Dal quotidiano “La Repubblica Torino”, un articolo di Cristina Palazzo. Foto ANSA
Francesco G. non è più in carcere. Questo pomeriggio il rapper di 27 anni con gravi problemi psichiatrici, arrestato per aver cercato di uccidere il padre lo scorso settembre a Santhià ma che in carcere continuava a perdere peso e a non parlare, è stato trasferito alle Molinette, nel repartino psichiatrico dove continuerà a scontare la pena ma potrà essere curato. Nelle ultime settimane le condizioni del giovane, con una schizofrenia diagnosticata, erano divenute preoccupanti tanto che oggi sulle pagine torinesi di La Repubblica è stato lanciato l’appello dell’avvocato Alessandro Dimauro e della garante dei detenuti Monica Cristina Gallo. “Dobbiamo salvarlo non può accadere di nuovo”, hanno spiegato, il timore era che rischiasse di morire come Antonio Raddi, ma oggi grazie alla rete e alla collaborazione tra le istituzioni il trasferimento è avvenuto.
Questa mattina la stessa garante, insieme con il deputato Andrea Giorgis, è andata a far visita a Francesco. Insieme hanno incontrato Francesco, “l’ho trovato leggermente migliorato, più reattivo – spiega Monica Cristina Gallo -. Possiamo affermare che in questo caso la collaborazione ha funzionato. Insieme con la direzione dell’istituto, il provveditorato dell’amministrazione penitenziaria, con la sensibilità della provveditrice Rita Monica Russo e la procura, siamo riusciti ad ottenere il ricovero immediato in sicurezza per Francesco. Abbiamo fatto diverse segnalazioni e questa volta per il giovane la macchina si è attivata nel modo giusto”.
Il giovane nelle ultime settimane, ha raccontato il legale, era dimagrito fino a diventare “uno zombie”. Dopo essere stato arrestato, era stato portato nel carcere di Vercelli dove aveva aggredito delle guardie, poi a Torino, reparto Sestante.
Da quel momento aveva iniziato a dimagrire, chiudendosi in un “mutismo totale”, così è stato trasferito a inizio mese alle Molinette, nel reparto psichiatrico, per poi dopo dieci giorni tornare alle Vallette. La segnalazione sul suo stato di salute era arrivata anche dal dottor Roberto Testi come medico temporaneamente reggente del carcere. Oggi la decisione del trasferimento nella struttura ospedaliera.
“Una decisione accolta con piacere, sia da me che dalla madre – spiega il legale Dimauro -. Di sicuro alle Molinette può essere seguito in maniera più congrua con una terapia ad hoc rispetto al carcere. E chissà se magari questo potrà permettere in futuro di ottenere un parziale recupero di questo ragazzo che conosco da anni. Era però necessario intervenire, le sue condizioni erano preoccupanti per questo avevamo segnalato più volte”.
L’attenzione però sulla sorte di Francesco resta alta. “Sappiamo che il trasferimento in ospedale non è la soluzione definitiva ma possiamo dire che oggi siamo riusciti a dare una risposta a questa difficile situazione, ho sentito la madre di Francesco, è sollevata in questo momento – aggiunge la garante Monica Cristina Gallo -. La mia attenzione sarà sempre alta nei prossimi giorni nell’ottica della prevenzione e della tutela del diritto alla salute e alle cure in attesa che si trovi una soluzione diversa al carcere per Francesco e per gli altri giovani con patologie psichiatriche detenuti”.
“La vicenda umana di Francesco purtroppo non è isolata e conferma la necessità di interventi strutturali che rendano possibile una cura efficace delle persone con malattia psichiatrica, che negli istituti penitenziari sono una percentuale non irrilevante – aggiunge il deputato Andrea Giorgis -. Occorrono quindi investimenti economici e più in generale un ripensamento dei servizi di salute mentale per coloro che sono in carcere o sono sottoposti a misure di sicurezza”. Nel sottolineare la sensibilità degli agenti che questa mattina li hanno accompagnati nella visita a Francesco, il deputato pd ex sottosegretario, aggiunge che “c’è però bisogno di più personale e di strutture più adeguate e moderne”. Una risposta nel rivedere i percorsi trattamentali può arrivare dal Pnrr: “Nella ricostruzione del paese dobbiamo progettare anche una ridefinizione del sistema complessivo dell’esecuzione penale. È un investimento a tutela della dignità delle persone e al tempo stesso della sicurezza pubblica, perché quando la pena riesce ad avere la funzione rieducativa i tassi di recidiva calano drasticamente”.