Da: Giulio
Mozzi, Il culto dei morti nell'Italia contemporanea, Einaudi, Torino,
2000
I. Vari tipi di eternità: esempi e riflessioni
"...neh,
Pindemonte?..."
sì,
ripete, sì
Antonio mentre spro-
fonda nel tombino, mentre crolla
dietro le quinte del Maurizio Costanzo Show.
"...è inciampato nei cavi..."
"...no, sta male..."
"...come si sente? come?..."
"Quel sì non mi ha mai abbandonato".
L'angelo
altissimo lo sottrae
"...e poi lo Show è andato in onda?..."
"...sì, naturalmente, sì..."
Ci sono moltissimi
fiori, sul cavalcavia
vicino a Tortona:
due corone, grossi mazzi incartati nella carta velina,
qualche ramo di pesco.
Riempiono quasi tutta una corsia.
Qualcuno, prudente, ha messo due triangoli.
Di notte i fiori sono una massa nera.
I fari illuminano la massa nera
(che si colora all'improvviso),
le automobili rallentano
e aspettano, pazienti, il turno di passare.
Da dentro le automobili le persone
guardano i fiori.
"Ah, è stato qui.
L'avevamo visto al telegiornale.
Tutti i cavalcavia si somigliano.
Quei disgraziati".
Un'automobile dei carabinieri
è lì vicino.
Un giovane carabiniere (avrà vent'anni)
guarda i fiori e sente un groppo in gola.
Non fiori, pensa: maledizioni
si dovevano deporre.
Un gruppo
di ragazzi parcheggia i motorini.
Guardano i fiori, guardano giù.
Di traverso, perché la rete impedisce di sporgersi.
Mimano il gesto di lanciare al di là della rete.
Uno fa un fischio e un botto, esagerato.
Uno ride, un altro
gli prende la manica della giacca a vento,
sporgendo il muso
indica il giovane carabiniere.
"...anche
lei si è rivista in televisione, sai..."
"...pensa sua madre, accende la televisione, la vede..."
"...che trasmissione era?..."
"...non so..."
Era il meglio
del meglio, o il peggio del peggio, un'infinita replica
e lei era lì, concorrente o pubblico, non ricordo, comunque un'idiota
come tutti.
Per avere un'eternità, per essere vista da tutti.
Per andare in televisione.
Un quarto d'ora di celebrità
non si nega a nessuno, hanno detto.
(Molto originale, vero?).
Ora ce l'ha. E se lo tiene.
Ora è un simbolo, hanno detto. Maria Letizia Berdini, santa,
martire del cavalcavia.
"...la
famiglia ha protestato, naturalmente..."
"...pensa che shock..."
"...e ti ricordi Nick Novecento?... e Claudio Villa?..."
"Erano
a-anni che sogna-avo di venire qui"
disse la ragazzina al Parioli
vestita di rosso, mentre il fidanzato gongolava
(tre ore di coda per i biglietti e questa sera,
dopo il teatro, finalmente si scopa).
L'agonia
di Alfredino fu interminabile.
[...]. Secondo
una ricerca americana, un bambino medio che abbia compiuto quattordici
anni ha assistito a circa 18.000 casi di morte in televisione. La maggior
parte delle persone che muoiono in televisione vengono assassinate. Alcune,
non molte, falliscono (spesso per non averla combattuta prontamente) nella
lotta contro una malattia. [...].
(testo che
lampeggia:)
MOANA FAN CLUB 005-276.267.32
24 ORE SU 24
(testo che scorre:)
LA VOCE ORIGINALE DI MOANA POZZI
REGISTRAZIONI AUTENTICHE
(testo che scorre:)
LE CONVERSAZIONI INTIME DI MOANA E BABY POZZI
(testo che lampeggia:)
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24 ORE SU 24
Moana a gambe
larghe, le unghie laccate di rosso.
Il rosso della carne si confondeva.
Guardava in macchina.
Nessuna smorfia di piacere in faccia
("Non serve che diventi matta.
È troppo penoso così.
