a cura di Olga Gambari |
|
|
GABRIELE OTTINO
Torino 1982 COLLETTIVE |
Immagine video e suono sono al centro del lavoro di Gabriele Ottino. Musicista nel gruppo “Milena Lovesick” e videomaker, nelle sue opere la comunicazione si basa sul ritmo e sulla lieve deformità a cui sottopone materiale preso dal reale. L’anormalità della folle normalità, che Ottino vena di ironia e di interferenze, come le chiama lui. Proprio il concetto di interferenza visiva e sonora funge da meccanismo per allertare che qualcosa non va, che ci sono anomalie in giro. Una piccola scossa per svegliarsi mentre la spina di connessione è brevemente staccata. Una zona anarchica di sospensione delle emissioni, per riattivare quelle dei nostri neuroni. Le immagini e i suoni sono presi e decostruiti, per poi essere rimontati con un’altra sequenza di straniante illogicità; e così scatta l’interruttore nella testa di chi guarda.Alcuni omini vivono dentro a monitor in miniatura, come in gabbiette per criceti, ripetendo la stessa azione all’infinito con velocità accelerata, individui che stereotipizzano la quotidianità di tutti. Geniale demenza in cui si riconosce un’icona dell’uomo comune, il Fantozzi di Paolo Villaggio. In un altro lavoro si ingoia una melassa di spezzoni televisivi, tra talk-show, domenichein, fiction, televendite, rimasticate dentro a un blob ipnotico e mostruoso, con volti che evocano una visionarietà alla Terry Gilliam. Ottino gioca con il binomio realtà/reality, conferendogli una normalissima atmosfera da incubo grottesco. Ci riconosciamo? |
|
GABRIELE OTTINO
|