Botto & Bruno
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Suburbs Head .
Modernismo dismesso: fabbriche, unità sanitarie locali, scuole ed asili.
Architetture costruite con una precisa ottica sociale: il fallimento di
tutto un progetto che ha caratterizzato unepoca ha portato questi spazi
pubblici alla loro inutilità; privati del loro valore duso, in questo
vuoto, reale ed irreale al tempo stesso, si materializzano fantasmi,
paure, speranze e utopie. Suburbia è entrata a tal punto nella nostra
testa che in ogni spazio abbandonato vediamo figure in una eterna attesa,
pupazzi che si animano uscendo da scatole di cartone, casse acustiche
immerse nella nebbia, dischi musicali gettati in eterne pozzanghere, ma le
espressioni umane quelle no, sono confuse, sono mille volti in uno, sono
anonime come le architetture in cui abitano, un tuttuno con gli spazi in
cui si muovono. In questi sguardi assenti linterno diventa esterno e
viceversa, tutto sembra uguale: per fortuna è il suo esatto
contrario. Roberta Bruno è nata nel 1966, Gianfranco Botto nel 1963. Opere in collezionI. GAM, Galleria dArte Moderna, Torino; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. premi. 1998: Una porta per Torino , 2a edizione, Associazione Arte Giovane, Centro Congressi Torino Incontra.
"Suburb's head". Modernism cast away: factories, local sanitary units, schools, day-care centres… The architecture of social utility. The failure of an idea that has characterized more than half a century and brought these public places to a uselessness in which, deprived of their value, they are real and unreal at the same time, concrete but empty, a void for fantasms, fears, hopes and utopias to materialise in. Suburbia has entered so far into our heads that every abandoned space seems full of figures in eternal wait, or puppets that gesticulate animatedly, once out of their boxes, of loudspeakers invisible and muted by the fog they are immersed in, and musical records thrown into eternal puddles. The real human expressions, no, not those; they are confused, are a thousand faces in one, as anonymous as the architecture they inhabit, indistinguishable from the spaces they move in, and in their absent regards the inside becomes the outside and vice-versa, and everything seems the same. But in the void, fortunately, the contrary is the case. |