CITTÀ DI TORINO
Respinta dal Consiglio Comunale in data 23 novembre 2011
Il
Consiglio Comunale di Torino,
IN RELAZIONE
alla deliberazione (mecc. 2011 05226/064) avente ad oggetto
"Riordino del Gruppo Conglomerato Città di Torino Programmazione
Economico-Finanziaria 2011-2012",
PREMESSO CHE
- da ormai molti anni i
governi italiani e le amministrazioni locali di Torino, di tutti i colori
politici, perseguono un'unica filosofia economica, tesa alla svendita ed alla
privatizzazione dei beni comuni e del patrimonio collettivo costruiti dal
lavoro degli italiani e dei torinesi nel corso di secoli;
- questa politica non ha
portato i vantaggi promessi, dato che i servizi già dati in gestione ai privati
(ad esempio l'aeroporto) hanno generalmente visto un peggioramento dei servizi,
una crescente insoddisfazione dell'utenza ed un aumento dei costi diretti ed
indiretti per il territorio, risultando un affare soltanto per il privato che
li ha ottenuti;
- questa politica non ha
nemmeno consentito la riduzione del debito pubblico della nazione e della
Città, che è invece aumentato a ritmi vertiginosi, quadruplicandosi nei dieci
anni dell'amministrazione Chiamparino;
- questa politica riduce
progressivamente le libertà di gestione dei servizi pubblici, orientandoli
esclusivamente all'efficienza economica, e che ciò è particolarmente grave in
un momento di crisi, in cui l'equità, la solidarietà e l'accessibilità a tutti
dei servizi fondamentali diventano criteri di gestione essenziali per
preservare i diritti e la coesione sociale;
- questa politica è
stata apertamente rifiutata dai torinesi e dagli italiani tramite i referendum
dello scorso 12 e 13 giugno, i quali, al di là del loro effetto legislativo,
hanno chiaramente indicato la volontà popolare di non procedere ad ulteriori
privatizzazioni dei servizi pubblici, non riferendosi esclusivamente all'acqua;
CONSIDERATO CHE
- con somma ipocrisia,
le stesse forze politiche che solo cinque mesi fa esultavano in piazza per il
risultato di questo referendum e se ne attribuivano il merito, ora intendono
ignorarne il mandato politico e procedere alla privatizzazione dei principali
servizi pubblici torinesi;
- tale azione è
totalmente in contrasto con le linee programmatiche proposte dal Sindaco ed
approvate dal Consiglio Comunale nel mese di luglio, in cui si legge:
"Nella ridefinizione del quadro economico-patrimoniale del bilancio
consolidato del gruppo Città di Torino si valuterà l'utilizzo degli asset delle
partecipate, tenendo in ogni caso conto di due vincoli: il mantenimento del
controllo della società da parte del Comune ed il nuovo quadro politico e
normativo determinato dall'esito dei referendum del 12-13 giugno 2011";
- nonostante le recenti
disposizioni di legge che incentivano la privatizzazione delle aziende,
peraltro emesse da un governo diverso dall'attuale, è certamente possibile
percorrere strade diverse, ad esempio ricorrendo in sede legale contro tali
disposizioni di legge, come fatto da altri enti locali, o costruendo un
consenso politico tra enti locali tale da spingere il nuovo governo Monti a
rivedere le disposizioni approvate dal precedente governo Berlusconi;
- è risibile
l'affermazione secondo cui vendere soltanto il 40% di una azienda pubblica non
corrisponde a privatizzarla, dato che, nelle privatizzazioni già effettuate
dalla Città (aeroporto, farmacie comunali, ...), alla vendita si sono sempre
accompagnati patti parasociali che hanno dato il totale controllo operativo
dell'azienda in mano ai soci privati di minoranza, né è credibile che un socio
privato impegni decine o centinaia di milioni di euro in una azienda pubblica
se non ha garanzia di poterla gestire in proprio e con il solo fine di massimizzare
i propri profitti;
- l'ingresso di soci
privati implica dunque una gestione secondo interessi di parte che sono quasi
certamente in contrasto o quantomeno diversi rispetto agli interessi della
collettività;
- anche eventuali
inefficienze nell'organizzazione aziendale non sarebbero da risolvere cedendo
le aziende ai privati, ma affidandole a manager capaci e non politicizzati, e
che se le aziende pubbliche sono inefficienti è per l'incapacità della classe
politica che le gestisce e non perché sono pubbliche;
- l'Amministrazione,
nonostante le richieste sia nostre che di parte della maggioranza ed un
iniziale impegno esplicito a farlo, si è rifiutata di inserire nella
deliberazione in oggetto un regolamento di gestione tale da garantire il
pubblico interesse nella gestione dei servizi pubblici che sta privatizzando,
presentando una insostenibile bozza costituita solo da un elenco di titoli
privo di significato concreto;
- nell'intera
deliberazione non si riafferma mai il concetto di servizio pubblico, nonostante
si tratti di aziende deputate a fornire pubblici servizi essenziali alla
cittadinanza quali la gestione dei rifiuti (dalla raccolta allo smaltimento) ed
il trasporto pubblico, e ci si limita invece ad impostare la discussione
