Un’interpellanza generale sul tema delle conseguenze sul territorio torinese del Decreto Sicurezza, presentata dalle opposizioni di centrosinistra e sinistra (primo firmatario Stefano Lo Russo) è stata oggi discussa in Sala Rossa, insieme ad un’interpellanza sul stesso argomento presentata da alcuni consiglieri delle stesse aree (prima firmataria, Eleonora Artesio).
L’assessora ai servizi sociali Sonia Schellino ha esordito ricordando il lavoro svolto con ANCI e prefetture, per limitare le ricadute negative del Decreto. Alcune circolari hanno dato interpretazioni autentiche della normativa: vanno distinte la regolarità del soggiorno sul territorio nazionale dai programmi di accoglienza. L’abolizione della protezione umanitaria, ha spiegato Schellino, non comporta automaticamente il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari. I migranti già in possesso di permessi per motivi umanitari se troveranno lavoro entro la scadenza potranno convertirlo in permesso per lavoro, così pure quelli che hanno già ottenuto prima del 4 ottobre 2018 il permesso umanitario, otterranno un permesso di due anni per casi speciali convertibile in permesso di lavoro.
Le criticità sono dunque rinviate alla scadenza dei permessi, quando le commissioni territoriali di pronunceranno su criteri più restrittivi. Il Decreto prevede un elenco paesi sicuri, decisivo per i lavori delle commissioni territoriali, che sostituirà l’ampio principio della protezione umanitaria. Solo una piccola parte degli attuali permessi umanitari rientrerà in queste condizioni. Quest’anno il problema si porrà per le centinaia di richiedenti asilo la cui posizione non era ancora stata definita il 4 ottobre scorso. Dopo eventuale ricorso diventeranno irregolari. Nel SIPROIMI (sigla sostituisce SPRAR) di Torino sono presenti 486 persone di cui 180 migranti con permesso umanitario e circa 200 richiedenti asilo, con circa 100 titolari di protezione internazionale (per i quali nulla cambia). Nessuna di queste persone è stata finora dimessa per effetto del Decreto, che prevede per titolari di perm
esso umanitario e richiedenti asilo in SPRAR che rimangano in accoglienza sino a scadenza del progetto. In caso di diniego, è possibile fare ricorso all’Autorità Giudiziaria e si resta nel frattempo in struttura. Col ricorso in Cassazione si è ancora regolari ma cessa l’accoglienza. Molto dipenderà da scadenza permessi, celerità della commissione territoriale, esistenza o meno di ricorsi. Il SIPROIMI non verrà ridimensionato, vi verranno trasferiti i i titolari di protezione internazionali nei CAS, i minori non accompagnati con domanda di protezione non definita alla maggiore età, i casi protetti, i titolari di permessi per calamità o atti di valore civile. I minori in carico sono 172, i neo
maggiorenni ancora seguiti sono 86. In città metropolitana il SIPROIMI ospita circa 950 persone. Continueremo a lavorare, ha concluso Schellino, per limitare le ricadute negative sul territorio.
La consigliera Elide Tisi (PD) ha ricordato il pronunciamento del Consiglio comunale dell’ottobre scorso ed espresso preoccupazione che il decreto Sicurezza produca presenze significative di irregolari, persone che avevano con soggiorno per motivi umanitari che oggi di fatto non esiste più, col venir meno della residenza che preclude quindi altre possibilità di inserimento e inclusione come sanità, ISEE, scuole professionali. I sindaci, ha aggiunto Tisi, non avranno più contezza di chi si trova sul loro territorio. Infine, la consigliera ha chiesto alla sindaca se non ritenesse opportuno assumere una posizione politica in merito, viste le prese di posizione di vari primi cittadini. Eleonora Artesio (Torino in Comune) ha portato ad esempio le posizioni assunte dai sindaci di Napoli e Palermo, che senza disobbedire alla legge hanno dato disposizioni agli uffici per la non esclusione dall’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo posti fuori dai circuiti di accoglienza o dato mandato di verificare se l’applicazione del Decreto Sicurezza non violasse da parte di funzionari pubblici le norme costituzionali che definiscono la protezione umanitaria. Cosa fa il Comune di Torino, si infine è chiesta Artesio. Mariagrazia Grippo (PD) ha segnalato come occorra un piano di emergenza, perché il governo ha lasciato i Comuni con un problema. Pare che l’assessora Schellino, ha detto Grippo, non condivida la preoccupazione, che non viene meno per la diluizione dei tempi, chiedendosi quanti saranno coloro che da un giorno all’altro o l’anno prossimo usciranno dai programmi di accoglienza, senza che il governo abbia previsto soluzioni. Non si sono valutati i costi per la Città e la perdita di posti di lavoro nelle cooperative operanti nel settore. Il consigliere Francesco Tresso (Lista Civica per Torino) ha sottolineato come, pur non potendo un sindaco violare la legge, ci siano possibilità come il ricorso alla Consulta, perché il decreto sicurezza viola dei diritti costituzionali (salute, formazione, lavoro), chiedendosi cosa intenda fare Torino. Inoltre, il Decreto va anche contro il principio securitario che dice di affermare, riducendo le possibilità di controllo sul territorio, ha aggiunto Tresso. Antonino Iaria (M5S) ha evidenziato il lavoro svolto dalla sindaca e dall’assessora Schellino in sede di ANCI, contrariamente a quanto fatto da sindaci che, ha detto, hanno finto la disobbedienza civile. Iaria ha poi ricordato come già fossero state espresse, dal Consiglio comunale, perplessità sul decreto, votato democraticamente da un Parlamento che è espressione di democrazia. Iaria ha anche detto che il tema sarà approfondito nella commissione servizi sociali da lui presieduta, mentre Viviana Ferrero ha espresso analoga intenzione come presidente della commissione Pari opportunità. Monica Canalis (PD) ha affermato che i Comuni hanno pieno titolo ad esprimersi sulle leggi dello Stato, ricordando come l’ordine del giorno sulle conseguenze del Decreto Sicurezza fosse stato votato anche dal M5S. Canalis ha quindi sottolineato come il problema delle persone che, subito o nel 2020, si troveranno senza forme di protezione si scaricherà in primo luogo sulle grandi città, chiedendo all’amministrazione comunale un approccio non ragionieristico ma politico. L’assessore Sonia Schellino ha affermato di aver segnalato alla prefettura la necessità di evitare altre “Emergenza Africa”, con soluzioni frettolose che hanno portato a situazioni come il MOI. A ottobre eravamo più allarmati, oggi due circolari hanno allungato i tempi, con indicazioni di maggiore attenzione per evitare problemi alla città. D’intesa con i prefetti si agisce con cautela. Sono i CAS a rischiare diminuzione di accessi, anche per la riduzione degli sbarchi negli ultimi anni, con potenziali problemi per chi ci lavora. La sindaca Chiara Appendino ha detto di non condividere il metodo dei cosiddetti sindaci disobbedienti e rivendicato di aver lavorato in sede di ANCI, sulla base dell’ordine del giorno approvato in Sala Rossa, contribuendo a produrre un documento unitario dei sindaci, consegnato al presidente del Consiglio. Un documento, ha spiegato Appendino, che chiede omogeneità dei servizi sanitari per i richiedenti asilo, la comunicazione costante da parte dei prefetti, posti specifici per i casi vulnerabili, copertura dei costi della presa in carico dei minori non accompagnati da parte dei Comuni, istituzione di un osservatorio ANCI-Viminale. Tutti i cambiamenti richiedono tempo e correttivi, ha concluso la sindaca, l’attenzione è alta.
Claudio Raffaelli