Mi levi la voglia, se fingi"),
il sorriso delle labbra rosse
è il sorriso di chi guarda lo schiavo
leccare il pavimento, secondo gli ordini ricevuti.
"Una vera donna". "Sapeva quello che voleva".
Il mio vicino (lo conosco, lo intravedo a volte
al di là della strada, che è stretta) si starà masturbando
anche lui.
Nel suo tinello c'è la luce azzurra.
Spargerà il seme sopra un corpo morto
e lo leccherà dal pavimento.
Ricordatevi di me, quando sarò morto.
Conservate le fotografie, gli oggetti personali, le filmine.
Io sarò lì, io sarò quelle cose.
[...] Un
incendio ha completamente distrutto la scorsa notte l'abitazione romana
del manager delle pornodive Riccardo Schicchi - che da tempo si trova
agli arresti domiciliari - e danneggiato altri due appartamenti adibiti
a sede dello studio "Diva Futura". Alle 3 e mezza una telefonata
al 113 segnalava lo scoppio di un incendio in un appartamento di via Cassia
1818. I vigili del fuoco hanno impiegato un'ora e mezzo per spegnere le
fiamme, che hanno completamente distrutto l'abitazione del manager (al
secondo piano). Nell'incendio è andato distrutto anche l'archivio
di Moana Pozzi. [...]
Conserva
la fotografia nel portafoglio
e guardala ogni tanto.
L'ultima tua lettera, la
porto sempre con me. Mi fa coraggio.
Fammi vedere le fotografie
di quand'eri piccolo.
Ti sento così vicino quando la tocco.
Quello sei tu. Quello sono io.
Passate una sera da noi, vi
facciamo vedere il video
del funerale di mio padre.
Era un uomo molto amato, si vede.
Mi piacerebbe avere una
cosa tua da portare con me.
Sei mesi a Londra sono lunghi.
Ho anche la fotografia di mia madre
nuda, sopra la pelle d'orso,
morta da pochissimo.
Pensa a noi. Non correre.
Pensa: toccherò questa cosa
e tu ti sentirai toccare.
Come un vudù? Come un vudù.
[...] Le
verdi speranze era una bobina di pellicola larga un palmo: il collage
di tutte le filmine fatte da mio padre con noi, i bambini, protagonisti.
Credo che dovessero testimoniare il frutto dell'investimento: noi quattro
eravamo le verdi speranze di mio padre e di mia madre, loro avevano fatto
l'infanzia durante la guerra, forse i ricordi della nostra lieta infanzia
dovevano sostituire, o controbilanciare, i ricordi della loro, che lieta
del tutto non era certo stata. Le riguardavamo spesso... [...]. Ma ho
conservato tutto: la bobina è lì, dentro la scatola metallica
di biscotti Lazzaroni, insieme con le altre filmine: quelle della Disney,
quelle degli astronauti che venivano date in omaggio con l'abbonamento
a Epoca (avevo otto anni, ai tempi della Luna), quelle dei viaggi di mio
padre (era biologo, esperto in flora e fauna lagunare) in Romania, in
Somalia... [...].
Il primo
nonno con il cappottone lungo e il borsalino.
L'altro nonno a capo scoperto e con la barbetta.
Il direttore di banca, il medico condotto.
Il fascista, l'antifascista.
(Io non giudico nessuno.
Siamo stati quello che siamo stati. Posso
accettare, o rifiutare. Rifiutare è stupido).
Passeggiata sul lungomare.
Noi scavalcavamo il muretto
tra il lungomare e la spiaggia,
correvamo sulla sabbia con i cappottini
e i berrettini di lana col ponpon.
Ci riempivamo le scarpe di sabbia,
le scarpe e le calze.
Sono ugualmente o diversamente morti,
i due nonni e i due bambini?
Si comincia da qui:
[...] Una
fila di acacie delimita a Roma il controviale di un'arteria di grande
scorrimento. Vicino a una campana per il vetro e a un cassonetto, attorno
alla base di uno di questi alberi, sono stati deposti quattro vasi di
piante. Un piccolo tulipano. Rami di rose abbarbicati al tronco. Sulla
scorza sono affissi tredici messaggi in forma di lettere e poesie stampate
e impaginate al computer. Tre foto a colori di un ragazzo. Una sigaretta
avvolta nell'alluminio è appoggiata tra i messaggi rivolti a Pablo.
