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Edizione dicembre 2003

Effetto serra dalle auto catalitiche

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Alla vigilia del Cop 9 facciamo il punto sulle emissioni da traffico. Italia condannata per non dare informazione sulle emissioni, non rispettata la Direttiva. E scopriamo che contro la CO2 le catalitiche non servono

Italia condannata. La Corte di Giustizia europea ha inflitto all'Italia una condanna per non aver fornito ai potenziali acquirenti le informazioni utili sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 di autovetture nuove.
Non siamo riusciti a capire chi e quando metterà riparo a questa inadempienza.
Pochi giorni fa, cioè a fine a ottobre,al Ministero dell'Ambiente ci hanno detto che era competenza del ministero Attività Produttive e al Ministero Attività Produttive ci han detto che era competenza di quello dell'Ambiente!
Entro il 18 gennaio 2001 l'Italia avrebbe dovuto attuare la Direttiva 1999/94/CE (maturata dopo la Conferenza di Kyoto) che recita: "tutti i
Governi UE si attrezzino affinché ai compratori di auto nuove siano fornite tutte le informazioni che riguardano i danni ambientali delle auto, le emissioni di CO2 e le norme comportamentali per ridurre il consumo di carburante".
In pratica la Direttiva prevede innanzitutto una diffusione pubblicitaria ad ampio raggio di materiale promozionale (pubblicità sui giornali, manifesti, opuscoli) da utilizzarsi per la commercializzazione di autovetture nuove, in cui sono riportati i dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2.
Le norme comunitarie stabiliscono poi una serie di misure particolari quali l'apposizione sul parabrezza di tutte le autovetture private nuove di un'etichetta relativa al consumo di carburante, la realizzazione di una guida del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 e l'apposizione di manifesti nelle sale di esposizione di autovetture.
Tutte misure disattese dal nostro paese. L'Italia ha tentato di giustificarsi affermando di aver avuto vari problemi di natura istituzionale amministrativa, tecnica e finanziaria, sostenendo inoltre che la direttiva avrebbe ad oggetto una materia che interessa le competenze di vari Ministeri così che si sono determinate esigenze di coordinamento e si è resa necessaria l'acquisizione di informazioni presso diversi uffici. Motivazioni che però non hanno convinto la Seconda Sezione della Corte, che ha ritenuto l'Italia inadempiente e l'ha condannata lo scorso 11 settembre alle spese.

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