ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani Incontro Anci-Governo. Sintesi documento in tema di problemi trasporti pubblici locali e inquinamento atmosferico. Roma, 7 aprile 2004. |
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Anci - 9 Aprile 2004 TRASPORTO PUBBLICO LOCALE
Sintesi dei problemi in merito al tema del Trasporto Pubblico Locale.
Il trasporto pubblico locale e, più in generale il sistema della mobilità delle persone e delle cose, costituiscono un sistema complesso ed un elemento chiave per l’organizzazione della vita di una comunità sul territorio, a causa delle implicazioni economiche (costo del trasporto come elemento della definizione del prezzo industriale dei beni e dei servizi e la congestione delle infrastrutture ne è un moltiplicatore importante), sociali (accessibilità alle risorse culturali ed alle opportunità economiche e di valorizzazione che l’ambiente urbano può offrire), ambientali (l’inquinamento atmosferico e acustico, ed i danni alla salute che ne derivano, i consumi energetici e le emissioni di gas serra conseguenti), sanitari (oltre 3.500 morti all’anno nelle 8 principali città italiane, secondo i dati OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità, senza contare le patologie respiratorie connesse e le conseguenze dell’incidentalità stradale, ancora più di 6.500 morti e 250.000 feriti all’anno). L’insieme delle “esternalità” legate alla disorganizzazione del sistema dei servizi di trasporto, per le persone e per le cose ed al conseguente abuso dei veicoli a motore porta a diseconomie stimate fra il 2 ed il 6% del PIL, nei paesi della UE. Un aspetto particolare delle regole che condizionano l’attività delle amministrazioni locali riguarda le responsabilità specifiche dei Sindaci in materia di qualità dell’aria ambiente, dato che il quadro di riferimento risulta radicalmente cambiato a seguito dell’approvazione del D.M. 60/2002, di recepimento della normativa comunitaria, che ha ridotto i valori limite della presenza di sostanze nocive per la salute umana nell’aria ambiente ed il Protocollo di Kyoto, cui la UE ha recentemente deciso di dare attuazione autonomamente e che prevede la tariffazione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, oltre ai limiti previsti.
Bisogna ricordare, a questo proposito, che le emissioni da impianti industriali e da riscaldamento domestico si sono ridotte, tanto che l’Italia è uno dei paesi più virtuosi dal punto di vista energetico, mentre sono in continuo aumento le emissioni inquinanti ed i consumi energetici dal settore dei trasporti, relativi alla circolazione delle persone e delle merci ed ai servizi di TPL. Nello stesso tempo la UE ha attivato una specifica procedura di infrazione contro l’Italia, per l’inosservanza degli obblighi relativi alla comunicazione dello stato della qualità dell’aria e dei provvedimenti attivati per rispetta re le norme comunitarie. Il DM 60/2002 dispone che entro il 31/12/2004 gli attuali limiti degli inquinanti dovranno essere dimezzati, ma, soprattutto, che si potrà derogare da tali limiti solo per 35 giorni nell'arco dell'anno. Attualmente, tra tutti gli inquinanti, la situazione peggiore è certamente quella relativa al PM10, per il quale continuano ad essere misurati, nelle città italiane, da 80 a 120 giorni di superamento dei limiti di emissione l’anno. Sulla base della normativa vigente i Sindaci, raggiunto il 35° giorno di superamento dei limiti delle emissioni atmosferiche, dovrebbero disporre il blocco della circolazione veicolare nel territorio comunale, che non può sostituire i necessari interventi strutturali per avviare la risoluzione del problema, primo fra tutti la sostituzione di spostamenti individuali con servizi di trasporto collettivi, sia per le persone che per le cose (city logistic). I dati disponibili, quindi, certificano una realtà totalmente distante dagli obiettivi che la nuova normativa impone: limiti largamente superati in tutte le città italiane e, soprattutto, emissioni in aumento, derivanti: - per oltre il 70% dalla tipologia dei veicoli e dall’organizzazione del sistema dei servizi di trasporto per le persone e delle merci nelle aree urbane e metropolitane - dalla tipologia e dal numero degli impianti industriali presenti - dalla tipologia degli impianti di riscaldamento e del numero di quelli non ancora trasformati a metano. La normativa vigente (dlgs 351/99 e DM 69/2002) prevede un processo per la modificazione strutturale della situazione: - le Regioni definiscono gli inventari delle emissioni e la relativa zonizzazione del territorio entro il 30 aprile 2003, - gli Enti Locali, di concerto con le Regioni, individuano i provvedimenti attuativi capaci di ridurre stabilmente le emissioni ed i consumi energetici. La situazione: ad oggi nessuna Regione ha approvato il piano per la qualità dell’aria, ai sensi del dm 60, alcune Regioni hanno definito, attraverso accordi di programma, interventi parziali di limitazione della circolazione per aree sovracomunali, anche in questi casi i risultati ottenuti sono inferiori a quanto richiesto dalle norme.