[...]
Non solo
la morte, tuttavia, separa.
"Questa
primavera ci ha portato
fiori gialli che si sono aperti sulla pelle
aprendo fori per far respirare il cuore
e il ventre e le membrane più sottili
e l'anima che si è distesa tra le carni
come un sonno silenzioso e felice
come si pensa a una cosa bella
felicemente
come i rami del rosmarino
hanno fiori azzurri che si possono toccare
con dita molto buone che nei sogni
accarezzano la schiena e gli occhi e fanno bene".
Non c'è
più niente, non c'è più niente.
[...] Questa
ragazza ha la vita sottile e mi piace molto prenderle i fianchi con le
mani. Ha i capelli biondi e lisci, con qualche capello bianco, lunghi
fino a quasi tutta la schiena. Ha il viso largo e la bocca piccola. Le
iridi degli occhi sono verdi lungo la circonferenza esterna, dorate nella
circonferenza interna, attorno alla pupilla. Nella corona i due colori
si mescolano e non so mai se uno possa prevalere. Io penso che l'oro corrisponda
all'anima che si mescola al mondo, e il verde al mondo che si mescola
all'anima. Io conosco ancora poco le cose che ci sono dentro la testa
e il cuore di questa ragazza, ma ho la sensazione che corrispondano amichevolmente
alle cose che ci sono dentro la mia testa e il mio cuore. Cercherò
di essere un uomo buono. Sono sicuro che sarà un'estate molto bella,
e un inizio. Il mio desiderio è mescolarmi. [...]
"L'inverno
dei coltelli andato via
ritornerà.
È già qui.
Aspetteremo l'inverno dei coltelli
con i pensieri buoni accovacciati nella mente
come in una tana di bambini con le zampe grandi.
Avremo sonno contro la paura.
Dormiremo sull'acqua ondeggiando.
Il freddo nel respiro sarà un gioco
da fare con la neve e che fa ridere".
(dialogo.
lui e lei, distesi sul letto, mezzo abbracciati.)
"Sono due anni che non sogno più - diceva -,
non sono più capace di sognare".
Questa notte ho fatto un sogno spaventoso:
c'era l'alluvione, il terremoto, la tempesta
ma forse la tempesta era la stessa cosa dell'alluvione.
Poi c'eri tu che non c'eri, e io ero angosciata perché non c'eri.
Che brutto sogno... e mi sono svegliata
e avrei voluto che tu fossi lì.
(lui, ridendo.)
"È l'effetto orsacchiotto".
Ridi ridi, perché tu non ti ricordi i sogni.
(improvvisamente serio.)
"Mi ricordo un tavolo di marmo nello studio di mio padre
e sulla lastra una donna distesa, verde,
che quando io mi avvicinavo si alzava,
anzi sollevava il busto, rigida, senza appoggiarsi,
come un pupazzo meccanico o qualcosa
del genere.
Questo l'ho sognato
due volte, mi ricordo bene: il giorno prima della comunione
e il giorno prima della cresima".
(lei, perplessa.)
Come fai a essere cattolico, non capirò mai.
"Non si può spiegare".
(lei ride, e l'abbraccia. la mano di lui scivola tra le sue gambe.)
"Mi
sono sentito morire quando
mi sono svuotato dentro di te.
Ho pensato che potevo morire.
Ho pensato che morire dev'essere
così.
Ho paura quando apri le gambe.
Ho paura quando ti tocco il sesso.
Ho paura quando tu
sei in preda al sesso.
Ti inarchi, ti sbatti, sei bellissima, amore.
Quando ti comanda il sesso
tu non mi ami più, lo so.
Io non esisto più, c'è solo il tuo
piacere.
Io non esisto più. Ti odio. Non
voglio perderti.
Non voglio che tu mi abbia".
A: "Perché
esiste il sesso?".