politica su concetti come la valorizzazione degli asset e le esigenze di cassa,
tipici della finanza;
- non è stata inserita
nell'operazione alcuna garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali e
degli uffici direzionali e contabili delle aziende a Torino, e che anzi molti
degli acquirenti ventilati in queste settimane sono aziende di altre parti
d'Italia o d'Europa, interessate a subentrare nel servizio per poi effettuare
"sinergie organizzative" a danno delle sedi e dei lavoratori
torinesi;
- non vi è nemmeno
alcuna garanzia del mantenimento dell'indipendenza delle aziende e della loro
sede legale ed operativa a Torino, con il conseguente rischio di perdita di una
consistente quantità di tributi locali;
- a fronte del basso
valore (circa 500 milioni di Euro in totale) attribuito dagli advisor alle
aziende oggetto di dismissione, giudicate sottovalutate anche da molti organi
di stampa, il ritorno economico dell'operazione non potrà che essere ridotto,
tanto che già molti hanno parlato apertamente di "svendita";
- tale ritorno economico
sarà ulteriormente ridotto dal fatto che contemporaneamente alle aziende
torinesi anche quelle di tutte le altre città italiane saranno vendute nello
stesso momento, provocando un eccesso di offerta sul mercato e la conseguente
caduta dei prezzi;
- grazie al perverso
meccanismo concepito dall'amministrazione (indebitarsi prima, perdipiù con
obbligo di rientro a breve termine, e vendere dopo) la holding della Città sarà
costretta ad accettare qualsiasi offerta da parte dei privati, anche risibile,
ed a svendere le aziende alla prima occasione per un tozzo di pane, persino se
cambiasse il quadro di riferimento a livello nazionale;
- a fronte di una
operazione "una tantum", non ripetibile e che impoverisce
pesantemente la Città, le cifre da essa risultanti non saranno dunque
sufficienti a ridurre il debito della Città in maniera significativa,
permettendo di ripagare non più del cinque per cento del debito totale nel caso
migliore, e dunque non permetteranno certo di evitare la bancarotta della Città
nel momento in cui le condizioni del mercato finanziario fossero tali da non
permetterle di rifinanziare il credito;
- l'unica via d'uscita
dalla spirale del debito pubblico, della Città così come della nazione, è un ripensamento
radicale della struttura della nostra economia, a partire dalla riconquista di
una sovranità monetaria e dal ridimensionamento del potere della finanza,
nonché da una rinegoziazione equa dei debiti che protegga gli investimenti
delle famiglie punendo la speculazione della finanza globale;
- questa via d'uscita
dalla crisi richiede però una politica che non sia succube della finanza e
della filosofia economica che è alla radice della crisi stessa, e che abbia il
coraggio di dire NO e di intraprendere un ripensamento collettivo
dell'organizzazione economica e sociale, smettendo di correre dietro ad un
debito gonfiato dagli speculatori e comunque impossibile da ripagare;
TENUTO CONTO CHE
- il nostro Paese sta
vivendo una situazione politica, economica e finanziaria caratterizzata da
enormi incertezze, che incideranno fortemente sull'esito e gli effetti
dell'operazione (liberalizzazioni, tassi di interesse sui prestiti, ecc.), e
che suggerirebbero di muoversi con cautela vincolandosi il meno possibile,
mentre la deliberazione obbliga esplicitamente la Finanziaria della Città di
Torino (F.C.T.) ad estinguere nei prossimi diciotto mesi il prestito ponte
acceso come parte della presente operazione, tramite la vendita dei pacchetti
azionari di minoranza acquistati dalla Città di Torino;
- l'intera operazione,
nonostante la ripetuta discussione in commissione consiliare, non è stata
discussa e condivisa con i cittadini fuori dai palazzi della politica, che non
sono stati coinvolti i Comuni ed i cittadini dell'area metropolitana,
fortemente interessata dai servizi che erogano le aziende in questione;
- non sono state
considerate le proposte dei comitati referendari e di altre entità della
società civile;
- tra le altre cose sono
state ignorate centinaia di e-mail di cittadini attivi che chiedevano la
sospensione dell'operazione, respinte le richieste di audizione di alcune forze
sindacali e negate le richieste da parte di oltre 50 consiglieri
circoscrizionali affinché le Circoscrizioni potessero esprimere un proprio
parere, ancorché non vincolante, sulla deliberazione in oggetto;
- non vi è alcuna
chiarezza e certezza su quali saranno gli effetti ed i successivi scenari
determinati dall'operazione e che pertanto né i consiglieri comunali né i
cittadini sono consapevoli di come si svilupperà questa operazione e di quali
saranno le sue conseguenze;
- la richiesta dei
proponenti di questa mozione di cancellare l'intera operazione, a cui siamo
esplicitamente e completamente contrari, è stata ignorata dalla Giunta;
IMPEGNA
il Sindaco e la Giunta a seguire le linee guida qui di seguito
esposte nell'implementazione e nei futuri sviluppi della deliberazione in
oggetto.
