Presentazione del
volume
Schubert - L'amico e il poeta nelle testimonianze dei suoi
contemporanei
a cura di Enzo Restagno
edito da EDT con il contributo della Provincia di Torino
e dell'Ordine Mauriziano.
Partecipano
Talia Pecker Berio
Anna Rastelli
Enzo Restagno
Brani scelti letti
da Paola Roman
Durante la rappresentazione
verranno eseguiti
Franz Schubert
(1797-1828)
Fantasia in fa minore op. 103 D. 940
per pianoforte a quattro mani
Allegro molto moderato
Largo
Allegro vivace
Carlotta e Giacomo Fuga, pianoforte
Sette Lieder scelti
Frühlingsglaube op. 20 n. 2
Der Lindenbaum (Die Winterreise) op. 89 n. 5
Ständchen (Schwanengesang)
Ave Maria op. 52 n. 4
Du bist die Ruh op. 59 n. 3
Im Abendrot
Der Musensohn op. 92 n. 1
Kang Sinmo, tenore
Ida Iannuzzi, pianoforte
Giovedì
16 settembre
Il 1828 era iniziato
per Schubert come un anno pieno di prospettive e di belle speranze.
Il 28 gennaio Josef von Spaun, per festeggiare il suo fidanzamento
con Franziska Roner, aveva organizzato una "schubertiade"
rimasta poi nella memoria di tutti, perché sarebbe stata
l'ultima. C'erano, tra gli invitati, amici e musicisti e fu proprio
quella sera che furono eseguiti il Trio in mi bemolle maggiore
op. 100 e le Variazioni su un Tema originale per pianoforte a
quattro mani.
In quegli stessi giorni era stata presentata al pubblico la Fantasia
in do maggiore per violino e pianoforte e si faceva più
serrata anche la corrispondenza tra Schubert e gli editori. Il
mese si chiudeva però con un altro importante passo, la
stesura iniziale della Fantasia in fa minore op. 103 D. 940 per
pianoforte a quattro mani, che porta proprio la data del "gennaio
1828". In realtà quanto è rimasto di quello
schizzo iniziale non sono che un paio di pentagrammi, la bella
copia sarà redatta alcuni mesi più tardi, nell'aprile
dello stesso anno e la Fantasia sarà pubblicata il 16
marzo 1829 da Diabelli.
Schubert la eseguì il 9 maggio, pochi giorni dopo averla
teminata, a casa dell'amico Bauernfeld, il quale annota nel suo
diario: "Oggi Schubert (con Lachner) mi ha suonato la sua
meravigliosa Fantasia a quattro mani". Quello stesso giorno
i due amici erano stati insieme al concerto di Paganini, accolto
dai viennesi con formidabile entusiasmo. Tra coloro che erano
andati in estasi per il grande virtuoso c'era anche Schubert,
il quale, non solo aveva pagato il biglietto di ingresso al concerto
anche per l'amico, ma, soggiogato dal cantabile del grande violinista,
aveva scritto ad Anselm Hüttenbrenner: "Nell'Adagio
ho sentito cantare un angelo".Quella sera stessa Bauernfeld
sarebbe andato in estasi per la sua Fantasia in fa minore. Come
la Wanderer-Phantasie, anche questa in fa minore, illumina un
vasto territorio musicale articolato in quattro movimenti che
si susseguono e si incatenano uno nell'altro. Il primo movimento,
Allegro molto moderato, inizia in minore con un tema di miracolosa
ed estatica bellezza. Appena l'ombra di un movimento, un incedere
che parte dal nulla, da una lieve increspatura del ritmo. Il
mondo sembra essere un ricordo, e la forma si crea da quello.
Dopo un tempo che non ha tempo ecco aprirsi la felicità
del maggiore e allora ecco i ricordi che balzano innanzi nella
loro vivezza.
Il Largo in fa diesis minore evoca l'incedere del barocco e contiene
al suo interno una parentesi di cantabilità tutta italiana.
Forse è l'attesa di ciò che non avrà mai
luogo, un momento musicale in cui i commentatori hanno voluto
vedere una dichiarazione d'amore per la contessa Karoline Esterházy
a cui Schubert dedicò la composizione. L'Allegro vivace
che segue celebra tutta l'allegria viennese nei suoi toni di
entusiasmo anche un po'smodato. Nel finale torna rafforzato ed
esteso il tema in fortissimo del primo movimento e poi Schubert
aggiunge una coda con la ripresa del tema d'entrata.
Il brano si conclude com'era iniziato o laddove era iniziato
e lo spazio racchiuso tra l'inizio e la fine non è che
un lungo istante concesso alla fantasia, in cui questa però
ci ha reso accessibile il cammino verso il sublime.
Occorre camminare
ed essere soli. La figura del vagabondo che ha percorso con infaticabile
tenacia tutta la stagione romantica rappresenta l'essere del
liederismo schubertiano. Non c'è piega che Schubert non
abbia disvelato, non c'è sentiero che non abbia seguito.
