Dopo l’omaggio della Città alle Vittime delle foibe, al cimitero Monumentale e la ricostruzione storica con i rappresentanti di tutte le istituzioni cittadine, in Sala Rossa, la scorsa settimana, altre iniziative si sono succedute nel fine settimana.
Domenica mattina, il sacrificio di uomini e donne italiane della Venezia Giulia e Dalmazia, avvenuto tra il 1943 e l’immediato dopoguerra, ad opera dei partigiani jugoslavi, è stato ricordato con un messa nel Duomo di Torino promossa dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Alla funzione, la Città è stata rappresentata dalla vice presidente del Consiglio comunale, Viviana Ferrero.
Sarà invece aperta fino a domenica 24 febbraio, tutti i giorni dalle 10 alle 18, presso la sede della Regione Piemonte in piazza Castello 165, una mostra che rende omaggio a storici ed artisti istriani giuliano dalmati.
All’inaugurazione, per la Città era presente il consigliere Andrea Russi. La mostra è divisa in tre sezioni. La prima “L’Istria, l’Italia, il Mondo. Storia di un esodo: istriani, fiumani, dalmati a Torino”, curata dallo storico Enrico Miletto, comprende racconti di fatti e di vita quotidiana degli esuli istriani fiumani e dalmati presso i campi profughi di Torino e nel villaggio di Santa Caterina a Lucento.
La seconda, dal titolo “Sulle Ali della Bora nel Ruggito del Leone, da Trieste a Cattaro sulla rotta di Venezia”, è dedicata alle immagini a china create dall’artista Leonardo Bellaspiga, raffiguranti paesaggi e monumenti che dalla Venezia Giulia arrivano fino al Montenegro,
passando per la Dalmazia. La terza sezione, “Sguardi d’amore Istriani, Fiumani e Dalmati nei quadri dei nostri artisti”, è un’esposizione di quadri dipinti da 21 artisti istriani, fiumani e dalmati e loro discendenti, che con l’esodo si sono stabiliti con le loro famiglie a Torino e provincia. Attraverso alcuni dei loro quadri, che riproducono paesi di pietra, il mare, persone e momenti di vita quotidiana, si può, con uno sguardo, percepire e far rivivere l’amore di ognuno di loro per la propria terra.
Federico D’Agostino