1. Implementare in
brevissimo tempo, prima di qualsiasi altra fase di questa deliberazione, un
modello di governance tale da garantire il totale controllo da parte della
Città sull'erogazione dei servizi pubblici affidati alle aziende in via di
privatizzazione. In tal modo dovranno essere definiti in modo chiaro e netto i
rapporti tra la Città di Torino e la Holding, tra la Città di Torino e le
future aziende che nasceranno dalla scissione di F.C.T. e tra la Città di
Torino e le società partecipate in seguito alla cessione del 40% di alcune di
esse. Il modello di governance dovrà pertanto prevedere che:
a. in tutte le fasi
successive di sviluppo dell'operazione (scissione di F.C.T. , vendita delle
quote e controllo della società in seguito all'ingresso del privato) vengano
coinvolte ed ascoltate le forze di opposizione, la società civile, i sindacati
ed i comitati di cittadini, inclusi quelli del referendum del 12 e 13 giugno;
b. nella definizione dei
patti parasociali con i nuovi soci privati, il controllo ed il potere di
indirizzo rimangano in mano al socio pubblico e che pertanto, a titolo
esemplificativo, l'amministratore delegato delle società oggetto
dell'operazione venga nominato dal socio pubblico;
c. sia presente
un'autorità indipendente dai soci privati ed espressione del Consiglio Comunale
che vigili in modo efficace e continuo sull'operato, sul rispetto dei contratti
di servizio e sulla qualità dell'erogazione stessa dei servizi pubblici delle
aziende in questione, eventualmente rivedendo e rafforzando il ruolo
dell'Agenzia per i Servizi Pubblici Locali prevista dall'articolo 81 dello
Statuto della Città.
2. Nella fase di ricerca
e di scelta dei soci privati per le nuove aziende, garantire che:
a. siano prioritariamente
scelti soci che abbiano la sede legale e la dirigenza a Torino;
b. si preferisca l'ingresso
di una molteplicità di soci del territorio (azionariato diffuso) rispetto alla
cessione ad una singola corporation.
3. Garantire che, negli
accordi per la cessione ai privati delle quote delle aziende, venga ribadito
che lo scopo primario di queste società è fornire un servizio pubblico
essenziale alla cittadinanza anziché garantire reddito ai soci privati, e che
pertanto:
a. sia garantito che i
livelli di servizio, le tariffe e le politiche commerciali vengano definiti dal
socio pubblico, in quanto unico attore in grado di determinare ed interpretare
quali siano le esigenze e le necessità della cittadinanza;
b. il socio privato si
vincoli a rispettare un piano industriale definito dal Consiglio Comunale,
previa consultazione della cittadinanza e delle forze sociali, che abbia come
principale obiettivo la tutela del valore pubblico del servizio ed il massimo
investimento nella sua qualità, efficienza e convenienza;
c. sia previsto il
conseguimento di obiettivi industriali entro un certo numero di anni, in
termini di nuova occupazione e di efficienza dei servizi, richiedendo il
pagamento di penali in caso di loro mancato raggiungimento;
d. sia previsto un tetto
massimo alla redistribuzione di utili ai soci, garantendo la priorità al
reinvestimento dei margini operativi nel miglioramento del servizio;
e. siano previste
clausole di garanzia sul mantenimento delle aziende come entità indipendenti
con la sede legale ed operativa a Torino;
f. siano previste
clausole di garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali e degli uffici
direzionali e contabili a Torino;
g. sia garantita la
possibilità di controllo sull'operato delle aziende da parte dei consiglieri
comunali e dell'Agenzia per i Servizi Pubblici Locali, in termini di effettivo
e tempestivo accesso a tutti i loro atti.
4. Promuovere un'azione
concreta nei confronti della Regione Piemonte affinché ricorra alla Corte
Costituzionale per rendere illegittimo l'articolo 4 della manovra finanziaria
dello scorso agosto, che reintroduce di fatto l'articolo 23 bis ad esclusione
dell'acqua, articolo abrogato dal referendum del 12-13 giugno scorso.
