Giulia
Caira narra del suo doppio. Specchio di sé come altro da sé.
Le foto di Giulia sono
la prova che un delitto perfetto non è possibile. La sua opera
è la traccia di questa imperfezione
criminale. È la scena di un omicidio, che si tradisce producendosi
nel suo doppio
fotografico. Autrice e oggetto della rappresentazione, vittima e carnefice
allo stesso
tempo, lartista lascia troppi indizi sul luogo del delitto per ingannare
le apparenze. Per
costruirsi un alibi della propria femminilità. Il movente, la posta
in gioco è la nudità travestita
come artefatto proiettivo dellisteria maschile: lidolo dorato
pronto ad essere stuprato.
Ma, tradite dai sensi, le foto di Giulia, che come buchi neri
ti risucchiano nella
loro vuota memoria di superficie, galleggiano in profondità, diventano
frammenti impenitenti,
sberleffi a sé stanti di un violento sentire. Doppi identitari,
luoghi di rimando, dove
si costruiscono parodie immaginarie, al di sopra di ogni sospetto. Sono
attese palpitanti,
sguardi provocanti, debordanti. Sono strategie di spostamento. Seduzioni
per depistare,
per farci deviare. Autentici calchi solo pronti ad uccidere, per non lasciarci
morire.
Gian Alberto Farinella
Se non vi fossero le
apparenze, il mondo sarebbe
un delitto perfetto.
J. Baudrillard
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