Non è stato facile il ritorno a casa per coloro che sono sopravvissuti nei campi di sterminio, almeno in un primo periodo. A Torino, come in tutto il Paese, la popolazione desiderava lasciare alle spalle le sofferenze della guerra e non aveva piacere di ascoltare le drammatiche vicissitudini di coloro che erano stati rinchiusi nei lager nazisti. Lo raccontava spesso Ferruccio Maruffi, scomparso pochi anni fa, ma sopravvissuto nel lager di Mauthausen, liberato il 5 maggio 1945. Scriveva, in una sua testimonianza: “In fondo, a pensarci bene, la prima delle date “storiche” che hanno contrassegnato il “dopo Lager” fu il 9 giugno del ’45 quando, appena scesi dal treno, all’ingresso di un bar di Via Sacchi a Torino, al nostro apparire la gente sparì in fondo alla sala. Il 5 maggio di qualche anno dopo, anniversario della liberazione di Mauthausen, alcuni di noi in una sala da ballo di Corso Vittorio – si chiamava “Castellino” – ricordando quella data chiesero all’orchestra di suonare Ci sposeremo a maggio con tante rose… Prima che le danze cominciassero i ballerini si rivolsero al nostro gruppo, battendo tutti a lungo le mani”……
Il treno, via Sacchi, la stazione di Porta Nuova, immagini legate ad un difficile ritorno ma anche ad una drammatica partenza. Questa mattina, una cerimonia alla quale hanno preso parte le istituzioni cittadine oltre alle rappresentanze delle associazioni della Resistenza e d’arma, ha ricordato i deportati politici rinchiusi nei convogli, in partenza dal binario 17, e destinati ai lager nazisti.
Qui, dopo la deposizione di una corona di alloro, ha portato la sua testimonianza Susanna Maruffi. Per la Regione Piemonte è intervenuta la consigliera Nadia Conticelli mentre per la Città ha preso la parola il vice presidente del Consiglio Comunale, Enzo Lavolta (video) che, poco prima, aveva presenziato al cimitero Monumentale dove le istituzioni cittadine hanno commemorato le vittime delle persecuzioni naziste, con momenti di raccoglimento presso il Campo della Gloria, la lapide degli ebrei torinesi vittime dell’Olocausto e i cippi dedicati ai deportati ed internati.
Federico D’Agostino