5. Promuovere un'azione
concreta nei confronti della Regione Piemonte affinché non venga modificata
l'attuale legge regionale che prevede che vi sia una netta divisione tra le
aziende coinvolte nella filiera del rifiuto, a garanzia del fatto che non sia
lo stesso soggetto ad avere interessi nella prima fase della catena (raccolta,
differenziazione) e nell'ultima fase di essa, cioè lo smaltimento del rifiuto
stesso.
6. Ai fini della
riorganizzazione nonché della maggiore efficacia di gestione, conferire alla
futura holding anche la partecipazione di maggioranza (51%) della Città di
Torino nelle Farmacie Comunali, senza alcuna volontà di successiva cessione di
ulteriori quote, affinché possa essere anche essa soggetta al nuovo modello di
governance che verrà definito.
7. Evitare di inserire
nei contratti di vendita clausole di compensazione tra il corrispettivo versato
dal privato per l'acquisto ed eventuali debiti diretti o indiretti della Città
verso l'acquirente, poiché non si ritiene opportuno che il fatto di acquistare
una di queste società diventi titolo preferenziale per uno dei creditori della
Città per ottenere un pagamento privilegiato del debito rispetto agli altri
creditori.
8. Specificamente per
quanto riguarda la cessione a privati di una quota di minoranza dell'azienda
Trattamento Rifuti Metropolitani (TRM):
a. garantire che la Città
non debba affrontare ulteriori spese legali e di consulenza per il solo avvio
della procedura di consultazione con le banche finanziatrici della costruzione
dell'inceneritore del Gerbido;
b. garantire che
l'eventuale rinegoziazione del contratto di finanziamento di TRM, relativo alla
costruzione dell'inceneritore del Gerbido, non avvenga a titolo oneroso e non
preveda una compensazione a favore delle banche finanziatrici o un
peggioramento delle condizioni di accesso al credito da parte di TRM;
c. inserire nei patti
parasociali un tetto massimo alle tonnellate di rifiuti solidi urbani
provenienti dalla Città da conferire a TRM per l'incenerimento, decrescente nel
tempo e coerente con gli obiettivi di differenziazione dei rifiuti che si è
data l'Amministrazione.
9. Specificamente per
quanto riguarda la cessione a privati di una quota di minoranza dell'azienda
Amiat:
a. garantire che i
soggetti acquirenti della quota non siano tra quelli che acquisiscono quote in
TRM, né appartengano agli stessi gruppi industriali, per evitare i forti
conflitti di interesse che ne potrebbero derivare, prevenendo una situazione in
cui l'operatore che raccoglie i rifiuti dei torinesi sarebbe di fatto
incentivato a smaltirli tramite l'incenerimento, fonte di reddito di TRM,
anziché tramite la differenziazione ed il recupero degli stessi;
b. inserire nei patti
parasociali un piano, valido nel caso in cui Amiat vinca le future gare per la
gestione della raccolta dei rifiuti in Torino, di aumento progressivo delle
percentuali di riciclo dei rifiuti solidi urbani e di estensione della raccolta
differenziata porta a porta a tutto il territorio della Città, prevedendo
adeguate penali in caso di sua mancata implementazione.
10. Specificamente per
quanto riguarda la cessione a privati di una quota di minoranza dell'azienda
GTT (Gruppo Torinese Trasporti):
a. garantire che i
soggetti acquirenti delle quote non esercitino e non abbiano interessi in
attività in concorrenza con il trasporto pubblico locale, come (a titolo
meramente esemplificativo) la produzione o la vendita di veicoli per il
trasporto privato, la gestione di autostrade e strade a pagamento, la gestione
di parcheggi a pagamento destinati al traffico privato;
b. inserire nei patti
parasociali un vincolo, fin tanto che il trasporto pubblico torinese sia in
gestione totale o parziale a GTT, al reinvestimento degli utili nel
miglioramento della qualità del servizio di trasporto pubblico a Torino ed in
particolare nell'aumento e nel rinnovo dei mezzi circolanti ed al
cofinanziamento di nuove infrastrutture dedicate, anziché destinare gli utili
alla distribuzione ai soci;
c. inserire nei patti parasociali un vincolo, fin tanto che il trasporto pubblico torinese sia in gestione totale o parziale a GTT, a procedere tempestivamente all'adozione generalizzata del BIP (biglietto integrato Piemonte) ed a garantire politiche tariffarie ed operative di piena interoperabilità ed interscambio con gli altri operatori del trasporto pubblico locale e regionale di Torino, vietando pratiche tese a scoraggiare l'uso di mezzi di altri operatori o a non riconoscere la validità dei biglietti ed abbonamenti integrati, specie se eventualmente emessi da altri operatori del territorio.