Open Trios
Giovanni Bietti, pianoforte
Pasquale Laino, sax soprano
Matteo Agostini, sax baritono
Luca Caponi, vibrafono
Riccardo Manzi, chitarra elettrica a 7 corde
Alessandro Canini, batteria e percussioni
con la partecipazione di
Alessandro Gwis, tastiera
Di recentissima formazione,
Open Trios nasce dall'incontro tra la ricerca sulla forma e
sull'organizzazione dei materiali della tradizione classica e
la forza comunicativa dell'improvvisazione. Oggi si sente spesso
parlare di crisi del jazz, o di crisi della musica contemporanea:
siamo convinti che tali crisi siano il frutto di un atteggiamento
specialistico che poco ha a che vedere con l'arte. Il compositore
è sempre meno interprete, l'interprete classico non è
più capace di improvvisare liberamente, il musicista jazz
è spesso in difficoltà di fronte alla scrittura
musicale. È appena il caso di ricordare che queste rigide
suddivisioni dei ruoli non esistevano all'epoca di Mozart o di
Chopin. Crediamo dunque che sia giunto il momento di prendere
ciò che di più vitale e profondo le due tradizioni
hanno saputo esprimere per trovare una sintesi, un reale punto
di incontro che si manifesti, tra l'altro, in un modo nuovo e
antico al tempo stesso di suonare e di concepire il rapporto
tra composizione, interpretazione e improvvisazione. Il gruppo
è formato da musicisti di provenienza ed estrazione molto
diversa.
Giovanni Bietti, il
direttore e fondatore, è compositore, musicologo e pianista,
e le sue composizioni sono state in programma tra l'altro al
Festival Internazionale di Edimburgo, alla Schauspielhaus di
Berlino, al Festival Internazionale di Kuhmo (Finlandia), all'Accademia
Nazionale di Santa Cecilia in Roma, eseguite da interpreti quali
il violinista Thomas Zehetmair e il pianista Boris Berezhovskij.
I percussionisti Alessandro Canini e Luca Caponi sono attivi
nella musica classica e contemporanea (Ars Ludi Ensemble, G.
Schiaffini, M. Hirayama), nel rock, nella musica etnica. I sassofonisti
Pasquale Laino e Matteo Agostini hanno suonato nell'Orchestra
Nazionale Giovanile di Jazz e svolgono regolare attività
cameristica; Pasquale suona nel Quartetto "Arundo Donax"
di Mari Raja ed è da anni il sassofonista del cantautore
Mango. Riccardo Manzi è il chitarrista del gruppo "KlezRoym",
e ha lavorato nella produzione di colonne sonore (Jerusalem Film
Festival, Sundance Festival).
Il nostro ospite Alessandro Gwis è considerato uno dei
migliori giovani musicisti jazz italiani. Pianista e tastierista
del gruppo "Aires Tango", ha suonato tra gli altri
con Enrico Rava, Antonello Salis, Stefano di Battista, Ben Sidran,
Kurt Rosenwinkle, oltre ad avere svolto una intensa attività
nel campo della musica leggera, tra gli altri con Gianni Morandi.
IL PROGRAMMA
Cajkovskij-Ellington-Bietti
Nutcracker Suite
1 Ouverture miniature
2 Danza cinese
3 La Fée pralinée
4 Danza araba
Ellington-Debussy-Bietti
Such Sweet Thunder Suite
1 Half the fun
2 La danse de Puck
3 Sonnet for Caesar
4 Madness in great ones
Grieg-Ellington-Bietti
Peer Gynt Suite
1 Mattino africano
2 La danza di Anitra
3 La morte di Ase
4 Il Re della montagna
Ellington-Bietti
Due Standards
1 Caravan
2 Fleurette Africaine
Nel percorso artistico
di Open Trios, l'incontro con la figura e la musica di Duke Ellington
ha costituito una tappa obbligata. Nessun altro grande musicista
di tradizione jazzistica ha infatti avuto un rapporto così
fertile con la tradizione classica, nessuno ha posto in maniera
così evidente al centro della propria ricerca i valori
della forma musicale, dell'equilibrio sonoro, del rapporto tra
composizione e improvvisazione. È dunque evidente come
per il nostro gruppo, il cui intento è proprio quello
di creare una nuova sintesi tra la tradizione classica e quella
jazzistica, l'opera di Ellington costituisca un punto di riferimento
imprescindibile.
"The Ellington Path", il nostro omaggio a Duke, è
costituito da mie ri-composizioni di brani tratti da tre importanti
opere della maturità del musicista: le Suites orchestrali
Nutcracker Suite (dallo Schiaccianoci di Cajkovskij), Peer Gynt
Suite (da Grieg) e Such sweet thunder Suite (una splendida raccolta
di brani originali dedicati a vari personaggi shakespeariani).