Resta la responsabilità, anche penale, dei Sindaci, stanti gli obblighi derivanti dalla normativa e l’evidenza accertata dei danni alla salute (dati OMS e indagini della magistratura a Bologna e Torino).
Gli interventi possibili: La UE ha individuato alcune politiche giudicate efficaci per ridurre le emissioni ed i consumi energetici: - la pianificazione integrata del sistema dei trasporti e dell’uso del territorio (prevista anche dal dlgs 422/97 e mai attuata), - la sostituzione degli spostamenti e dell’uso individuale dei veicoli con servizi di mobilità collettiva, incentivati grazie all’utilizzo di politiche di gestione della domanda di mobilità, - l’innovazione tecnologica per la riduzione delle emissioni e dei consumi energetici nei veicoli (standard progressivi da EURO 0 nel 1993 a EURO 4 nel 2005), - la sostituzione progressiva dei carburanti di origine fossile (metano come carburante di transizione, incremento dei biocarburanti, per segmenti particolari, idrogeno come vettore energetico di base all’orizzonte 2020). Per quanto riguarda la sostituzione del parco circolante, , gli interventi dovrebbero garantire innanzitutto la riduzione delle emissioni di PM10, a partire dai veicoli con motore diesel immatricolati prima del 1993, che compiono le maggiori percorrenze nelle aree urbanizzate (autobus, veicoli per la consegna delle merci, taxi) o che presentano le maggiori e più pericolose emissioni per veicolo (veicoli a due ruote con motori a due tempi EURO 0).
Dimensione e costi dell’intervento: - per sostituire i circa 600.000veicoli diesel EURO 0 fino a 35 q di portata, immatricolati prima del 1993 ed utilizzati per la distribuzione delle merci nelle 12 città metropolitane (tenuto conto del valore del contributo previsto nell’accordo di programma Ministero ambiente/Fiat/Unione Petrolifera per la promozione dell’utilizzo del metano), sarebbero necessari circa 1,5 mld €, contro una disponibilità di fondi (presso il Ministero dell’Ambiente) di circa 30 ml€; - per eliminare dalla circolazione i circa 2 milioni di motoveicoli e ciclomotori con motore a due tempi non EURO2 (la cui pericolosità per la salute, in relazione alle quantità ed al tipo delle emissioni inquinanti è stata accertata grazie alle indagini sulle emissioni organizzate, anche con la collaborazione del Ministero dell’Ambiente, in alcune città italiane nel 2000 e nella Provincia di Genova nel 2003), di nuovo usando come riferimento il contributo previsto dal decreto del Ministero dell’ambiente, sarebbero necessari circa 600 ml €, contro una disponibilità imprecisata, ma inferiore ai 20 ml €.
Nelle leggi finanziarie per il 2003 ed il 2004 non si trova traccia di interventi per affrontare un problema delle dimensioni prima evidenziate, mentre vengono finanziati interventi infrastrutturali tutti fuori dalle città, che non diminuiscono il carico inquinante ed i consumi energetici nel settore dei trasporti.
