La sovrintendente che accarezza con fare materno la mano di una ragazza di neanche vent’anni, attraverso le sbarre della cella. Per lei una breve vita alle spalle, con rapporti familiari complicati, con situazioni di degrado e di umiliazione. Parla italiano, la pelle scura, e chiede il significato delle parole, quelle di uso meno comune, per farle sue, dimostrando vivacità intellettuale e voglia di riscatto.
E’ una delle immagini più belle e insieme più triste tra quelle rimaste impresse ai consiglieri delle commissioni Legalità e Diritti e Pari opportunità che ieri hanno fatto visita alla sezione femminile della casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”.
Obiettivo toccare con mano lo stato di disagio fra le detenute sfociato, nelle settimane scorse, in uno sciopero della fame.
Dopo quanto relazionato in Commissione dalla presidente del Consiglio Comunale, Maria Grazia Grippo, già in visita al carcere il mese scorso, i presidenti delle due commissioni, Luca Pidello ed Elena Apollonio, con i consiglieri, hanno voluto incontrare le detenute e dialogare con loro, presente anche la Garante per i diritti delle persone private della libertà personale, Monica Gallo.
Ne è emerso un quadro nel quale alle difficoltà di vita e di gestione della quotidianità si aggiungono quelle legate all’accesso a misure alternative, vincolate alla presenza di un lavoro, di un’abitazione o di documenti. Tra le detenute c’è chi sottolinea come l’assenza di un luogo o di una famiglia dove poter essere accolti, in un percorso alternativo al carcere, comporti talvolta l’assegnazione ad una comunità, condizione, è stato sottolineato, che non consente un vero distacco dalla realtà carceraria.
Da parte loro è stata avanzata la proposta che sia considerata la possibilità di utilizzare a turno o in condivisione alloggi vuoti degli anni 50 e 60, che per le grandi superfici non vengono assegnati alle famiglie poco numerose di oggi.
Segnalano percorsi legati alle condizioni psichiatriche poco rispondenti alle reali necessità, denunciano lavoro effettuato all’esterno del carcere senza compenso e le difficoltà di accedere a percorsi lavorativi per chi ha una pena da scontare sotto i due anni, previsti prevalentemente per chi ha pene più lunghe.
Sono 110 attualmente le donne detenute, su una popolazione carceraria di 1400 persone.
A tutte, l momento dell’accesso, viene consegnato un kit che contiene tra l’altro prodotti igienici. Terminati questi, l’acquisto di nuovi prodotti avviene con risorse proprie, un problema in più per chi non può contare su introiti da lavoro o famiglia. In molte, ad esempio, hanno sollevato il problema legato all’acquisto degli assorbenti.
Le Commissioni torneranno a riunirsi la settimana prossima quando a Palazzo Civico approfondiranno i temi sollevati dalle detenute e verificheranno, insieme all’assessora Gianna Pentenero, con delega ai rapporti con l’istituto penitenziario, possibili soluzioni.
Federico D’Agostino