Martedì 21 settembre 1999
ore 21 - Auditorium Giovanni Agnelli Lingotto

London Symphony Orchestra
Andrew Marriner - clarinetto
Sir Colin Davis - direttore


La London Symphony Orchestra è la più antica orchestra londinese ed è stata la prima in Inghilterra a gestirsi in piena autonomia. Fondata nel 1904, l'Orchestra ha lavorato con celebri direttori quali Hans Richter, Arthur Nikisch e, più recentemente, André Prévin e Claudio Abbado. Michael Tilson Thomas è stato direttore dal 1988 e Sir Colin Davis gli èsucceduto nel 1995. Negli ultimi anni la LSO si è costruita una reputazione che non ha rivali per eccellenza e innovazione. Queste caratteristiche le sono state riconosciute attraverso l'assegnazione del primo Philarmonic Society Orchestral Award e del Classical Music Award dell'Evening Standard per "Superlativa Performance d'Ensemble", per due anni consecutivi. Dopo aver eletto come propria sede il Barbican Centre nella City londinese, la LSO ha pionieristicamente lanciato festival multidisciplinari, elevandoli a eventi di centrale importanza nella vita culturale della città. I più recenti successi, acclamati dalla critica, comprendono i concerti del "Brahms Centenary", "Shostakovich 1906-1975", le celebrazioni per i 70 anni di Pierre Boulez e Mstislav Rostropovich e il "Sybelius Cycle". La LSO fece il suo primo tour negli Stati Uniti nel 1912 e ha mantenuto la sua reputazione internazionale con tournée regolari in tutto il mondo fino a oggi. Anche nel 1998 la LSO ha viaggiato in Giappone, Israele e in tutta Europa. L'attività concertistica è solo una parte della vita dell'orchestra. Oltre alle registrazioni con i maggiori direttori e solisti e alla produzione di colonne sonore (tra cui Guerre Stellari, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Braveheart), la LSO si dedica all'educazione musicale; gestisce progetti pilota nelle scuole primarie, secondarie e specializzate e ha avviato lo Shell LSO Music Scholarship, con il quale ha aiutato molti giovani musicisti a iniziare la loro carriera. Una recente realizzazione è il Music Explorer, un video di 90 minuti con la LSO e Sir Colin Davis abbinato a un libro di Richard McNicol; è concepito per guidare insegnanti, genitori e alunni all'ascolto e comprensione della musica classica, partendo dalle Quattro Stagioni di Vivaldi per arrivare sino all' Uccello di Fuoco di Stravinsky. La LSO si esibisce nelle carceri e per gli anziani in case di riposo, ospedali e centri diurni a Londra e nella regione londinese. La LSO ha recentemente lanciato "Living Music", una rivista che raccoglie interviste ai direttori di punta e ai solisti dell'Orchestra, e note e saggi sulle musiche in programma.

Andrew Marriner ha alle spalle un'intensa attività di solista e strumentista da camera, così come di primo clarinetto della London Symphony Orchestra e dell'Academy of St. Martin-in-the-Fields. Impegni recenti lo hanno visto esibirsi in prime mondiali di lavori scritti appositamente per lui: The Repentant Thief di John Taverner e un concerto di Dominic Muldowney. I suoi impegni futuri prevedono una performance del Concerto per clarinetto di Mozart con la London Symphony sotto la direzione di Antonio Pappano e un invito con la World Orchestra of Peace, un'iniziativa di Georg Solti che risale a poco prima della sua scomparsa, per l'inaugurazione della nuova sala da concerto di Baden Baden.

Sir Colin Davis, nato nel 1927, comincia la propria carriera come Secondo direttore dell'Orchestra della BBC scozzese nel 1957 e si trasferisce al Sadler's Wells nel 1959 come Primo direttore e quindi Direttore musicale. Nel 1971, dopo quattro anni come Direttore stabile della BBC Symphony Orchestra, diventa Direttore musicale della Royal Opera House, nell'anno seguente è ospite principale della Boston Symphony, dal 1983 al '92 dirige l'Orchestra della Radio Bavarese e dal 1990 ricopre l'incarico di Direttore onorario della Staatskapelle di Dresda. Sir Colin Davis ha inciso con la Philiphs, la BMG e la Erato. Nella scorsa stagione ha diretto i Bayerischer Rundfunk e Sir Alfred Brendel nei concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven, una serie di concerti di Elgar con la LSO, oltre ad affrontare l'impegno di una produzione dell'Ariadne di Strauss alla Dresden Staatsoper. All'attuale tour italiano seguirà l'impegno di un "Festival Berlioz" e l'esecuzione, tra Londra e Parigi, di opere dell'autore francese in forma di concerto, del Te deum e del Requiem. Sir Colin Davis è stato insignito di riconoscimenti internazionali in Italia, Francia, Germania e Finlandia. In Inghilterra, i più recenti sono stati la Royal Philharmonic Society Gold Medal nel 1995 e l'Incorporated Society of Musicians Distinguished Musicians Award nel 1996. Nel 1965 è diventato Commander of the British Empire e Cavaliere nel 1980.

