Era più bella la Torino di ieri o quella di oggi?

Una cartina del 1865 ripropone il sogno torinese di realizzare uno sbocco sul mare: il progetto rimasto sulla carta prevedeva la navigabilità sul Po dall'Adriatico al Mar Ligure.

L’interrogativo del titolo è obbligato se vi trovate nei locali dell’Archivio Storico del Comune in una giornata di scampoli estivi mentre attraversate le sale climatizzate della mostra dedicata alla ‘Torino che non c’è più’. La freschezza dell’ambiente aiuta a trovare lucidità e a osservare duecento pezzi tra fotografie, documenti e disegni. In apertura gli Ordinati del Consiglio Comunale del Trecento rilegati in pergamena con la campana della torre civica – simbolo cittadino – effigiata in copertina che all’epoca chiamava i consiglieri a raccolta e disciplinava gli orari della piccola città di cinquemila abitanti; come spiega Maura Baima – curatrice con Fulvio Peirone dell’esposizione – negli Ordinati municipali leggiamo i verbali redatti da un notaio a riassumere i provvedimenti assunti che già a quei tempi si affidavano a una Giunta sui generis: il ‘minor consiglio’ o ai ‘sapientes’. Incuriosisce la grafia astrusa in un latino imbastardito da lessico e sintassi del dialetto piemontese; i testi sono online nel sito dell’Archivio. Conoscete la storia della torre civica alta sessanta metri che sorgeva all’angolo delle attuali via Garibaldi e via San Francesco d’Assisi? Napoleone la tirò giù nel 1801 ma si può vedere il progetto precedente di alcuni decenni perché l’edificio era pericolante e si pensava di rifarlo ma alla fine non se fece niente. Imperdibile la parte della Torino campagnola novecentesca: mucche e pecore che nel 1939 traversano corso Vinzaglio; la benedizione degli animali al Sant’Antonio Abate del 1941; l’ultimo vetturino col suo cavallo in piazza San Carlo nel 1975 e – nello stesso periodo – il mercato degli animali vivi in una Porta Palazzo che ricorda i commerci rinascimentali della piazza grande di Cracovia. Si sorride davanti al dagherrotipo datato 1850 dell’elefante indiano Fritz – donato a Carlo Felice nel 1827 dal viceré d’Egitto – immortalato nel cortile di Stupinigi. Poi la Torino dal secondo dopoguerra ai Settanta: i bunker ancora esistenti nel 1950; l’ex manicomio di via Giulio; l’evasione dalle Nuove del 1973 con le lenzuola annodate; piazze oggi pedonalizzate a lungo parcheggi e snodi viari; i Gabinetti di decenza a Porta Susa; lo stadio Comunale pieno all’inverosimile con la gente accalcata sull’erba con i piedi a bordocampo; la pedonalizzazione di via Garibaldi. Tra le tante le immagini toccanti forse la sezione dedicata al Teatro Regio ne raccoglie più di tutte; una sezione con documenti dedicati alla ricostruzione dall’incendio che distrusse il teatro l’8 febbraio 1936 fino alla serata inaugurale del 10 aprile 1973. Per vedere ‘Torino che non c’è più. Un tuffo nel passato fra curiosità, stranezze e immagini mai viste’ c’è tempo fino al 29 settembre. L’Archivio Storico è in via Barbaroux 32 e la mostra – a ingresso libero – apre dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 16.30. Informazioni al sito internet: http://www.comune.torino.it/archiviostorico/mostre/to_non_ce_piu-2023/to_non_ce_piu.html

Roberto Tartara

Nella foto interna: La copertina dell’Ordinato municipale del 1390.