Luci e ombre, alti e bassi, chiaroscuro… i luoghi comuni si sprecherebbero, se ci si volesse limitare a descrivere con essi il ritratto del rapporto fra Torino e i flussi turistici tracciato dall’ultimo “Rapporto Giorgio Rota”. Questa mattina, è stato il professor Luca Davico a presentarne la sezione “turismo” ai consiglieri e consigliere delle commissioni V Cultura e III Lavoro, presiedute rispettivamente da Massimo Giovara e Andrea Russi. Al netto dei dati del 2020, annus horribilis segnato dalla pandemia (-20% di presenze a febbraio 2020, azzerate ad aprile, – 75% ad ottobre) ne emerge una città che negli ultimi anni ha conosciuto, rispetto ai decenni passati, una grande crescita del turismo. Un turismo attirato soprattutto da eccellenze culturali quali la Reggia della Venaria Reale (quinto polo museale italiano, per numero di visite e il Museo Egizio, nonché dalla contiguità con il distretto delle eccellenze gastronomiche ed enologiche, imperniato sulle Langhe.
Il grafico 2007-2018 delle presenze turistiche sotto la Mole e quello degli ingressi nei musei procede in parallelo. Tuttavia, ha sottolineato Davico, molte potenzialità sono ancora a sfruttare, a cominciare da quella naturalistica, dato che siamo al primo posto tra le metropoli italiane per aree naturali protette, per continuare con quello definito “turismo per lavoro” (congressi, affari) o gli eventi spettacolo: per entrambi esistono nella nostra città ampi spazi attrezzati, a cominciare dal PalAlpitour, la prima struttura italiana nel suo genere (il PalaVela è la quinta).
Quello verso Torino è però un turismo che resta essenzialmente costituito da nostri connazionali, mentre il numero dei visitatori provenienti da altri Paesi cresce ma non decolla oltre un 30% circa. Questo in un Paese il quale occupa il quinto posto nella classifica mondiale dei più visitati. Un turismo a breve-medio raggio, quello su Torino, che privilegia l’automobile per raggiungere il capoluogo piemontese, segno di buoni collegamenti autostradali: sei direttrici convergenti e il primo posto tra le principali città italiane, in particolare le quindici classificate come aree metropolitane.
Da parte sua, l’aeroporto “Sandro Pertini” di Caselle segna il passo e anzi arretra, con un quarto dei collegamenti persi nell’ultimo decennio e una retrocessione nella classifica nazionale degli aeroscali dal sesto posto del 1999 al dodicesimo. Torino risulta inoltre in buona posizione, sesta fra le aree metropolitane della Penisola, per i collegamenti ferroviari, sia ordinari che in alta velocità.
I problemi non mancano, a partire dal miglioramento della promozione e del marketing. Il Rapporto Rota ha evidenziato, ad esempio, come Torino sia oggi quasi esclusa dai pacchetti offerti dagli operatori turistici nei 24 Paesi che esprimono i principali flussi turistici in uscita. Inoltre, il tasso di collegamento alla banda larga, qui in città, risulta inferiore non solo a quello di Milano e Roma, ma cede posizioni anche a Reggio Calabria, Catania, Palermo e altre metropoli. E d’altra parte, i posti di lavoro connessi al settore turistico restano una piccola frazione nell’ambito del terziario. Inoltre, mancano campeggi e ostelli, importanti per il turismo familiare e giovanile.
Un dato che ha suscitato parecchio interesse è quello della non esistenza di un rapporto diretto tra grandi eventi e flussi turistici, se non nel rappresentare questi ultimi una concausa nell’ambito di un trend di crescita lento e tendenzialmente costante. I primi due anni post Olimpiadi invernali, ad esempio, avevano segnato un calo delle presenze, con le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia del 2011 a costituire un potente rilancio, almeno per il turismo italiano. Un argomento questo che ha particolarmente attirato l’attenzione di vari consiglieri e consigliere intervenuti (Carretto, Mensio, Russi, Artesio), mentre gli assessori Leon e Sacco hanno ribadito l’importanza del fare sinergie su un’area geografica ampia e sull’importanza delle prossime ATP Finals.
Claudio Raffaelli