Goran Bregovic
chitarra, sintetizzatore, percussioni e voce
Ognjen Radiovojevic
percussioni e voce
Weddings and Funerals Band
Bokan Stankovic
tromba, cornamusa, flauti
Dragan Celevski, Jovan Maljokovic,
Goran Odovic, Igor Ilic, Dejan Manigodic,
Zivorad Barjamovic
fiati
Voci Bulgare
Lidia Dakova - Ilieva
Ludmila Radkova - Lubenova
Snejanka Borisova - Borisova
Daniela Radkova - Lubenova
Pedja Milanovic, Djeordje
Jankovic
tecnici del suono
Nato a Sarajevo da madre serba
e padre croato, Goran Bregovic, dopo alcuni anni di conservatorio,
dove studia senza entusiasmo il violino, fonda il suo primo gruppo
rock a 16 anni, e diventa rapidamente un habitué degli
ambienti artistici della capitale bosniaca dove, nella metà
degli anni Settanta incontra Emir Kusturica, all'epoca cineasta
amatoriale e bassista di un gruppo rock. Il legame che unisce
Bregovic a Kusturica non ha nulla a che vedere con un'infatuazione
o con una situazione di circostanza. Al di là della loro
collaborazione professionale, già coronata dal successo
de Il Tempo dei Gitani, Arizona Dream e Underground, è
esistito tra i due un legame molto forte. Prime sbandate, prime
bevute e, soprattutto, stesso amore smodato verso il rock, simbolo
di ribellione ai limiti della legalità. Dopo il tempo
della contestazione venne quello del rientro a scuola. Emir partì
per Praga, per frequentare la prestigiosa scuola di cinema, Goran
proseguì invece gli studi di filosofia e di sociologia,
che l'avrebbero portato certamente a insegnare se l'enorme successo
del suo primo disco non avesse deciso altrimenti.
Seguono quindici anni con il suo gruppo White Button, durante
i quali Goran interpreta fino alla nausea il ruolo dell'idolo
giovanile, un ruolo sfibrante da cui si libera alla fine degli
anni Ottanta, quando compone la colonna sonora de Il Tempo dei
Gitani. Ben presto, però, scoppiano i disordini in Jugoslavia
e Goran si vede costretto ad abbandonare tutto per trasferirsi
in Francia, dove ritrova il suo amico di sempre. Provenienti
dallo stesso ambiente e dalla stessa generazione, scampati agli
stessi pericoli, Goran Bregovic e Emir Kusturica hanno formato
un tandem nel quale la complicità è tale da non
aver bisogno di parole per esprimersi. Come Nino Rota per Fellini
o Michael Nyman per Greenaway, Goran ha avuto carta bianca per
comporre le musiche de Il Tempo dei Gitani, Arizona Dream e Underground.
Il risultato è all'altezza dei film: lirico, innovatore
e particolarmente ispirato. Compositore istintivo, Goran ha volontariamente
lasciato in cantina tutti i miraggi dell'ultra-sofisticazione
e del perfezionismo che troppo spesso relegano le musiche da
film al rango di semplici illustrazioni sonore. Le sue composizioni,
al contrario, prendono in prestito dal folklore misconosciuto
dei Balcani ciò che vi è di più brutale,
di più selvaggio: in una parola, di più vivo. Nel
'94, Patrice Chereau gli ha commissionata le musiche del suo
film La Reine Margot; Goran ha quindi composto una musica maestosa
in cui ha introdotto accenti rock, come nella scena del massacro
della notte di San Bartolomeo.
A Bregovic si deve ancora la musica di Underground, il penultimo
film di Kusturica che ha vinto la Palma d'oro al Festival di
Cannes, in cui ha attinto allo straordinario repertorio delle
fanfare d'ottoni balcaniche. Da quando nel 1985 abbandonò
il rock puro, Bregovic non ha più eseguito musiche dal
vivo. Egli ha quindi preparato un concerto dal vivo, con un programma
di sue composizioni per il cinema. Le partiture che ha scritto
per l'occasione prevedono un organico molto numeroso, che comprende
il suo ensemble, composto da strumentisti e cantanti tradizionali,
oltre a una fanfara di ottoni, con l'aggiunta di un'orchestra
d'archi e di un coro di voci maschili. Il concerto è già
stato eseguito, con grandissimo successo, ad Atene, Stoccolma,
Bruxelles, Varsavia e, la scorsa estate, in Italia a Torino,
Milano, Ferrara, Trieste, Cesena e Catania.
IL PROGRAMMA
"Music For Movies"
Tango (Ausencia) (5)
The War (5)
Canzone tradizionale bulgara
Canzone tradizionale bulgara
Kalasnikov (5)
Canto Nero (4)
7/8 - 11/8 (3)
The Hunt (4)
Ringe Ringe Raja
Underground Cocek (5)
Death (3)
Kuduz - The Belly Button of The World (2)
In the Death Car (3)
Ederlezi (1)
Mesecina (5)
Caje Sukarije
1) da Il Tempo dei Gitani di
Emir Kusturica
2) da Kuduz di Ademir Kenovic
3) da Arizona Dream di Emir Kusturica
4) da La Reine Margot di Patrice Chereau
5) da Underground di Emir Kusturica
Rock, cinema e Balcani
Ci sono musiche che da sole evocano celebri sequenze cinematografiche,
senza bisogno del corredo visivo. Le lancinanti note di armonica
che risuonano periodicamente in C'era una volta il West. La melodia
malinconica e ciondolante che accompagna Giulietta Masina ne
La strada. I crescendo minimalisti che contribuiscono a rendere
sibillino I Misteri dei giardini di Compton House. E quel galoppante
suono di fanfara che ci fa pensare immediatamente a Underground.