Dalla drammatica Sehnsucht della Winterreise alla leggerezza
di molte "passeggiate" timbrate con walseriana spensieratezza.
A volte l'anima dell'uomo si concilia con quella della natura,
allora si aprono imprevedibili prospettive che sono l'altra faccia
della conoscenza, quella che non passa attraverso la profondità
del dolore, ma attraverso lo sguardo che abbraccia la superficie
del mondo con ironia e chiarità.
Frühlingsglaube, scritto nel 1820, è l'unico Lied
scritto da Schubert su testo del poeta Uhland. L'atmosfera di
serenità e speranza è frutto di un lungo lavoro
di equilibrio tra sonorità e tonalità. In un primo
momento Schubert aveva scritto questo Lied nella tonalità
di si bemolle, e fu in questa versione che egli lo affidò
a Josef Hüttenbrenner. Poco tempo dopo però chiese
all'amico di restituirgli il manoscritto perché aveva
"importanti modifiche da apportare" e il Lied si tinse
della più segreta tonalità di la bemolle maggiore.
Schubert non cambiò nulla nella parte del canto, ma rese
più chiare le sue intenzioni nella descrizione pianistica.
Solo otto anni dopo non era più facile pensare ai giorni
felici, né per Schubert, né per il suo Viandante
che attraversa il mondo nella Winterreise del ciclo poetico di
Wilhelm Müller. Il Lied Der Lindenbaum è un capolavoro
dell'intimità, dei misteri dell'anima, della nostalgia
che trasforma le immagini. La neve copre come una coltre gelida
la terra e il viandante, immerso nel paesaggio gelido e solitario
come in un dipinto di Friedrich, vede nel sogno un tiglio, vivace
ricordo dei giorni migliori che ora diventa un trasfigurato invito
a lasciarsi sopraffare da quel mondo di ghiaccio.
Fu a due poeti che Schubert dedicò la sua attenzione nell'ultimo
periodo della vita: Ludwig Rellstab e Heinrich Heine. Rellstab
è il poeta di Ständchen, quarto Lied del ciclo Schwanengesang,
titolo convenzionale usato per l'ultima produzione schubertiana,
raccolta dopo la sua morte dal fratello Ferdinand e dall'editore
Haslinger. Nei Lieder di Rellstab, di cui Ständchen è
un interessante esempio per il saggio equilibrio tra sensibilità
e ironia, troviamo approfondito e giunto a piena maturità
il tessuto linguistico che allaccia strettamente pianoforte e
voce. Una capacità descrittiva cui Schubert si era dedicato
fin dall'inizio, come dimostrano i grandi Lieder dedicati alle
liriche di Goethe.
Der Musensohn è un Lied strofico con variazioni dove le
stesse cose ritornano, ma con significati affatto differenti.
Grandiosa solennità invece accompagna i versi di Carl
Gottlieb Lappe, autore di Im Abendrot del 1824, mentre Du bist
die Ruh di Rückert, scritto l'anno successivo, si alimenta
di un'intima e delicata spiritualità.
Molti dei conoscenti di Schubert si sono soffermati a descrivere
la sua serena religiosità, ma pochi si addentrarono nella
comprensione dei suoi sentimenti nei confronti del divino. Fu
lui stesso a parlarne al padre e alla matrigna in una lettera
del 1825 da Steyr. Aveva da poco terminato di scrivere quattro
Lieder e due cori tratti da La signora del Lago di Walter Scott
tra cui il celebre "Ellens Gesang III", più
noto con il titolo di Ave Maria.
Tutti si fanno grande meraviglia di fronte al fatto che io sia
stato capace di esprimere una devozione così sincera in
un Inno alla Beata Vergine, un inno che a quanto sembra fa presa
sull'animo di ciascuno e ispira sentimenti di pietà religiosa.
Credo che questo dipenda dal fatto che io non mi sono mai imposto
di essere devoto e che non ho mai composto inni e preghiere se
non quando mi sentivo istintivamente ispirato da un sentimento
religioso sincero. E credo tuttavia che in questo consista la
vera e autentica devozione.
Qui la pura spiritualità di Schubert esce dai canoni della
stretta religiosità per lasciarsi indurre a diventare
natura, con l'immediatezza di un canto privo di ogni enfasi e
retorica.
I TESTI
(l'ordine dei testi rispecchia quello di esecuzione)
Frühlingsglaube
Ludwing Uhland
Die linden Lüfte sind erwach,
Sie saüseln und weben Tag und Nacht,
Sie schaffen an allen Enden.
O frischer Duft, o neuer Klang!
Num, armen Herze, sei nicht bang!
Num muß sich alles, alles wenden.
Die Welt wird schöner mit jedem Tag,
Man weiß nicht, was noch werden mag
Das Blühen will nicht enden;
Es blüht das fernste, tiefste Tal:
Nun, armes Herz, vergiß der Qual!
Nun muß sich alles, alles wenden.
Der Lindenbaum (Die
Winterreise)
Wilhelm Müller
Am Brunnen vor dem Tore
Da steht ein Lindenbaum:
Ich traumt' in seinem Schatten
So manchen sußen Traum.
