Appare ancora lontano il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo
di Kyoto del 1997
di Antonio Coppola*
Sconvolgimenti climatici, inquinamento atmosferico e condizioni di caos,
tali da rendere invivibili le principali metropoli e mettere in crisi
molte altre realtà ed ecosistemi, hanno cessato, ormai, di rappresentare
solo un’incombente minaccia, per divenire dei processi in atto
di cui avvertiamo le conseguenze direttamente sulla nostra pelle. I
ripetuti record della colonnina di mercurio ed i sempre più frequenti
blocchi della circolazione veicolare per il superamento dei livelli
di guardia di polveri sottili ed altre sostanze nocive prodotte dai
gas di scarico non sono altro che una conferma di quanto ognuno di noi
già da tempo chiaramente percepisce.
Ciononostante, le politiche attuate ed i provvedimenti adottati dai
diversi paesi industrializzati per contrastare tale stato di cose ed
invertire la tendenza in corso sono ancora carenti, sia sotto il profilo
di una maggiore integrazione ed equilibrio tra i diversi modi di trasporto,
sia per quanto riguarda il risparmio energetico e lo sviluppo di tecnologie
in grado di sfruttare risorse alternative e fonti rinnovabili. Non a
caso, siamo ben lontani dal raggiungere gli obiettivi fissati nel protocollo
di Kyoto del 1997 in base ai quali l’Unione Europea dovrebbe entro
il 2010 ridurre dell’8% le emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Infatti, stando alle ultime stime, in assenza di forti impulsi, non
si riuscirebbe ad ottenere che una diminuzione del 2%. E ciò
anche per colpa dell’Italia che, invece di rispettare l’impegno
concordato di un taglio del 6,5% degli ossidi di carbonio, ne ha addirittura
aumentato la produzione del 5,5%. D’altro canto, alcuni paesi
non hanno neppure ratificato il protocollo. Tra questi gli Stati Uniti
ove l’amministrazione Bush, ha deciso di stanziare 4,5 miliardi
di dollari per ricerche scientifiche finalizzate, implicitamente, a
mettere in discussione il rapporto tra gas serra e cambiamenti climatici,
e poter, così, giustificare la propria scelta di continuare a
perseguire vecchie politiche energetiche, per alcuni ancora convenienti
dal punto di vista economico, ma insufficienti a risolvere i numerosi
problemi di cui l’ambiente sempre più soffre.
Se, però, non tutti gli esperti concordano ancora sulla preminente
responsabilità dell’attività antropica in merito
all’innalzamento della temperatura media del pianeta, riguardo
l’incidenza di agenti inquinanti quali ossidi di azoto, monossido
di carbonio, particolato, biossido di zolfo, e idrocarburi volatili
sulla salute dell’uomo, il mondo scientifico è pressoché
unanime nel correlare le elevate concentrazioni nell’aria di queste
sostanze con varie neoplasie e malattie a carico anzitutto dell’apparato
respiratorio e circolatorio.
Siffatta sorta di veleni, com’è noto, risulta prodotta
essenzialmente dall’utilizzo di combustibili fossili, ovvero,
in buona parte dal funzionamento dei motori a scoppio. E ciò
costituisce uno dei principali motivi per cui in molti centri urbani,
interessati da frequenti fenomeni di congestione del traffico veicolare,
sono sempre più spesso adottati vari sistemi di disincentivo
all’uso del mezzo privato, se non addirittura provvedimenti di
inibizione della circolazione. Evidentemente, però, privarci
di uno strumento così utile e versatile nel rispondere alle diverse
esigenze di spostamento, qual è l’automobile, non può
certo rappresentare il modo migliore di concepire la mobilità
sostenibile.
Ecco, quindi, la necessità di ripensare al concetto di veicolo
individuale, non solo in termini di forme d’utilizzo più
efficienti e razionali, come ad esempio il car sharing o il car pooling,
ma anche sotto il profilo energetico e tecnologico, in modo da attenuare
uno dei principali problemi ad esso legati, ossia: l’impatto ambientale.
Non a caso, argomenti di grande attualità sono proprio la ricerca
nel campo tecnologico per lo sviluppo di vetture ecologiche ed il dibattito
sulle aspettative e le difficoltà connesse alla diffusione dei
motori a zero emissioni. È recente la notizia di un piano d’investimento
europeo e americano per il progresso delle tecnologie basate sull’idrogeno
e del relativo accordo tra UE e USA per garantirne i finanziamenti in
2,1 miliardi di euro.
È bene, comunque, precisare che questo leggerissimo gas dalle
straordinarie potenzialità, su cui molti scienziati ed uomini
politici ripongono le proprie speranze per sconfiggere l’inquinamento
atmosferico delle nostre città, pur essendo uno degli elementi
più diffusi in natura, non è facilmente disponibile come
alcune risorse minerarie; bisogna, infatti, produrlo ricavandolo dall’acqua,
con dispendio d’energia elettrica, o dal metano e dal metanolo
attraverso processi di reforming. Tale aspetto ed altri di natura tecnica,
economica o geopolitica, quali lo stoccaggio a bordo, l’alto costo
delle celle a combustibile, la mancanza di una capillare rete di distributori,
lo scarso utilizzo delle fonti d’energia rinnovabili, e l’assenza
di valide alternative ai materiali plastici tradizionali, nonché
gli interessi delle lobby del petrolio e di alcuni paesi, fanno sì
che sia ancora lontana la data del definitivo passaggio alla cosiddetta
civiltà dell’idrogeno.
Tuttavia, la situazione d’emergenza ambientale venutasi a creare
non ci permette di attendere, come prevedono gli esperti del settore,
altri 20, 30 anni (prototipi di macchine ad idrogeno erano già
stati realizzati negli anni ‘70) perché si inizi a ridurre
sensibilmente l’impatto dei trasporti e delle attività
industriali sulla qualità dell’aria e sugli equilibri naturali.
Del resto, non sappiamo se i danni oggi prodotti saranno in futuro reversibili.
Vi è, pertanto, l’esigenza di adottare solleciti ed efficaci
provvedimenti, in grado di apportare concreti e duraturi benefici, in
particolare negli insediamenti urbani. E ciò non con provvisorie,
indiscriminate e spesso inutili limitazioni al traffico, né tanto
meno attraverso estremi salvataggi di bilanci aziendali camuffati da
eco-incentivi, bensì con mirate politiche di gestione della mobilità
ed articolati programmi di promozione e finanziamento di soluzioni già
collaudate e disponibili.
Ci si riferisce alle auto elettriche ed a quelle ibride, ovvero dotate
di un doppio motore (a combustione interna ed elettrico), ma anche alle
vetture alimentate con carburanti alternativi come metano, GPL, e biodiesel.
Tutte queste, infatti, sono molto meno inquinanti delle tradizionali
a benzina o a diesel, e compaiono, ormai, sui listini di diverse case
automobilistiche.
Dunque, la strada per uno sviluppo ed una mobilità sostenibili
è più vicina di quel che si pensi: basta volerla davvero
percorrere.
* direttore Aci Napoli
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