Le politiche di intervento a riguardo possono quindi essere così sintetizzate: - incentivi per il rinnovo del parco veicolare circolante, privato, pubblico e commerciale (che corrispondano almeno ai limiti di emissione EUR04, dato che sono gli unici che garantiscono un effettivo raggiungimento dei limiti imposti dalla UE all'orizzonte 2005) ed indirizzi per la limitazione all'accesso nelle aree urbane, - interventi fiscali finalizzati all'efficienza energetico ambientale nel settore dei trasporti, tenuto conto che, entro la fine dell'anno diventeranno obbligatori i vincoli imposti dal protocollo di Kyoto, anche nel settore dei trasporti, che comportano il pagamento di una somma compresa fra 50 e 100 $/tonn. di C02 rilasciata in atmosfera, - DM 60/2002: definizione degli interventi sostitutivi delle regioni in caso di inadempienza nella presentazione dei piani per il miglioramento della qualità dell'aria e dei programmi attuativi da concertare con gli enti locali, - concorso al finanziamento delle iniziative promosse dalla UE per la gestione della domanda di mobilità nelle aree urbane e metropolitane; - investimenti infrastrutturali nel trasporto pubblico locale.
Il sistema attuale quindi è in crisi in merito ai due aspetti fondanti: il quadro normativo ed il quadro finanziario.
QUADRO NORMATIVO
Il sistema delineato dal D.Lgs. 422/97 può funzionare a patto che vengano adottati gli strumenti attuativi necessari: le Regioni devono approvare il piano dei trasporti (meglio sarebbe un piano integrato per la mobilità – delle persone e delle merci – ed il miglioramento della qualità dell’aria), contenente chiari obiettivi per lo sviluppo dei servizi di trasporto collettivo, che sono il presupposto per arrivare all’apertura al mercato attraverso piani industriali, capaci di ottimizzare il servizio in forma intermodale e con una reale integrazione tariffaria, fra sistemi su ferro e su gomma.
All’interno del percorso previsto dal Dlgs 422/97 i processi di privatizzazione e di liberalizzazione sono strumenti entrambi essenziali per raggiungere gli obiettivi della riforma e devono essere entrambi previsti dalle leggi regionali di attuazione. L’apertura al mercato resta l’obiettivo a breve ma, in casi particolari e definiti dal piano, anche la procedura concorsuale di privatizzazione che precede la liberalizzazione può essere accettata, fermo restando che la scelta del socio privato deve arrivare anche attraverso una selezione progettuale basata sulla presentazione ed attuazione di un piano industriale ed una condivisione degli obiettivi di miglioramento della situazione di circolazione e delle emissioni, propri delle amministrazioni locali.
Il decreto-legge 30/9/2003, n. 269, convertito in legge 24/11/2003, n. 326, all’articolo 14 regola il modello di concorrenza prevedendo tre casi di affidamento dei servizi di rilevanza economica: gara per il servizio, gara per il socio ed affidamento “in-house”. Pertanto, rispetto all’ordinamento precedente nel quale la gara per il servizio era l’unica possibilità di affidamento del TPL, ora la gestione può essere affidata anche a società miste, che direttamente a società a capitale interamente pubblico.
Tuttavia, la “Delega ambientale”, tuttora in discussione in Parlamento, contiene ancora l’esclusione del TPL dalla disciplina generale, richiamando espressamente l’applicazione del Dlgs 422/97, escludendo di fatto, per questo servizio, l’applicazione delle fattispecie previste dal decreto-legge sopra citato. Non contribuisce alla chiarezza del quadro normativo il decreto-legge “milleproroghe” che proroga il termine per l’affidamento del servizio di trasporto su gomma al 31/12/2005 .
Sarebbe necessaria una maggiore chiarezza in questo delicato settore, in quanto senza un quadro normativo certo, non è possibile effettuare una seria programmazione e le aziende pubbliche si troverebbero impreparate ad affrontare il mercato.