B: "Per generare".
A: "Perché generiamo?".
B: "Perché siamo mortali".
A: "Se Adamo ed Eva non avessero... (fa un gesto osceno)
...sarebbero stati immortali?..."
B: "Chi può dirlo?"
[...] Nella
quarta domenica di Quaresima, i giovani gettano nel fiume una bambola
(vestita da sposa) e dicono: "È la Morte". Poi vanno
nel bosco, abbattono un albero e legano ad esso una bambola vestita da
sposa. Portano in giro per il villaggio (come un trofeo) la bambola prigioniera,
e gridano a tratti: "Via la Morte dal villaggio!". Da quella
domenica fino alla fine della Quaresima, non ci si sposa. [...]
Ci sentiamo
così vivi
quando facciamo l'amore
vero, cara? dimmi di sì
e tuttavia un così intenso piacere
nel sesso è dovuto all'
altissimo rischio di morte.
Non abbiamo le stagioni
del calore: la nostra foia
è ininterrotta.
posso chiamarla foia, vero?
o dovrei chiamarlo desiderio, amore,
o volontà di renderti felice, cara?
Se non genera non è vero.
Pratiche e tecnologie
impediscono di procreare
è la tua libertà, vero, cara?
ma come può esserci piacere
per me, ti dico, per me,
a spremere dal corpo un seme morto!
Ogni coito è un lutto.
ci faccio la figura dell'idiota, vero, cara?
Non dove
giace il tuo
corpo, carne che si decompone;
ma lì dove si è disgiunta
la congiunzione, dove il corpo vivo è diventato il corpo morto
e tu sei diventato irriconoscibile e inconoscibile
per sempre;
lì, in quel luogo, io pianterò la tenda
e rimarrò
finché tu (irriconoscibile, inconoscibile) mi diventerai amico.
Sarai un amico nuovo
e mai visto prima.
Non parlerai.
Avrai (se chiuderò gli occhi) il viso e il corpo
del mio ricordo.
Cucinerò il caffè sul fornelletto da campo
e farò due tazzine.
La tua, non so, forse la verserò per terra
per compiere un rito al quale non potrò credere
e per leggere poi, sul fondo, i tuoi messaggi
ai quali ugualmente non crederò.
Dormirò, diventando incosciente,
con la schiena appoggiata all'albero
che ti rese carne incosciente.
Mi sveglierò ridiventando cosciente, cosa che
a te non è più concessa.
Mi ascolterai? Mi guarderai? Ci sarai ancora?
Potrò pensare a te come una persona
pensa a un'altra persona,
o dovrò pensare a te come una persona
pensa a qualcosa che non è più una persona?
Dimmi.
Farò come vuoi.
Parla, ascolto.
"Sono io, sono qui".
[...] "Sono
Massimo, mi è stato trapiantato il tuo rene". Con la voce
rotta dall'emozione, la mamma di Massimo Alfonso legge all'altare la lettera
che il figlio ha scritto per Marta. "Io dico a te benvenuta in me,
perché grazie alla tua umanità posso avere un futuro pieno
di speranze e di desideri, forse gli stessi che riponevi nel tuo cuore.
Nel prendere te, Dio ha colto sicuramente il fiore più bello. Ti
prometto che avrò cura del dono immenso che mi hai fatto".
La donna in lacrime va ad abbracciare il papà di Marta, che fino
a quel momento è riuscito a trattenere il pianto, e la mamma della
ragazza. Si stringono forte per qualche secondo, anche i giornalisti presenti
alla cerimonia si commuovono. [...]
"Tra
il Circo Massimo
e l'Aventino
c'è il roseto comunale.
Tu per me sei lì.
(Non sei mai stata lì, lo so).
Una rosa tra le tante,
forse la più bella di tutte,
forse soltanto una bella
rosa.
Lì ti respirerò.
Ti avrò nella bocca e nei polmoni.
Nessuna donna ho mai
posseduta così,
da nessuna donna sarò
mai posseduto così.
Io ti ho voluto bene,
anche se non ti conoscevo
tanto.