LONDON SYMPHONY ORCHESTRA
Principal Conductor: Sir Colin Davis, CBE
Principal Guest Conductor: Michael Tilson Thomas
Conductor Laureate: André Prévin
Associate Guest Conductor: Richard Hickox

VIOLINI PRIMI
Alexander Barantschik, Leader
Lennox Mackenzie, Sub-Leader
Min Yang
Michael Humphrey
Robin Brightman
Nigei Broadbent
Cinette Decuyper
Carmine Lauri
Claire Parfìtt
Flizabeth Pigram
Laurent Quenelle
Colin Renwick
Kobert Retailick
Jan Rhodes
Sylvain Vasseur
Nicole Wilson

VIOLINI SECONDI
Evgeny Crach, PrincipaI
Warwick Nili, Co-PrincipaI
Richard Blayden
Norman Clarke
Matthew Cardner
David Coodali
Jan McDonough
Belinda McFarlane
Joyce Nixon
Tom Norris
Sarah Quinn
Paul Robson
Stephen Rowlinson

VIOLE
Paul Silverthorne, PrincipaI
Andrly Vlytovych, Co-Principal
Peter Norrise, Sub-PrincipaI
Duff Burns
Gillianne Haddow
Malcom Johnston
Robert Turner
Elisabedi Varlow
Jonathan Walch
Gma Zagni
Brian Clarke
David Hume

VIOLONCELLI
Moray Welsh, PrincipaI
Matthew Barley, Co-PrincipaI
Ray Adams, Sub-Principal
Jennifer Brown
Maq Bergin
Alastair Blayden
Noci Bradshaw
Nichoin Gethin
Hiiary Jones
Francis Saunders

CONTRABBASSI
Rinat Ibragimov, Principal
Colin Paris, Co-PrincipaI
Nicholas Worters, Sub-PrincipaI
Patrick Laurence
Gerald Newson
Matthew Gibson
Jonathan Vaughan
Axel Bouchaux

FLAUTI
Paul Edmund-Davies, PrincipaI
Sam Coles, Guest Principal
Martin Parry
Sarah Newbold

OBOI
Roy Carter, PrincipaI
Kleron Moore, PrincipaI
John Lawley

CORNO INGLESE
Chiristine Pendrill, Principal

CLARINETTI
Andrew Marriner, Principal
Tim Lines, Principal
Chi-Yu Mo

FAGOTTI
Rachel Gough, Principal
Robert Bourton, Principal
Nicholas Hunka
Dominic Morgan

CONTROFAGOTTO
Dominic Morgan

CORNI
David Pyatt, Principal
Richard Clews
William Haskins
Jonathan Lipton
Tim Jackson

TROMBE
Rod Franks, Principal
Gerald Ruddock
Nigel Gomm

TROMBONI
Jan Bousfìeld, Principal
James Maynard
Robert Hughes

TUBA
Patrick Harrild, Principal

TIMPANI
Kurt-Hans Goedicke, Principal

PERCUSSIONI
Neil Percy, Principal
Simon Carrington, Principal
David Jackson


IL PROGRAMMA

Wolfgang Amadeus Mozart
(1756-1791)
Ouverture da La clemenza di Tito K. 62J
Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore K. 622
Allegro
Adagio
Rondo. Allegro

Antonin Dvorak
(1841-1904)
Nona Sinfonia in mi minore op. 95 "Dal nuovo mondo"
Adagio - Allegro maestoso
Largo
Scherzo. Molto vivace
Allegro con fuoco