In merito all’attuazione da parte delle Regioni, nel rispetto delle competenze riconosciute dalla Costituzione, siamo di fronte a comportamenti estremamente differenziati, che non aiutano il sistema: non è ad esempio ragionevole lasciare alla scelta discrezionale delle Regioni lo slittamento del termine per effettuare le gare, che altera la concorrenza sul territorio. E’ importante che il sistema parta in modo uniforme. Sarebbe poi auspicabile il superamento della spesa storica quale parametro per il riparto delle risorse fra Governo e Regioni ed Enti locali ed un serio confronto per la definizione di linee di indirizzo per individuare nuovi parametri nazionali di riferimento, tali da consentire il monitoraggio efficace della spesa per il settore.
QUADRO FINANZIARIO
Il quadro delineato dalla legge 422/97 prevede il seguente riparto dei costi:
65% Regioni - Servizi Minimi 35% Aziende attraverso al Tariffa Servizi Aggiuntivi coperti dagli Enti Locali
La situazione attuale della copertura dei costi dei servizi attuali, di norma considerati corrispondenti ai servizi minimi, invece può così di seguito sintetizzarsi:
51% Regioni 33% Tariffe 10% Enti Locali 6% Altri Ricavi
Questo disavanzo era finanziato dagli enti locali prevalentemente attraverso l’assunzione di mutui: questa strada non è più percorribile in quanto gli enti locali non possono più contrarre mutui per ripianare disavanzi di gestione; in ogni caso il patto di stabilità interno non consentirebbe più di operare attraverso la spesa corrente. Il risultato finale è che un certo numero di Comuni non sono più in grado di ricapitalizzare le proprie aziende, avviate verso la liquidazione.
D’altra parte la privatizzazione dei servizi, in assenza di risorse aggiuntive che garantiscano la copertura del 65% dei costi operativi, o di interventi che riducano i costi gestionali principali (lavoro, carburante, assicurazioni, manutenzione), non costituisce una soluzione efficace, dato che nessuna impresa privata può manifestare interesse ad acquistare aziende strutturalmente in perdita. Questa situazione è dimostrata anche dall’analisi dei risultati dell’indizione delle gare per l’affidamento dei servizi di trasporto. Premesso che in nessuna delle città metropolitane è stata bandita una gara (in relazione anche alla situazione di incertezza normativa), dove ciò è accaduto, i servizi sono stati ri-affidati all’azienda incumbent e, tranne che in un paio di casi, con riduzioni di costo meramente simboliche ed inferiori all’1%.
Il Fondo Nazionale Trasporti ai sensi della Finanziaria del 1996, è stato distribuito in base alla spesa storica; la medesima norma prevedeva la possibilità in capo alle regioni di incrementare tali risorse (almeno per garantire il recupero dell’inflazione) utilizzando il fondo perequativo oppure con l’introduzione di accise sulla benzina, come accade in altri paesi europei (per la valutazione dell’entità del disinvestimento nel settore si vedano le tabelle allegate).
Ancora una volta il sistema delineato dal D.Lgs. 422/97 non ha trovato piena attuazione da parte dei soggetti competenti, pertanto l’anno 2003 può diventare l’anno del collasso del sistema.
Per quanto concerne il contratto di lavoro, i costi del rinnovo non possono più gravare anche sugli enti locali, in quanto la responsabilità della definizione dei cosiddetti “servizi minimi” e della copertura del 65% del loro costo è stata totalmente trasferita alle Regioni, gli enti locali non possono, anche in questo caso, essere chiamati a versare un contributo aggiuntivo non previsto dalla norma.
Questa difficoltà è risultata ancora più evidente nella fase di rinnovo del contratto di lavoro del biennio economico 2002/2003, al cui onere, in base a quanto stabilito dall’articolo 23 del decreto “Milleproroghe”, si è provveduto con le maggiori entrate derivanti dall’ aumento dell’accisa sulla benzina, ma senza completare il processo di ristrutturazione del settore, le cui modalità erano state concordate all’interno del gruppo di lavoro coordinato dal Sottosegretario On.le Mammola, cui hanno partecipato, Enti Locali, Regioni e rappresentanti di categoria.. L’assenza di un intervento organico lascia aperte alcune importanti questioni: - il problema del finanziamento del nuovo contratto di lavoro, le cui trattative sono appena iniziate, - il reperimento dei fondi per il finanziamento degli investimenti infrastrutturali (legge 211/92) e per la gestione dei servizi che dovranno essere organizzati una volta completata la costruzione dei sistemi a guida vincolata - il rinnovo dei mezzi circolanti con veicoli a basso impatto ambientale. La soluzione prevista dal decreto” Milleproroghe” di provvedere annualmente, da parte dei Ministri dell’Economia e delle Infrastrutture, alla ricognizione e alla individuazione delle risorse al fine di emanare provvedimenti per contribuire al risanamento e allo sviluppo del trasporto pubblico locale ed al potenziamento del trasporto rapido di massa, non è certo sufficiente a garantire la soluzione del problema, il quale, ormai da diversi anni, resta quello della carenza cronica di risorse in questo delicato ed importantissimo settore.
