Nel
ridefinire il concetto di scultura, Piscitelli percorre diverse regioni,
molteplici strati
dell’Essere. La costruzione delle sue macchine sistemiche sensoriali
avviene attraverso
una esperienza fisica, reale, che si traduce successivamente in astrazione
progettuale. Per
esempio, nell’installazione Seconda intenzione/volume rosa,
il “rumore” dell’acqua della
Grotta di Bossea, diventa lo scalpello che interviene sullo spazio, trasformando
l’architettura
juvarriana della Scala “delle forbici” (Palazzo Reale, Torino)
in cassa armonica. Lo spessore
del suono apre uno spazio nell’equilibrio sempre precario tra il
vuoto e il pieno, e la risonanza
ridona possanza alla fredda astrazione concettuale. I sensi investono
il senso.
I dispositivi percettivi delle sue opere invitano a una partecipazione
totalizzante, pur presentandosi
in una veste asciutta e minimale come le scatole di Oxide o alla
“invisibilità”
di Reverse. L’artificio costruito da Piscitelli apre spazi
che rendono possibile la lotta con la
materia nella sua strutturazione in forma, senza mai raggiungere, però
la chiusura di
un’opera compiuta. La ricerca è, quindi, processualità
fenomenologicamente orientata,
volta a riprodurre la genesi dell’esperienza, per modellare lo spazio
circostante come materia
plastico-scutorea. Il movimento di una cosa, la visione di una forma,
l’ascolto di un
suono, non rimandano al modo d’essere fattuale della soggettività
percepiente, bensì alla
configurazione interna del modo di darsi della cosa stessa nelle sue molteplici
possibilità
e punti di vista. È estrinsecazione manifesta dell’offrirsi
dell’Essere nel suo sempre rinnovato
mistero.
Gian Alberto Farinella
“Non ti è
concesso portare
l’opera a compimento
e tuttavia non ti è lecito
sottrarti”.
Talmud
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