Un giro del mondo, tra sguardi, oggetti, colori, odori e sapori. E’ il Migrantour, una passeggiata nella zona di Porta Porta Palazzo, luogo di incontro di storie e culture, di tradizioni e di integrazione, alla quale hanno preso parte i consiglieri delle commissioni Cultura e Pari Opportunità.
L’iniziativa, nata nel 2010 sotto la Mole, grazie a un lavoro che ha coinvolto decine di associazioni e istituzioni (tra queste la Città di Torino), realizzata dalla società cooperativa sociale Onlus Viaggi solidali con l’apporto della Fondazione Acra e dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, ha lo scopo di narrare l’immigrazione a Torino non solo a Porta Palazzo ma anche a Mirafiori, a San Salvario, in Barriera di Milano, nel quartiere San Paolo. Oggi il Migrantour torinese è parte di una rete di itinerari che svelano storie di immigrati anche in altre città italiane (Genova, Milano, Roma, Firenze, Bologna , Cagliari, Catania, Pavia) ed europee (Marsiglia, Parigi, Lisbona, Bruxelles, Lubiana).
La Galleria Umberto I, già sede dell’ospedale dell’ordine Mauriziano la cui data di fondazione, 1754, campeggia all’ingresso della farmacia che ne porta il nome, fa da cornice storica all’inizio del tour.
Un luogo elegante all’interno del quale si colloca la storia di una delle prime famiglie cinesi giunte a Torino nel 1949, che qui è titolare di un negozio. Quella cinese è un’immigrazione di tipo familiare, caratterizzata, nella maggior parte dei casi dal sogno di poter avviare un’attività in proprio, potendo contare sulla grande unità che caratterizza questa comunità.
Il percorso si snoda attraverso i banchi di frutta e verdura del mercato di Porta Palazzo dove non è difficile cogliere lingue e dialetti diversi (sono una sessantina quelli classificati).
I consiglieri, guidate da Rosita, di origine peruviana e da Mirela, romena, si sono quindi soffermati presso l’Antica tettoia dell’orologio all’interno della quale spiccano negozi di prodotti romeni, in particolare le macellerie, dove trionfano gli insaccati affumicati (è tradizione in Romania allevare un maiale in giardino, è stato raccontato) ma anche prodotti come il succo d’uva prodotto dalla Fanta, normalmente assente dal mercato italiano. A differenza di quella cinese, l’immigrazione romena è stata, in una prima fase, agli inizi degli anni ’90, prevalentemente maschile che trovava lavoro nell’industria. Tuttavia, la crisi occupazionale ha ridotto il fenomeno aprendo però all’immigrazione femminile che riusciva più facilmente ad essere coinvolta in attività legate alla cura della casa e delle persone. Non mancano gli aneddoti, racconti di usanze come quelle delle uova sode colorate a Pasqua o delle stesse uova svuotate e dipinte, vere opere d’arte.
Se il mercato dei contadini con prodotti a km 0 era un’esclusiva dei contadini piemontesi, oggi non è più così. Cinesi, ma non solo, si dedicano all’agricoltura e vendono ortaggi che pur prodotti in territorio piemontese mantengono le caratteristiche di quelli prodotti nei Paesi di origine: così è per i fagiolini, per le zucchine, per le melanzane cinesi che presentano fisionomie decisamente diverse da quelle alle quali siamo abituati.
All’angolo con corso Giulio Cesare, si incontra un pezzo di Marocco, col le sue macellerie di carne Halal vale a dire carne permessa perché macellata secondo un preciso rituale da persona osservante i precetti del Corano. Carne e altri elementi ma non solo. Teiere, bicchieri, pentole per il cous cous ed altri oggetti offrono uno spaccato di vita e di usanze della comunità marocchina
Ma il Migrantour non si limita all’immigrazione straniera ma anche a quella interna. Il percorso completo infatti comprende anche la visita al mercato del pesce ancora oggi caratterizzato da una forte presenza di operatori provenienti dal sud Italia.
Le passeggiate (circa 120 all’anno) ogni anno coinvolgono centinaia di classi delle scuole. Tutte le informazioni per partecipare ai Migrantour di Torino sul sito www.migrantour.org.