una sensibilità
tutta romantica, mentre troviamo evocazioni bucoliche dei legni
nel trio del terzo tempo.
Quinta Sinfonia in do minore
op. 67
Dopo la Terza Sinfonia
che l'aveva inaugurato, lo stile "eroico" ricompare
eloquente con la Quinta, dedicata al principe Lobkowitz e al
conte Razumovskij.
Il più eseguito e conosciuto dei nove capolavori sinfonici
beethoveniani ebbe una lunga gestazione: i primi schizzi risalgono
al 1800, le prime pagine al 1804, ulteriori periodi di lavoro
al 1806 e la stesura definitiva data tra l'aprile del 1807 e
l'aprile del 1808. La prima esecuzione pubblica avvenne il 22
dicembre 1808 in un concerto memorabile diretto da Beethoven
stesso al teatro An der Wien.
"Per quanto la si ascolti, nelle sale pubbliche o private,
ogni volta la Quinta esercita su tutti, e a tutte le età,
un fascino impressionante: come quei fenomeni della natura che
per quanto frequenti, riempiono ogni volta di sorpresa e di sbigottimento"
(Robert Schumann).
Tra le ragioni di un tale successo non intaccato dal tempo sta
sicuramente il fatto che Beethoven con questa composizione portò
il genere della sinfonia, congiuntamente alla propria tecnica
compositiva, a un grado altissimo di maturità e di perfezione,
tanto che la Quinta è considerata il paradigma del sinfonismo,
non solo beethoveniano. In essa si trovano infatti tutti i tratti
più distintivi e più innovativi del linguaggio
musicale del maestro di Bonn, il cui merito più grande
fu quello di mettere a frutto completamente le risorse espressive
di un genere musicale senza stravolgerne la forma o il linguaggio
armonico tradizionali.
Il tratto distintivo più noto e che emerge più
evidente in questa sinfonia è la capacità di Beethoven
di dare vita a temi ben delineati, ben riconoscibili, formati
da brevissime cellule motiviche, di saperli elaborare all'infinito
e di svilupparli per un intero movimento: il primo tempo della
Quinta vive solamente in funzione del motivo ritmico di quattro
note ("Così il Destino batte alla porta", scrisse
l'autore), in ogni nuova formula melodica, ogni applicazione
contrappuntistica, ogni raggruppamento strutturale, senza mai
dare l'impressione di una ripetizione continua. Un altro elemento
di novità rispetto ai predecessori, agli stessi Mozart
e Haydn, è rappresentato dalla netta contrapposizione
tra il primo e il secondo tema, che si trasformano quasi in due
personaggi di un dramma: il secondo soggetto dell'Allegro con
brio è dolce e cantabile e ben presto viene sopraffatto
dal primo vigoroso e robusto.
Poi spiccano le dimensioni; il principio del contrasto e quello
dello sviluppo si rivelano potenti risorse che per "sfogare"
hanno bisogno di più ampie dimensioni, di limiti meno
ristretti. Ciascun movimento si allunga notevolmente, senza mai
perdere il senso delle proporzioni, senza mai sacrificare la
coerenza e soprattutto acquistando una forte unità; decisivo
in questo senso il nuovo ruolo assunto dal finale nel quale si
risolvono tutte le tensioni accumulate precedentemente, quelle
psicologiche, melodiche, armoniche e ritmiche. L'unità
è inoltre raggiunta attraverso il richiamo e il ricorrere
di cellule tematiche o ritmiche all'interno dei vari movimenti:
il motto iniziale ricompare in punti cruciali del terzo e del
quarto tempo, che tra l'altro si susseguono senza soluzione di
continuità.
Massimo Mila aveva individuato una caratteristica della musica
di Beethoven nella forza. Forza intesa non come violenza, ma
come robustezza, incisività, capacità di sommuovere
e trascinare. Come nella Terza Sinfonia, anche nella Quinta questa
forza esplode in tutta la sua potenza e questo carattere "eroico",
unito alle parole del compositore e alla natura dialettica della
musica, hanno fatto sì che le sia stato attribuito il
soprannome di "Sinfonia del Destino", simboleggiante
la lotta vittoriosa (come dimostra il carattere gioioso del finale),
dell'uomo sul fato.
La "Sinfonia in do minore" non è stata concepita
dal suo autore secondo un programma ed ebbe forse ragione Igor
Stravinsky nel rifiutare ogni connessione extra-musicale: "Ciò
che conta è solo la musica. ... Si deve salvare Beethoven
dalla tirannia ingiustificata degli "intellettuali".
Bisogna consegnarlo a coloro che non cercano nulla nella musica
oltre alla musica".
Marina Pantano
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