Ti abbraccio".
(applausi.
il teatro si svuota lentamente)
[...] Al
cimitero Belle Rive a St. Louis lapidi a forma di motocicletta, di mollette
per il bucato, incisioni che riportano accanto al nome del defunto i ritratti
dei suoi cagnolini pechinesi, un paio di ferri per fare la maglia che
spuntano a ornamento di una pietra tombale, obelischi di acciaio inossidabile
con incastonato un computer... "Per informazioni, cliccate qui"...
"State ascoltando le voci di mamma e papà"... Molto apprezzate
le opzioni scrapbook (album fotografico digitale da sfogliare tra una
preghiera e l'altra) e tribute (collezione di spezzoni video che propongono
ai visitatori scene da matrimoni felici o arringhe di telepredicatori)...
[...]
"Non
mi sono mai sentita così male.
Quando mi dissero che era morto
credevo che il cervello mi sarebbe
schizzato fuori dalle orecchie.
Sentivo il sangue premere
contro la calotta cranica,
credevo che sarei scoppiata
di lì a poco.
Ma non successe nulla.
Non so perché non si sia fermato allo stop,
probabilmente non lo saprò mai.
Ma così successe e a me toccò solo di saperlo.
Io non volevo vederlo,
ma mio padre decise per me.
Non sembrava morto, era come se dormisse,
aveva un piccolo cerotto sul mento.
Solo quando toccai le sue gambe
capii che era morto davvero.
Non avevano i muscoli, le pieghe della carne,
era come plastica dura e ghiacciata.
Quando lo baciai sulla fronte
vidi un lampo di luce che faceva rumore
e mi tappai le orecchie
per non sentire.
MORTE BELLA
PAREA NEL SUO BEL VISO.
Ora
non riesco a sentirmelo dentro.
La gente dice: "È in te, vive nel ricordo".
Io non sento nulla di tutto questo".
Era scritto
era detto
da qualche parte
era vero
si diceva
si affermava
tant'era scontato
non si affermava
che si andava
che si sarebbe andati
non "da qualche parte"
ma in un luogo preciso
inferno o paradiso
limbo o purgatorio
o quanto meno in cimitero
in un luogo vero
nel quale una pietra
ci avrebbe coperti
e riparati
dalle piogge e dai ladri
e i visitatori
ci avrebbero ascoltati
nel nostro silenzio
con la devozione
che si deve a chi stenta
a parlare ma merita
l'ascolto
per la venerabile età
o la speciale condizione
o perché informato
su realtà inconosciute
o inconoscibili
chi sa...
[...] È
molto difficile commemorare un compagno, anzi l'amico più caro
e più antico, per chi non crede nella vita eterna. A chi crede
basta ricordarne le virtù e le buone intenzioni e affidarne con
fiducia l'anima a Dio, con la speranza di meritarsi un reincontro in una
superiore pienezza. Ma chi non crede deve combattere una battaglia contro
la morte, nell'unico e limitato modo in cui può: cercando di rendere
il più esteso possibile il ricordo tra chi sopravvive e soprattutto
di rendere evidente la piccola ma duratura traccia che una vita ben spesa
ha lasciato nel corso delle cose. [...]
Il 29 marzo
del '62, quando morì mio
padre, mia madre ereditò 870.000 lire.
[...] Sono
sempre di più i mazzi di fiori appoggiati al cassonetto delle immondizie,
posto alla fine della zona artigianale. Si sono moltiplicati anche i biglietti
di amici e amiche, di bambini qualsiasi, che lasciano messaggi a "Bea".
Alcuni le hanno portato dolci e pupazzetti di peluche. È la calzetta
della Befana che ieri mattina Beatrice avrebbe dovuto trovare al suo risveglio.
[...]
D'UN ANNO
USCÌA DAL PRIMO LUSTRO APPENA.
La zona non
è in centro, anzi, direi che
è piuttosto fuori; ma sono contento di
avere potuto comperare l'appartamento
con la morte di mio padre e vedo in lui
l'uomo morente che ha avuto pietà per
l'uomo che vive.
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