Alla vigilia del Cop 9 facciamo il punto sulle emissioni da traffico.
Italia condannata per non dare informazione sulle emissioni, non rispettata
la Direttiva. E scopriamo che contro la CO2 le catalitiche non servono
Italia condannata. La Corte di Giustizia europea ha inflitto all'Italia
una condanna per non aver fornito ai potenziali acquirenti le informazioni
utili sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 di autovetture
nuove.
Non siamo riusciti a capire chi e quando metterà riparo a questa
inadempienza.
Pochi giorni fa, cioè a fine a ottobre,al Ministero dell'Ambiente
ci hanno detto che era competenza del ministero Attività Produttive
e al Ministero Attività Produttive ci han detto che era competenza
di quello dell'Ambiente!
Entro il 18 gennaio 2001 l'Italia avrebbe dovuto attuare la Direttiva
1999/94/CE (maturata dopo la Conferenza di Kyoto) che recita: "tutti
i
Governi UE si attrezzino affinché ai compratori di auto nuove
siano fornite tutte le informazioni che riguardano i danni ambientali
delle auto, le emissioni di CO2 e le norme comportamentali per ridurre
il consumo di carburante".
In pratica la Direttiva prevede innanzitutto una diffusione pubblicitaria
ad ampio raggio di materiale promozionale (pubblicità sui giornali,
manifesti, opuscoli) da utilizzarsi per la commercializzazione di autovetture
nuove, in cui sono riportati i dati relativi al consumo di carburante
e alle emissioni di CO2.
Le norme comunitarie stabiliscono poi una serie di misure particolari
quali l'apposizione sul parabrezza di tutte le autovetture private nuove
di un'etichetta relativa al consumo di carburante, la realizzazione
di una guida del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 e l'apposizione
di manifesti nelle sale di esposizione di autovetture.
Tutte misure disattese dal nostro paese. L'Italia ha tentato di giustificarsi
affermando di aver avuto vari problemi di natura istituzionale amministrativa,
tecnica e finanziaria, sostenendo inoltre che la direttiva avrebbe ad
oggetto una materia che interessa le competenze di vari Ministeri così
che si sono determinate esigenze di coordinamento e si è resa
necessaria l'acquisizione di informazioni presso diversi uffici. Motivazioni
che però non hanno convinto la Seconda Sezione della Corte, che
ha ritenuto l'Italia inadempiente e l'ha condannata lo scorso 11 settembre
alle spese.
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