Sono inoltre presenti due celebri standards ellingtoniani, in
una versione da me completamente ricomposta.
Ri-composizione: ho già usato questo termine due volte;
sarà dunque il caso di giustificarlo e di illustrarlo
all'ascoltatore. I brani di "The Ellington Path" si
distaccano considerevolmente sia dagli originali (di Grieg, Cajkovskij
o dello stesso Duke) sia dalle rielaborazioni ellingtoniane.
L'attenzione verso l'organizzazione della forma, ad esempio,
è certamente maggiore di quella dimostrata da Ellington
e allo stesso tempo è meno strettamente vincolata ai canoni
classici di quanto non lo siano gli originali ottocenteschi.
Nella Ouverture che apre Nutcracker Suite, Duke dimostra chiaramente
di non essere interessato al rispetto della forma-sonata, fermandosi
dopo l'esposizione del secondo tema, ossia sulla dominante. Nella
mia versione, che recupera il titolo originale di Ouverture miniature,
ho invece completamente ricomposto la ripresa attraverso una
serie di brevissimi soli (la presentazione solistica, in successione,
di tutti gli strumenti), un accenno al secondo tema e una variazione
degli elementi conclusivi. La forma appare dunque più
ellittica e "novecentesca" rispetto a Cajkovskij, ma
decisamente più "classica" rispetto a Duke -
o forse essa è per Duke un pretesto, per il musicista
russo un contenitore convenzionale, mentre per me diventa il
centro espressivo del brano.
Il ruolo dell'improvvisazione appare allo stesso tempo ridotto
e ampliato. Rispetto ai tradizionali arrangiamenti jazzistici
i soli sono spesso incredibilmente brevi (a volte soltanto quattro
o otto battute); questo fatto costringe tuttavia l'interprete
a un'attenzione molto maggiore verso l'equilibrio complessivo
del brano, a concentrare ciò che ha da dire e a renderlo
compatibile con il carattere e la forma complessiva. In alcuni
brani sono comunque presenti interventi solistici molto più
estesi, vere e proprie discontinuità di tessuto musicale,
nei quali all'interprete è riservata grande libertà
stilistica - tali sono, ad esempio, il solo di chitarra che conclude
La Fée pralinée e l'ampio solo di vibrafono nella
seconda parte di Anitra's dance.
La varietà di stili esecutivi è una delle caratteristiche
salienti di Open Trios, i cui componenti provengono dalle esperienze
musicali più disparate, ed è dunque normale che
tale varietà si rifletta nel carattere dei diversi brani:
così la Danza cinese e la Danza araba assumono nella mia
versione una connotazione più apertamente "etnica",
sia pure mediata attraverso, rispettivamente, Ravel e Bartók.
Il mattino, che nella versione di Ellington è addirittura
più dolciastro dell'originale, si trasforma per noi in
Mattino africano.
Il carattere di sintesi delle elaborazioni si riflette anche
nell'organico, che riunisce in sé alcune caratteristiche
della band jazzistica e altre più evidentemente derivate
dalla tradizione cameristica classica e contemporanea, in particolare
l'assenza del basso e l'uso di strumenti riuniti a coppie (due
fiati, due strumenti a corda e due percussioni). Ne risulta uno
stile esecutivo inusuale, che fonde il "respiro" cameristico
all'impulso dinamico jazzistico, il rigore quasi contrappuntistico
della scrittura alla libertà improvvisativa.
Credo che sia a questo punto superfluo illustrare nel dettaglio
tutti i singoli brani di "The Ellington Path". Un breve
discorso a parte meritano comunque alcuni numeri di Such sweet
thunder, composizioni originali di Duke che mostrano a mio parere
notevoli influenze della tradizione classica. Madness in great
ones ("La pazzia nei grandi"), ispirato alla pazzia
di Amleto, utilizza a profusione gli effetti di "straniamento"
e di rottura della logica musicale tipici delle più note
scene di follia dell'opera lirica, come quella celebre in Lucia
di Lammermoor; Half the fun, ispirato all'amore di Antonio e
Cleopatra, è chiaramente modellato su La puerta del vino,
lo splendido Preludio di Debussy citato dal pianoforte al termine
della mia elaborazione: stessa tonalità, stesso ritmo
ostinato di habanera, perfino alcuni elementi melodici comuni.
Questo evidente richiamo mi ha spinto a realizzare un accostamento
piuttosto audace: il brano successivo non è infatti di
Ellington, ma di Debussy. È una rielaborazione dell'unico
Preludio dedicato a un personaggio shakespeariano, Puck (nella
mia versione appare anche il tema del brano di Ellington dedicato
allo stesso personaggio, Up and down); un "omaggio nell'omaggio",
l'evocazione di uno dei musicisti che Duke amava di più
e che, per sua stessa ammissione, aveva avuto grande influenza
sulla sua concezione musicale.
Giovanni Bietti
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