Dopo aver valicato i confini del “focolaio storico” attestato sulle rive del Gange ed essere dilagata nell’Europa orientale, poi in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio e in Olanda, penetrò in Piemonte e in Liguria, da dove minacciava di estendersi in Italia, dissipando l’illusione “dell’incompatibilità del colera con l’italico giardino”. Era il 1835 e Torino, come altre città d’Italia, si apprestava a vivere una delle pagine più difficili della sua storia, dal punto di vista sanitario: l’epidemia di colera. La vicenda è raccontata nel volume “1835. Emergenza cholera-morbus. Il voto della Città alla Consolata”, edito dalla Presidenza del Consiglio Comunale, nel 2003, nell’ambito della Collana “Atti consiliari. Serie storica”. Dal 24 agosto al 10 dicembre, Torino contò 349 contagi e 220 decessi.
La Città mise in atto misure igieniche e sanitarie studiate con anticipo, istituì, con il contributo volontario degli esponenti dell’aristocrazia, una rete assistenziale, allertò tutti i medici e individuò luoghi di cura e di isolamento per limitare i contagi. Ma se la cronaca dell’epoca ricorda nella gestione dell’emergenza quella che stiamo vivendo in questi giorni, ciò che si discosta fu la decisione della Città di deliberare un voto pubblico alla Vergine Consolata, ricordato da un grande dipinto presente in Sala Rossa.
I numeri dei decessi di Torino furono esigui se rapportati ad esempio con quelli di Genova, dove i contagi per colera ci furono 3219 morti, a fronte di 5974 contagi. L’amministrazione, grata così per la protezione celeste, eseguì il voto, la cui testimonianza è giunta fino ai nostri giorni. Si tratta della colonna con la statua della Madonna, eretta sul lato ovest del Santuario, e fu il primo monumento realizzato in Torino su spazi pubblici, una testimonianza di fede che pose problemi artistici, architettonici e urbanistici sui quali si confrontarono quattro artisti, l’architetto lombardo Ferdinando Caronesi, lo scultore torinese Giuseppe Bogliani, il pittore Amedeo Augero e il medaglista Gaspare Galeazzi, questi ultimi entrambi del Torinese.
Il volume, consultabile presso l’Archivio Storico della Città (non appena le norme in materia di sicurezza sanitaria lo consentiranno) è stato realizzato con i contributi di Franco Peradotto, Rosanna Roccia e Rosanna Maggio Serra.
Federico D’Agostino