La sala riunioni dell'Istituto Ettore Majorana intitolata ai magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone
Come parlare di criminalità organizzata a ragazzi e ragazze di quindici, sedici, diciotto anni? Può bastare una talea. Almeno, per cominciare. Non una talea qualsiasi, però, ma quella derivata dall’albero, ormai divenuto celebre, di fronte a quella che era l’abitazione palermitana del magistrato Giovanni Falcone. Un Ficus Macrophylla ormai divenuto imponente, la cui piccola talea è stata consegnata oggi da Emidio Centracchio, appuntato dei Carabinieri Guardie Forestali, a una rappresentanza degli allievi e allieve dell’istituto scolastico di corso Tazzoli intitolato a un altro eminente siciliano, il fisico Ettore Majorana.
L’evento, organizzato dal Gruppo ArteSalute, rappresentato da Giuseppe Fiumanò e Simona Dal Corso, ha visto il trapianto della talea, simbolo di propagazione, nell’atrio della scuola, preceduto da un incontro con i giovani allievi e allieve.
L’intervento della presidente Grippo
Ad aprire la mattinata è stato il saluto istituzionale della presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo, che ha voluto ricordare l’impegno della Città di Torino nella lotta per la legalità e per il contrasto alle mafie, impegno incarnato nell’apposita Commissione consiliare e nell’attribuzione di una specifica delega nell’ambito della Giunta comunale.
La presidente ha poi evocato “il potere rigenerativo della talea quale simbolo dell’impegno di ciascuno e ciascuna di acquisire nella vita quotidiana il metodo che fu di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il metodo dei tanti uomini e donne che non si sono voltati dall’altra parte. Promuovere la legalità e la giustizia è qualcosa che possono fare tutti i cittadini, tutte le cittadine”.
A seguire, il giornalista venticinquenne Jamil El Sadi, redattore del giornale web Antimafia Duemila, ha risposto alle puntuali domande di Giada Trotta, giovane attivista dell’organizzazione internazionale artistica e politico-sociale Our Voice.
Numerosi i temi toccati, intorno a un abbozzo di analisi delle mafie e della loro pericolosità sociale. Ad esempio, il radicamento sociale della criminalità organizzata, basato anche su un diffuso welfare che in aree svantaggiate si affianca allo Stato e spesso supplisce alle sue insufficienze: un fattore che contribuisce almeno quanto la violenza a costruire il controllo sui territori. Oppure, il ruolo predominante ormai raggiunto dalla ‘ndrangheta calabrese, ramificata ben al di fuori della sua regione di origine e della stessa Penisola. La criminalità organizzata “impesta anche il Nord Italia e Torino” ha sottolineato Jamil, che ha citato, a dimostrazione di quanto non sia fatto recente, l’uccisione del procuratore Bruno Caccia e numerose inchieste.
Jamil El Sadi e Giada Trotta
Un fenomeno, quello della diffusione delle mafie nel Settentrione, che appare non sufficientemente percepito, ha affermato Jamil, vuoi per l’idea che siano un fenomeno limitato all’ambito meridionale, vuoi per una certa narrazione che stigmatizza la supposta identificazione del Sud con la criminalità organizzata. Mentre “Cosa nostra” , soprattutto con le sue iniziative criminali stragiste, ha quasi monopolizzato l’attenzione, anche dei media, la ‘ndrangheta si è diffusa in modo più silenzioso in tutto lo Stivale e nel mondo, creando connessioni con la malavita internazionale, a partire dai narcotrafficanti latinoamericani.
La talea dell'”albero di Falcone” trapiantata nell’atrio dell’istituto
Anche il distacco tra politica, istituzioni e opinione pubblica può contribuire a favorire il rafforzamento della criminalità organizzata: a fronte di questo, ha sottolineato Jamil dopo un momento di interazione sul tema con il pubblico, recuperare l’idea dello Stato come un “noi”, piantare il seme della partecipazione attiva come una talea che ci ricordi che l’idea stessa di giustizia e uguaglianza è antitetica alle mafie, che le lotte sociali sono importanti per la democrazia e dannose per le mafie.