MAURA BANFO

Liceo Classico Massimo d'Azeglio

Potremo prendere a prestito i famosi versi danteschi del canto XXVI dell’Inferno per avvicinarci
all’opera di Maura Banfo, artista torinese impegnata nella ricerca fotografica da diversi
anni, dove il sommo poeta, attraverso la voce mormorante e scossa di Ulisse, considera
la natura umana nella sua destinazione ultima: “fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza” (Inferno, XXVI, 119-120). Lo sguardo della Banfo insegue
e fissa la sua insaziabile sete di scoprire come le cose siano composte, di come
“funzionino”, di quale intensità siano costituite. Come quando da bambini si rompono
gli oggetti per vedere cosa c’è dentro, nel tentativo di cogliere il segreto della forma che
assume la materia nel manifestarsi. È una visione ravvicinata, incantata, che entra nella
struttura minimale, invisibile, della sua ordinaria occasionalità, dove la durata dello
sguardo diviene tempo della narrazione. E allora gli oggetti quotidiani, gli edifici pubblici,
le giostre dei luna park diventano mondi possibili, luoghi da esplorare, occasioni per
viaggiare, da cui tornare sazi di conoscenza e virtù!
Gian Alberto Farinella

“Tutti gli uomini aspirano
per natura alla conoscenza.
Ne è segno l’amore che
portano per le sensazioni:
e infatti le gradiscono di per
sé, indipendentemente
dall’uso che ne possono fare,
e tra tutte preferiscono le
sensazioni che hanno
attraverso gli occhi.
Preferiamo la vista a tutto,
si può dire, non soltanto ai .ni
dell’azione, ma anche quando
non dobbiamo fare nulla.
La causa di ciò consiste nel
fatto che la vista ci dà
conoscenza più di tutti gli altri
sensi, e ci rivela molte
differenze fra le cose”.
Aristotele, Meta.sica, I, 980a 21-29

 

 

MAURA

BANFO

 

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Round trip, 2004 – fotografia stampa lambda su alluminio, cm 190x130 ciascuna

 

Vuoti pieni vuoti, 2003 - fotografia stampa lambda su alluminio, cm 50x50 ciascuna