La Legge regionale 9 del 2016 sul contrasto al gioco d’azzardo patologico (GAP), si pone l’obiettivo di prevenire e contrastare il #gioco d’azzardo in forma problematica o patologica, e determina tra l’altro: il distanziamento delle sale da gioco dai luoghi considerati sensibili e la riduzione degli orari in cui è possibile giocare. Le voci che ipotizzano un possibile intervento per ridimensionare questi aspetti della legge, hanno spinto la consigliera Serena Imbesi a presentare un ordine del giorno approvato l’anno scorso dal Consiglio comunale e, nei giorni scorsi, a chiedere un’audizione del gruppo di redattori della ricerca conoscitiva riguardanti le ricadute territoriali della legge. Audizione avvenuta questa mattina in Quarta commissione, sotto la presidenza di Fabio Versaci e in congiunta con la commissione speciale Legalità, con l’intervento di Elisa Benedetti dell’Istituto di Fisiologia clinica (IFC) del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche, Renato Cogno dell’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali per il Piemonte (IRES), Paolo Jarre direttore del Dipartimento Patologie delle dipendenze AslTo3 e Sara Rolando di Eclectica. Nel presentare il lavoro, tutti hanno posto l’accento su alcuni dati significativi, che cercheremo brevemente di riassumere, indicativi di una significativa riduzione del volume di gioco nella nostra regione. A fronte di un forte ridimensionamento dell’offerta di gioco con apparecchi automatici, i più pericolosi, il 90% del totale, che ha portato ad avere una media di 1 apparecchio ogni 3000 abitanti rispetto ad 1 ogni 900 del resto del paese, si è ottenuto il risultato un minore avvicinamento dei giovani al gioco, un rischio ridotto per gli anziani, il conseguente minore impatto sui servizi sociali di persone con ludopatie. Ridurre la densità dell’offerta, ha permesso di ridurre da 1.500 a poco più di 1.000 il numero degli assistiti dalle ASL piemontesi a fronte di una situazione diametralmente opposta nelle regioni confinanti, che hanno visto aumentare il numero degli assistiti del 20%. Ma c’è anche un aspetto economico, che riguarda il risparmio delle famiglie più povere, quelle più coinvolte nel gioco abituale, stimato in circa 2 miliardi di euro non giocati, quindi risparmati dalle famiglie nel periodo compreso fra l’entrata in vigore della legge, maggio del 2016, e il dicembre del 2019. Va considerato che nel 2019 in Piemonte sono stati spesi 4,5 miliardi di euro per il gioco, il 10% in meno rispetto al 2015, al contrario delle altre regioni, dove la normativa è più permissiva e dove si è speso il 5% in più. Anche il volume delle perdite offre spunti significativi: i piemontesi hanno subito una perdita netta di 1 miliardo di euro nel 2019, diminuita rispetto al 2015 di 216 milioni, mentre le perdite dei giocatori delle altre regioni sono invece cresciute.
Marcello Longhin