Praga autunno 1791
Per celebrare l'incoronazione dell'imperatore Leopoldo Il a re di Boemia, i rappresentanti degli stati elettori firmarono un contratto con Domenico Guardasoni affinché organizzasse l'allestimento di una nuova opera da eseguirsi al Teatro Nazionale di Praga il 6settembre 1791. L'impresario propose La clemenza di Tito, un soggetto piuttosto frusto di Metastasio datato 1734 e già messo in musica una ventina di volte, che calzava come un guanto sulla solennità del contesto: se da un lato pochissimi si sarebbero accorti di quanto démodé fosse l'utopia dell'assolutismo illuminato sul finire del secolo, dall'altro Leopoldo aveva da poco ribadito la sua indulgenza abolendo la tortura in Toscana.
In sintesi: Vitellia, figlia del deposto imperatore Vitellio, ordisce un complotto contro Tito Vespasiano con l'aiuto del patrizio Sesto, che è innamorato di lei. Quando scopre che l'imperatore intende sposarla, Vitellia tenta invano di fermare la congiura: Sesto viene scoperto e arrestato e confessa le sue intenzioni senza compromettere l'amata che, pentita, rivela tutto a Tito il quale accorda loro il perdono.
Non soltanto "ideologicamente" ma anche nel profilo drammaturgico il testo metastasiano mostrava qualche ruga, tanto più dopo il gran daffare di Gluck sul fronte della riforma del melodramma. Venne quindi incaricato del lifting Caterino Mazzolà, attivo in Sassonia e per breve tempo poeta cesareo a Vienna, che ridusse gli atti da tre a due, sfrondò il libretto adeguandolo alle mutate aspettative ed eliminò diverse arie solistiche a favore di brani concertati e corali.
Guardasoni avrebbe forse preferito coinvolgere Salieri nell'impresa, ma finì per girare la commissione a Mozart, adorato a Praga dopo i successi di Nozze di Figaro e Don Giovanni, che fece di buon grado una significativa deviazione dalla via intrapresa con i libretti dapontiani: 250 ducati, in un periodo non proprio lucroso, erano un motivo più che valido per giustificare un anacronismo tutto sommato veniale e la riesumazione di convenzioni ormai dissolte, come l'aria di bravura col "da capo".
Interrotta la composizione della Zauberflote, stese la nuova partitura in poco più di un mese; com'era consuetudine, l'ultima a essere scritta fu l'ouverture, che a differenza degli ultimi lavori teatrali non riassume né anticipa nulla di ciò che accadrà nello svolgimento dell'opera. Due temi abbastanza generici offrono l'occasione per infiocchettare fanfare pompose, e neppure l'episodio contrappuntistico che precede la riesposizione esula dalla captatio benevolentiae: "Che la festa abbia inizio!".
Insieme alla moglie Constanze e all'allievo Süssmayr, perle prove della Clemenza giunse a Praga anche l'amico clarinettista Anton Stadler, conosciuto in una loggia massonica di Vienna nel 1784, per il quale nacquero il Kegelstatt-Trio K. 498 e il Quintetto K. 581. Mozart era sempre più avvinto dal timbro del nascente clarinetto e anche nella sua ultima opera seria manifestò la predilezione affidando a Stadler una parte concertante in due momenti cruciali: quando Sesto si accinge a dire addio a Vitellia con l'aria "Parto: ma tu, ben mio e nel rondò di Vitellia - forse riciclato - "Non più di fiori".
Dalla frequentazione di Mozart in quei giorni - talvolta parassitaria, riferiscono i biografi - Stadler trasse anche il Concerto in la maggiore per clarinetto e orchestra, che costituisce il testamento strumentale mozartiano. Attraverso il virtuosismo dell'amico, il salisburghese ebbe modo di scoprire le potenzialità tecniche ed espressive di uno strumento che stava allora assumendo una fisionomia timbrica definitiva e sarebbe divenuto, di lì a poco, prediletto dai compositori romantici. Il concerto, la cui idea generatrice fu un abbozzo per corno di bassetto steso due anni prima, venne concepito per uno strumento di transizione impiegato da Stadler, una sorta di ibrido particolarmente efficace nella tessitura grave. Sul piano formale, gli aspetti più elaborati e problematici degli ultimi concerti pianistici cedono il passo a un procedere fluido e semplificato, fatto di geometriche proporzioni che volgono lo sguardo al passato prossimo. Il tono generale assume un carattere intimo e cameristico, in orchestra i flauti sostituiscono i più penetranti oboi e spesso l'accompagnamento degli archi coinvolge soltanto alcune sezioni. Dell'ultimo stile mozartiano restano gli episodi imitativi, specie nell'Adagio centrale. Il concerto fu eseguito per la prima volta da Stadler a Praga il 16 ottobre 1791, due mesi prima della morte dell'autore.

