Architettura del palazzo
L'"incompiuta" ossia la Torre civica
Ed eccoci arrivati finalmente alla seconda ed ultima meta: il troncone della "Torre Civica", naturalmente della nuova Torre, che è sita all'angolo di Via Corte d'Appello con Via Milano, ed il cui cupo rosseggiare fa pensare a qualcosa di ben più remoto nel tempo. Ché, in verità di edificio assai antico proprio non si tratta, essendone stata posta la pietra fondamentale con pompa solenne il 18 novembre 1786.
II corteo aveva esaurito in un batter d'occhio il percorso, sicché probabilmente nel momento preciso in cui l'usciere reggente la mazza della città che camminava in testa a tutti, seguito dal pubblico trombetta, dietro al quale veni vano i due Sindaci, Carlo Filippo Tana d'Entracque, e Carlo Pansoia, il Mastro di Ragione Ignazio di Valperga, i quattro Ragionieri, Tommaso Roero di Cortanze, Prospero Balbo di Vinadio, Pietro Filippo Borghese, Giuseppe Andrea Rignon, il Segretario Giacinto Marchetti, raggiungevano "Contrada del Senato", i messi e le guardie venendo in coda, si trovavano ancora sul punto d'uscir dal Palazzo.
Della Torre erigenda aveva steso progetto e disegni l'Arch. Filippo Castelli, in armonia con le direttive di massima fornitigli dal Barberis anche per quanto riguardava la nuovissima ala del Municipio prospiciente Via Bellezia.
In tre anni la fabbrica raggiunse i 24 metri d'altezza, promettente risultato, che faceva sperare il compimento dell'opera in un brevissimo lasso di tempo, sì da sostituire la vecchia Torre di San Gregorio, condannata alla demolizione per decrepitezza, ma soprattutto per la sua sporgenza nel rettilineo della Contrada di Dora Grossa.
Tuttavia sino al giorno in cui la giovane rivale non si fosse trovata in grado di sostituirla, la vita le era assicurata. Questa torre, lo si sa, era sorta nel 1382 in sostituzione della precedente, rudimentalissima, congiunta all'antica Casa Comunale dell'Isola di San Simone. Numerosi biografi ne hanno ricostruito la vita con ricchezza di particolari, ed anche l'iconografia può dirsi soddisfacente.
La torre incompiuta, viceversa, altro non vanta logicamente, se non l'iconografia di una idea. Ma quale varietà di concezioni una simile idea riusciva a suscitare? Basterà ricordare che i progetti custoditi nell'Archivio Storico del Municipio assommano ad una trentina, da quelli pregevolissimi del Dellala di Beinasco e di Carlo Antonio Rana risalenti al 1787 ed all'88. Più curiosa, forse, per noi, è la seguente informazione, che stralciamo dal volume "Torino e le sue Vie" di Giuseppe Torricella (ed. Borgarelli, 1868): "Ai piedi di questa Torre, non è molto tempo", (venne infatti rimosso solo nel 1853), "vedevasi un pianerottolo coperto da una pietra, sulla quale si esponevano nei giorni di mercato e specialmente nel sabato, i condannati alla pubblica berlina. Altra stranissima costumanza ci rammenta questa pietra: i negozianti che facevano bancarotta (se col sacco pieno o per mera disgrazia, i giudici non guardavano tanto per il sottile) erano costretti di sedersi e, più propriamente, di battere il nudo deretano sulla pietra in presenza del pubblico, che numeroso assisteva a questo scandaloso castigo".
E qui concludiamo la nostra ultima tappa in Piazza delle Erbe convinti che più eloquente commento al nostro folklore giuridico del tempo che fu, non si saprebbe trovare, ove si prescindesse dall'impareggiabile arguzia del massimo "bambocciante" piemontese Pietro Domenico Olivero.
Per quanto finalmente concerne la... Storia del Diritto, ne rimandiamo gli appassionati cultori alla Raccolta delle "Leggi e Costituzioni del 1770".