Ich schnitt in seine Rinde
So manches liebe Wort;
Es zog in Freud' und Leide
Zu ihm mich immer fort.
Ich mußt' auch heute wandern
Vorbei in tiefer Nacht,
Da hab' ich noch im Dunkeln
Die Augen zugemacht.
Und seine Zweige rauschten,
Als riefen sie mir zu:
Komm her zu mir, Geselle,
Hier find'st du deine Ruh'!
Die kalten Winde bliesen
Mir grad ins Angesicht;
Der Hut flog mir vom Kopfe,
Ich wendete mich nicht.
Nun bin ich manche Stunde
Entfernt von jenem Ort,
Und immer hör' ich's rauschen:
Du fändest Ruhe dort!
Ständchen (Schwanengesang)
H.F. Ludwing Rellstab
Leise flehen meine Lieder
Durch die Nacht zu dir;
In den stillen Hain hernieder,
Liebchen, komm zu mir!
Flusternd schlanke Wipfel rauschen
In des Mondes Licht,
Des Verräters feindlich Lauschen
Fürchte, Holde, nicht.
Horst die Nachtigallen schlagen?
Ach! sie flehen dich,
Mit der Töne sußen Klagen
Flehen sie für mich.
Sie verstehn des Busens Sehnen,
Kennen Liebesschmerz,
Rühren mit den Silbertönen
Jedes weiche Herz.
Laß auch dir die Brust bewegen,
Liebchen, höre mich,
Bebend harr ich dir entgegen!
Komm, beglücke mich!
Ave Maria
Walter Scott
Ave Maria! Jungfrau mild,
Erhöre einer Jungfrau Flehen,
Aus diesem Felsen starr und wild
Soll mein Gebet zu dir hin wehen
Wir schlafen sicher bis zum Morgen,
Ob Menschen noch so grausam sind.
O Jungfrau, sieh der Jungfrau Sorgen,
O Mutter, hör ein bittend Kind!
Ave Maria unbefleckt!
Wenn wir auf diesen Fels hinsinken
Zum Schlaf, und uns dein Schutz bedeckt,
Wird weich der harte Fels uns dunken.
Du lächelst, Rosendufte wehen
In dieser dumpfen Felsenkluft.
O Mutter, höre Kindes Flehen,
O Jungfrau, eine Jungfrau ruft!
Ave Maria! Reine Magd!
Der Erde und der Luft Dämonen,
Von deines Auges Huld verjagt,
Sie können hier nicht bei uns wohnen.
Wir woll'n uns still dem Schicksal beugen
Da uns dein heilger Trost anweht;
Der Jungfrau wolle hold dich neigen.
Dem Kind, das für den Vater fleht!
Ave Maria!
Du bist die Ruh
Friedich Rückert
Du bist die Ruh.
Der Friede mild,
Die Sehnsucht du.
Und was sie stillt.
Ich weihe dir
Voll Lust und Schmerz
Zur Wohnung hier
Mein Aug und Herz.
Kehr ein bei mir
Und schließe du
Still hinter dir
Die Pforte zu.
Treib andern Schmerz
Aus dieser Brust!
Voll sei dies Herz
Von deiner Lust.
Dies Augenzelt.
Von deinem Glanz
Allein erhellt,
O füll es ganz!
Im Abendrot
Carl Gottlieb Lappe
O wie schön ist deine Welt,
Vater, wenn sie golden strahlet!
Wenn dein Glanz herniederfällt,
Und den Staub mit Schimmer malet
Wenn das Rot, das in der Wolke blinkt,
In mein stilles Fenster sinkt!
Könnt ich klagen, könnt ich zagen?
Irre sein an dir und mir?
Nein, ich will im Busen tragen
Deinen Himmel schon allhier.
Und dies Herz, eh es zusammenbricht
Trinkt noch Glut und schlurft noch Licht.
Der Musensohn
Johann Wolfgang Goethe
Durch Feld und Wald zu schweifen.
Mein Liedchen weg zu pfeifen,
So geht's von Ort zu Ort!
Und nach dem Takte reget
Und nach dem Maß beweget
Sich alles an mir fort.
Ich kann sie kaum erwartem.
Die erste Blum' im Garten,
Die erste Blüt' am Baum.
Sie grüßen meine Lieder,
Und kommt der Winter wieder
Sing ich noch jenen Traum.
Ich sing ihn in der Weite,
Auf Eises Läng' und Breite,
Da blüht der Winter schön!
Auch diese Blüte schwindet
Und neue Freude findet
Sich auf bebauten Höhn.
Denn wie ich bei der Linde
Das junge Vôlkchen finde,
Sogleich erreg ich sie.
Der stumpfe Bursche bläht sich,
Das steife Mädchen dreht sich
Nach meiner Melodie.
Ihr gebt den Sohlen Flügel
Und treibt durch Tal und Hügel
Den Liebling weit vom Haus.
Ihr lieben, holden Musen,
Wann ruh ich ihr am Busen
Auch endlich wieder aus?
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