Si
può ben dire che non c’è città italiana in
cui l’arte contemporanea ha un radicamento così profondo
e dinamico come Torino: un’energia culturale che è anche
debordata dalle strutture specifiche del sistema dell’arte, dai
musei e dalle gallerie, concretizzandosi in progetti che interagiscono
direttamente con la realtà urbana, in modo stabile come le opere
per il Passante, o temporaneo come le ormai collaudatissime Luci d’Artista,
che ogni anno allargano il loro raggio di azione.
Per quello che riguarda in particolare la valorizzazione delle ricerche
dei giovani artisti, che sono una risorsa creativa fondamentale troppo
spesso trascurata e lasciata al margine, il sostegno da parte del Comune
di Torino si è sviluppato con continuità negli anni attraverso
serie di mostre e eventi in vari spazi espositivi deputati. Questa volta
è stata fatta una scelta decisamente più avventurosa e originale,
perché si è pensato di proporre le opere dei giovani in
un contesto particolarmente significativo, e precisamente nel palazzo
dove ci sono gli uffici in cui si lavora per l’organizzazione dell’attività
culturale, vale a dire nella sede stessa della Divisione Servizi Culturali
in via San Francesco da Paola. L’operazione è interessante
perché si tratta di un luogo ovviamente molto frequentato, ma con
caratteristiche architettoniche non specificamente adatte per una mostra
concepita con criteri normali. Attraverso un’attenta ricognizione
si sono individuati gli spazi utilizzabili che comprendono l’androne,
le scale, le sovrapporte, gli atrii e i corridoi del piano terreno e degli
altri quattro piani, e anche gli ascensori e la facciata.
Ciascuno degli artisti invitati, in tutto venticinque, ha studiato con
attenzione lo spazio dove collocare i propri lavori, e in molti casi sono
state realizzate installazioni site specific. Il risultato complessivo
è per certi versi sorprendente, e dimostra che la vitalità
dell’arte d’oggi può emergere, a volte, con maggior
efficacia quando è obbligata a confrontarsi con la fluida fenomenologia
del quotidiano, invece di essere messa in scena nelle più agevoli
situazioni dei circuiti specialistici. In genere i visitatori che vanno
a vedere un’esposizione, ci vanno apposta e sanno cosa li attende,
mentre in questo caso la maggior parte della gente si trova davanti a
qualcosa di imprevisto che suscita la loro curiosità, e dunque
le reazioni possono essere molto variegate. Le opere si presentano ai
loro occhi in modo inaspettato. Per esempio, quando entrano e chiedono
in portineria dove si trova questo o quell’ufficio, si trovano davanti
a un video di ConiglioViola, e poi a una grande scultura d’ambiente
in legno con figure di Isola & Norzi, e a un murale con una selva
di mani che contornano la porta di passaggio di Carlo Gloria. Nello scalone,
ecco che appaiono nei vani delle finestre delle grosse teste realistiche
di Radu Constantin Rata, e nella stretta tromba delle scale un ironico
nodo scorsoio di Stefano Bruna fatto con una corda calata dall’alto.
Gli atrii di passaggio e di attesa ad ogni piano, normalmente spogli o
arredati con sedie e piante, sono invece animati dalla presenza di grandi
quadri come la macelleria di Francesco Lauretta, i ritratti lineari di
Valerio Berruti, i personaggi di Carlo Galfione, l’aggressiva figura
femminile di Paolo Leonardo, oppure come le delicate pagine con rilievi
ritagliati di Ester Viapiano, il contorto labirinto di tubi con figure
del dipinto/scultura di Domenico Borrelli, il collage gigante piuttosto
concettuale di Saverio Todaro, o la statua ricoperta di pelle di Massimiliano
Apicella. Al secondo piano, chi attende può scrivere quello che
vuole su un grande quaderno posato su un piedestallo dorato di Maura Banfo.
Chi entra negli ascensori si trova, all’interno, davanti a due foto
semitrasparenti di Giulia Caira incollate sui vetri che danno sull’esterno.
Gli altri lavori sono variamente collocati sulle pareti dei corridoi,
vicino alle porte degli uffici e delle toilette: ci sono foto sul tema
dell’attesa di Chiara Pirito, o che documentano una operazione di
scultura vivente di Maurizio Rabino; architetture dipinte di Marco Memeo;
una donna nuda in una scatola in un quadro di Elisa Gallenca; una visione
sotto la gonna di una ragazza di Manuele Cerutti; una grande tela con
figure di Francesco Sena; e una ermetica scritta concettuale di Cristiano
Berti. E, sempre nei corridoi, sopra le porte di passaggio, una serie
di lavori di Laura Pugno su un tema ambientalista. Infine, due installazioni
in posizioni anomale: delle singolari nuvole luminose di Domenico Luca
Pannoli, sul soffitto dell’atrio al secondo piano; e sulla facciata
esterna un’installazione pneumatica di Fabio Viale.
Insomma questa mostra ha valenze caleidoscopiche e si articola attraverso
un percorso pieno di stimolanti suggestioni estetiche.
Francesco Poli
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