Una cartolina dagli States
Alle tre di pomeriggio di giovedì 15 settembre 1892 Dvoràk, insieme alla moglie Anna, ai figli maggiori Otilie e Antonin e al segretario Josef Jan Kovarik, lasciò Praga con destinazione Brema, per imbarcarsi sul transatlantico "Saale" alla volta di New York. Vi si recava per ricoprire l'incarico di direttore del Conservatorio Nazionale di Musica, con contratto biennale e per uno stipendio annuo pari a 15.000 dollari. Il 27 settembre, dopo dieci giorni di navigazione e ventiquattr'ore di quarantena a Staten Island, il compositore sbarcò nella città americana.

[…] La sua personalità non incute alcun timore. E molto più alto di quanto non facciano supporre le sue fotografie e non possiede un decimo della ferocità di un bulldog (sic) riscontrata in altri personaggi del suo valore. Un uomo alto circa 5 piedi e 10 o 11 pollici, di grande dignità, un uomo di carattere, Dvorak ha dato l'impressione di essere un originale, un naturale […] I lineamenti del suo viso non sono particolarmente belli, ma i tratti della fronte sono così finemente modellati e c'è così tanta vitalità emotiva nel suo sguardo fiero che dopo aver conversato con lui la sua faccia risulta difficile da dimenticare. ["The Musical Standard", 22 dicembre 1892]

Sul finire del secolo scorso la vita musicale newyorkese era molto vivace: la Philharmonic Society, la Symphony Society e il Metropolitan Opera House ospitavano regolarmente concertisti e cantanti di fama internazionale. Ciò che mancava agli Stati Uniti erano però i compositori autoctoni: per questa ragione la presidentessa del Conservatorio, Mrs. Jeannette Thurber, spinta dall'intento di fondare una autentica scuola americana, fece pressante opera di persuasione nei confronti di Dvoràk affinché accettasse la direzione dell'istituto.
Il musicista nutrì un interesse immediato per la tradizione musicale indigena e afroamericana: studiò i canti dei pellerossa e ne trascrisse su pentagramma le melodie, ascoltò le "canzoni delle piantagioni" scritte da Stephen Foster, invitò in Conservatorio uno studente nero, Harry Burleigh, a cantare gli spiritual, si recò addirittura a vedere il folclore country del Wild West Show di Buffalo Bill, e da quel variopinto patchwork sonoro trasse conclusioni sorprendenti: "La musica delle razze nera e indiana presenta una similitudine marcata con la musica nazionale scozzese. Entrambe posseggono una scala peculiare, che scaturisce dall'assenza delle note sensibili" ("New York Herald", 15 dicembre 1893). Dvoràk iniziò a stendere il nucleo della Sinfonia in mi minore il 19 dicembre 1892 e scrisse la parola Fine sulla partitura nel maggio dell'anno successivo. Al contrario di quanto molti pensano, il materiale tematico, apparentemente così pregno di colore locale, è tutto farina del suo sacco. Certo, vi si possono riscontrare assonanze con melodie popolari nordamericane, quali ad esempio il tema del flauto nel primo movimento che ricorda la canzone Swing low, sweet chariot oppure un altro inciso che somiglia al refrain di The Little Alabama Coon, pubblicata nell'anno in cui fu composta la sinfonia. Ma non si tratta di citazioni testuali, neppure nel caso del Largo, spacciato per ninna-nanna pellerossa. Se è vero infatti che la cifra idiomatica dell'intera composizione è la scala pentatonica, occorre osservare che tale successione d'intervalli è caratteristica anche del folclore boemo, oltreché irlandese e scozzese, così come lo swing delle melodie del profondo sud degli Stati Uniti presenta inflessioni ritmiche analoghe a quelle della musica popolare slava. La forma ciclica della Sinfonia contribuisce alla sua omogeneità complessiva, ove il ricorrere dei temi produce un'unità stilistica di facile metabolismo per l'ascoltatore. Anche per questo il lavoro ha riscosso un clamoroso successo fin dalla prima esecuzione del 16 dicembre 1893, quando Dvorak, accomodato in uno dei palchi della Carnegie Hall di New York, fu oggetto di ripetute ovazioni da parte del pubblico. Lui stesso insieme al direttore d'orchestra Anton Seidl aveva coniato il sottotitolo "Impressioni e saluti dal Nuovo Mondo", quasi fosse una cartolina indirizzata al vecchio continente di cui sentiva una terribile nostalgia.

Filippo Fonsatti



 

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