Per la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Torino, Monica Cristina Gallo, presentare la relazione annuale all’interno della Casa circondariale “Lorusso e Cutugno” non è stata una scelta casuale. Anzi, è stata l’occasione per aprire un edificio dove la libertà è negata e portare all’esterno i problemi e le difficoltà della quotidianità del carcere. Alla presentazione della relazione sono intervenuti: la sindaca di Torino Chiara Appendino, l’Ufficio di presidenza del Consiglio comunale e la Conferenza dei capigruppo, il direttore della Casa circondariale Domenico Minervini e il comandante Giovanni Battista Alberotanza, il Garante regionale Bruno Mellano.
Fra i problemi affrontati dalla Garante: la necessità di intensificare le azioni di prevenzione per il superamento delle criticità ancora presenti all’interno del carcere torinese e l’importanza di fornire risposte adeguate a coloro che, terminato il periodo di detenzione, si trovano smarriti nell’affrontare il “dopo”. I programmi riabilitativi, se intrapresi, sovente cessano con il fine pena e non prevedono una continuità che consentirebbe di abbassare il tasso di recidiva. A questo proposito, la Garante è stata piuttosto esplicita: “Le proposte strettamente reclusorie e le pene più aspre – sostiene Gallo – non rappresentano gli strumenti che costruiscono legalità e sicurezza, l’isolamento e la carenza di programmi trattamentali non sono la risposta alla necessità di reintegrarsi a fine pena”. “La maggior parte di coloro che tornano in libertà – ha continuato Gallo – non sanno orientarsi geograficamente fra gli sportelli dedicati all’assistenza, non conoscono le modalità operative dei differenti settori comunali e ancora troppo spesso non sono al corrente che il primo passo da compiere è quello di una nuova iscrizione all’anagrafe per non entrare nella categoria delle persone irreperibili verso le quali gli interventi si complicano e i diritti si riducono”. Per tutti questi motivi, gli ex detenuti si presentano all’Ufficio della Garante, per chiedere un lavoro o una casa ed evitare di riprendere la vita di strada in povertà, che spesso ha rappresenta la causa del loro delinquere. “L’assistenzialismo non restituisce dignità – ha concluso la Garante – è necessaria una collaborazione attiva con coloro che chiedono di essere sostenuti e aiutati”. Serve allora sperimentare il sostegno generativo, riportando al centro la persona con le proprie risorse e capacità per generare un incontro tra diritti e doveri. Da parte delle istituzioni cittadine, massima disponibilità alla collaborazione: “Serve costruire un clima di comunità – ha sottolineato Appendino – e la Città ha l’interesse, oltre che il dovere istituzionale e morale, di impegnarsi per costruire percorsi, anche sperimentali, che permettano alle persone di avere una seconda possibilità”. “Una collaborazione, per altro già sperimentata nel rapporto costruttivo e costante con tutto il Consiglio comunale – ha rimarcato il presidente Fabio Versaci – che ha portato ad iniziative pensate e realizzate. La Garante ha infine terminato la presentazione della relazione dedicando alcuni passaggi all’Istituto minorile, sottolineando l’impegno ed i risultati del Centro di Mediazione penale del Comune di Torino, e al recente inserimento nel programma dei monitoraggi dei rimpatri forzati degli stranieri trattenuti al C.P.R. (già CIE.), coordinato dal Garante nazionale e regionale: non solo visite presso il CPR per la tutela dei diritti dei cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione ma, anche il monitoraggio delle operazioni di rimpatrio forzato in tutte le sue fasi.
Marcello Longhin