Quella del terrorismo, italiano o internazionale che sia, è innanzitutto una storia di vite spezzate o segnate per sempre dalla sofferenza, di amori interrotti, di bambine e bambini restasti orfani. Proprio la memoria delle persone uccise e del lungo calvario di dolore dei loro familiari sono stati oggi al centro della sobria celebrazione, a Palazzo Civico, in ricordo delle vittime del terrorismo.
La cerimonia, promossa dalla Città di Torino insieme all’AVITER (Associazione italiana vittime del terrorismo) e all’ASEVIT (Associazione europea vittime del terrorismo, si à svolta in Sala Rossa, introdotta dalla presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo. Ringraziando i rappresentanti delle due associazioni, la presidente ha rimarcato come “mentre non sono mai mancati spazi e occasioni di confronto sulle produzioni letterarie o giornalistiche di brigatisti e terroristi di varia estrazione, nel dibattito pubblico sull’eversione e le sue vittime spesso siamo costretti a registrare un altro grande assente che è il dolore delle famiglie”, apprezzandone “il lavoro quotidiano di testimonianza a favore di un’opinione pubblica in tanti casi addirittura ignara”.
Lamentando come alla popolazione scolastica del Paese “si chieda di conoscere a menadito la storia antica mentre si tollera che ignori le vicende che hanno attraversato la vita dei genitori e dei nonni”, Grippo ha poi sottolineato come gli “anni di piombo” e lo stragismo internazionale, a partire da quello di marca jihadista, abbiano in varia misura condizionato il percorso di costruzione della Repubblica, segnalando come senza “la conoscenza degli eventi, delle persone che li hanno animati e delle conseguenze che essi hanno prodotto, non c’è e non ci potrà essere consapevolezza, cosa che fatalmente ridurrà la capacità di scegliere dei nostri giovani e giovanissimi”. In conclusione, la presidente della Sala Rossa ha esortato a “tenere aperta la porta su quel che accadeva solo ieri” e comprendere che” quel passato non è affatto remoto nella genealogia del nostro corpo sociale, bensì prossimo, al punto da essere ben riconoscibile nei tratti ereditari di dinamiche che interessano l’attualità”.
Dagli interventi di Giovanni Berardi (ASEVIT) e Flavio Fossat (AIVITER) è emersa una sorta di Antologia di Spoon River dolorosa ed evocativa, con i nomi, cognomi e circostanze che videro cadere nel proprio sangue persone il più delle volte inermi o comunque attaccate di sorpresa, dagli agenti della scorta del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, trucidati nel 1978, ad Antonella Sesino dipendente della Citta di Torino, uccisa il 18 marzo del 2015 durante l’attacco jihadista al Museo del Bardo di Tunisi. Presenti in sala, tra gli altri, anche i familiari del brigadiere Giuseppe Ciotta, torinese, assassinato sotto casa da Prima Linea nel 1978, e due superstiti di un attacco con esplosivi del FPLP palestinese a Nairobi nel dicembre del 1980, gli ex aviatori Marcello Bertucci e Aldo Bagnasco, insieme a Brenno Bignardi, il figlio di Ferdinando, un loro collega morto nell’attentato.
Solo tra il 1969 e il 2003, ha esemplificato Flavio Fossat, si registrarono 360 morti, dei quali 156 in azioni stragistiche come alla banca milanese di Piazza Fontana (1969), o nella bresciana Piazza della Loggia (1974), per non parlare della stazione di Bologna(1980). Gli altri 144 e altre perirono in attacchi e agguati individuali, chi ucciso da una granata, chi a colpi di Hazet 36, micidiale chiave inglese protagonista di tante azioni violente negli anni Settanta. Nella sola Torino, fra il 1975 e il 1982, secondo dati dell’AIVITER, si registrarono 19 morti e 70 feriti. La violenza arrivò anche a colpire la Sala Rossa, ad esempio con l’attentato al consigliere comunale democristiano Dante Notaristefano, a stento sopravvissuto alle ferite riportate.
In un elenco forzosamente incompleto, vari interventi hanno riassunto le mille forme del terrorismo, dalle Brigate Rosse a quello neofascista dei NAR, da quello di matrice integralista islamica a Prima Linea. Diversissimi tra loro, certamente, ma accomunati spesso dalla scelta indiscriminata di bersagli innocenti e inermi.
Dopo gli interventi di Daniele Valle per il Consiglio Regionale del Piemonte e di Fabrizio Ricca per la Regione Piemonte, il sindaco Stefano Lo Russo ha chiuso la cerimonia riprendendo il tema della necessità della conoscenza della storia degli ultimi 50 anni da parte delle nuove generazioni, una conoscenza oggi non garantita dal sistema scolastico. Lo Russo ha anche sottolineato il valore di giornate come queste, che oltre a ricordare le vittime e dimostrare solidarietà e vicinanza ai loro cari, possono essere uno strumento per favorire maggiormente la comprensione di quegli avvenimenti da parte dei più giovani. Il sindaco si è anche soffermato sull’universalità dei valori fondanti dell’Europa che ha scelto di andare oltre i nazionalismi e gli interessi particolari, valori quali la democrazia e la scelta del dialogo quale strumento di gestione dei contrasti. A questo proposito, ha aggiunto il primo cittadino, la guerra in atto fra Russia e Ucraina, oltre a rappresentare un’aggressione nei confronti di quest’ultimo Paese, punta a minare le basi della coesistenza pacifica in Europa.
In Sala rossa era presente anche una folta rappresentanza dell’assemblea elettiva di Palazzo Civico: oltre al vicepresidente vicario Domenico Garcea, i consiglieri e consigliere Luca Pidello, Pierino Crema, Silvia Damilano, Piero Abbruzzese, Amalia Santiangeli, Silvio Viale e Simone Fissolo.
Claudio Raffaelli