Come Morricone per Leone, Rota per Fellini e Nyman per Greenaway,
Goran Bregovic è l'inseparabile partner musicale di Emir
Kusturica. Inseparabile anche ora che la separazione tra i due
si è consumata, per di più in modo burrascoso.
Ciò non toglie che ogni volta che sentiamo quelle musiche,
pensiamo a quei film. E viceverr_, se la proiezione fosse muta.
Frutto - le une e gli altri - di una relazione amicale e poi
anche artistica nata nel cuore della bohème giovanile
che animava Sarajevo negli anni Settanta. Quando ancora la varietà
etnica della capitale bosniaca sembrava fonte di ricchezza e
gioia, anziché di miseria e odio.
Kusturica, aspirante videomaker, suonava il basso in un gruppo
rock chiamato - all'inglese - No Smoking, mentre Bregovic era
già un piccolo divo con i White Button: si conobbero,
si piacquero e cominciarono a frequentarsi. "A quei tempi
il rock aveva un ruolo fondamentale nella nostra vita",
ricorda il compositore slavo, "era l'unica possibilità
che avevamo di far sentire la nostra voce". E per dedicarsi
- adolescente - al rock, Bregovic aveva abbandonato prematuramente
lo studio del violino al Conservatorio di Sarajevo. Kusturica,
invece, pur di studiare, si trasferì in seguito a Praga,
iscrivendosi all'accreditata scuola di cinema che ha sede là.
I due si ritrovarono a Parigi, verso la fine degli anni Ottanta,
adulti ormai: Bregovic disilluso dal rock e turbato dalle crescenti
tensioni razziali in patria, Kusturica regista già premiato
a Cannes nel 1985 per il toccante Papà è in viaggio
d'affari. Che fosse il primo a curare le musiche per il nuovo
film del secondo era persino ovvio, a quel punto. Risultato:
Il tempo dei gitani (1989). Tre anni dopo, i due sbarcano oltreoceano:
Arizona dream è l'America secondo Kusturica.
E secondo Bregovic, che nell'occasione recluta la ruvida voce
del pioniere punk Iggy Pop. Ancora tre anni e siamo all'apoteosi
di Underground, altra Palma d'Oro da esibire sulla Croisette.
Dopodiché il divorzio: ognuno per la sua strada.
Restano i film e le musiche che ne sono complemento sonoro, come
si diceva. E di quelle musiche Bregovic rivendica orgogliosamente
la paternità, cercando di farle continuare a vivere di
vita propria. Su disco - la collezione antologica "Ederlezi",
del 1998 - e poi anche dal vivo, in uno spettacolo detto appunto
"Music For Movies".
Non si esibiva in pubblico dal lontano 1985, quando cioè
pose fine all'avventura dei White Button, e ha ricominciato a
farlo l'altr'anno, in grande stile. Accanto e intorno a lui:
il gagliardo percussionista Ognjen Radivojevic, altresì
baffuto capobanda della fanfara di ottoni Weddings And Funerals,
un quartetto di Voci Bulgare e l'Orchestra d'Archi di Poznan
con Coro di Belgrado al seguito. Un'assise di artisti slavi e
balcanici che personifica efficacemente la complessità
delle musiche che è chiamata a interpretare, a loro volta
nitido riflesso del movimentato tragitto creativo compiuto dall'autore.
Riecheggia là l'eco vaga e lontana degli studi accademici,
mentre più pronunciata è l'influenza esercitata
dagli anni trascorsi a suonare rock. Ne è tuttavia elemento
fondante la tradizione popolare dei Balcani, e in modo particolare
la vena gitana che l'attraversa, ancora oggi così "strana"
al nostro orecchio, con i suoi intervalli asimmetrici, le dissonanze
petulanti, la naturale predisposizione alla polifonia. L'approccio
di Bregovic a quei canoni è rispettoso ma non ortodosso,
convinto com'egli è che avere radici profonde serva soprattutto
a rendere robusti i rami che si protendono verso il mondo. Detto
fuor di metafora, un cosmopolitismo che non rinnega, e anzi valorizza
trasformandola, la cultura di appartenenza.
Esemplare, da questo punto di vista, l'impiego di voci "straniere"
come quelle della capoverdiana Cesaria Evora, nella colonna sonora
di Underground, e dell'israeliana Ofra Haza, nella Regina Margot
del registra francese Patrice Chereau, che insieme a Kuduz di
Ademir Kenovic costituisce finora il côté "non
kusturiziano" nel curriculum del personaggio.
Con identica naturalezza, inoltre, Bregovic concilia le sonorità
"organiche" del folclore slavo con quelle "sintetiche"
erogate dalle moderne tecnologie applicate alla musica. Suona
tastiere elettroniche, in studio e dal vivo, e riesce ad armonizzarne
l'algida artificialità con l'esuberante rozzezza delle
ance da "matrimoni e funerali".
Ecco, se c'è un principio a cui il compositore, arrangiatore
e produttore di Sarajevo non si attiene, è quello della
"purezza". Categoria dello spirito che applicata in
modo pedissequo alla realtà non può che produrre
danni.
Ne si chieda conferma a lui, come a qualsiasi altro ex-jugoslavo
che abbia dovuto pagare il prezzo di un conflitto alimentato
proprio da un malinteso senso della "purezza". Perciò
non è illegittimo attribuire alle musiche di Goran Bregovic
anche una funzione di testimonianza politica, per quanto implicita
anziché esplicita.
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