La piena realizzazione degli istituti previsti dal Dlgs 422/97 dovrebbe diventare obiettivo primario, attraverso misure di forte pressione nei confronti delle Regioni inadempienti. Incentivazione e miglioramento del TPL è obiettivo fondamentale per i Comuni in relazione agli obblighi in merito alla qualità dell’aria, che non potranno essere rispettati senza una seria pianificazione territoriale.
L’attuazione del quadro di riferimento normativo citato, , all’insegna della pianificazione integrata e dell’attenzione ai problemi ed alle opportunità che il rispetto dell’ambiente dovrebbe imporre all’amministrazione locale ed agli operatori economici, garantirebbe che è iniziata una nuova stagione per il governo della mobilità nelle aree urbane e metropolitane.
In assenza degli interventi ricordati, le amministrazioni locali non potranno che rinnovare i provvedimenti di limitazione della circolazione dei veicoli, con le evidenti conseguenze negative che questo strumento porta con sé.
L’ANCI riafferma l'urgenza di affrontare l'emergenza traffico ed inquinamento atmosferico nelle aree urbane e metropolitane non attraverso l'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti che non potranno avere alcuna efficacia per un cambiamento strutturale delle condizioni per la circolazione veicolare e dei comportamenti dei cittadini, ma attraverso la definizione ed il finanziamento di una politica coerente ed integrata e di un piano straordinario di investimenti per la mobilità nelle città, come è richiesto, del resto, da tutti i documenti di indirizzo della UE.
I costi di tale piano straordinario, correttamente attribuiti, sono destinati ad essere compensati dalla riduzione dei costi esterni della circolazione veicolare nelle aree urbane, particolarmente di quelli sanitari relativi alle patologie dell’apparato respiratorio ma anche quelli relativi all’incidentalità stradale.
L'ANCI ritiene necessario un intervento collegiale del Governo, per avere garanzie circa l'esistenza di risorse adeguate alle dimensioni del problema che le città devono affrontare, che devono essere messe a disposizione attraverso il coordinamento delle leggi settoriali di spesa relative a : - Piano straordinario di finanziamento per le infrastrutture di mobilità. - Finanziamenti capaci di rinnovare il parco autoveicoli pubblici e privati ( autobus, mezzi a due ruote, automobili e mezzi per il trasporto merci) - Chiarezza sulle regole e metodo certo di apertura al mercato. - Piani Urbani della Mobilità - Realizzazione di infrastrutture per il trasporto rapido di massa, i parcheggi di interscambio e la mobilità ciclistica - Applicazioni tecnologiche del controllo delle violazioni della circolazione - Politiche attive per il controllo della gestione della domanda di mobilità delle persone e delle merci nelle aree urbane e metropolitane - Piano nazionale della sicurezza stradale - Utilizzo di carburanti alternativi
Con la legge finanziaria 2005, oltre alla disponibilità delle risorse necessarie alla realizzazione degli interventi prima ricordati, potrebbero essere introdotti anche incentivi fiscali finalizzati all’efficienza energetico ambientale nel settore dei trasporti, tenuto conto che, entro la fine dell’anno diventeranno obbligatori i vincoli imposti dal protocollo di Kyoto, anche nel settore dei trasporti, che comportano il pagamento di una somma compresa fra 50 e 100 € per tonn. di C02 rilasciata in atmosfera. |
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