A vent’anni esatti dalla scomparsa di Domenico Carpanini, primo presidente del Consiglio comunale nel mandato amministrativo 1993-97 e poi vicesindaco nel 1997-2001, sono diverse le immagini che affiorano alla memoria di chi ha vissuto quei momenti. A partire da quella sua improvvisa morte a soli 47 anni, durante un dibattito elettorale presso la sede dell’Ascom-Confcommercio, proprio all’inizio della corsa – che lo vedeva favorito – verso la carica di primo cittadino.
Poi, l’ immagine delle dense file di uomini e donne che dalla piazza sottostante il Comune si snodavano su per lo scalone di Palazzo Civico, fino a quella Sala Rossa dove era stata allestita la camera ardente, a pochi metri da quello che era stato il suo ufficio. Infine, straziante, l’immagine degli anziani genitori di Carpanini, schiantati non solo psicologicamente dal dolore, che nonostante l’età e le precarie condizioni di salute non vollero allontanarsi un solo momento dal feretro del loro unico figlio.
Aveva un fisico imponente, Carpanini: alto e grosso com’era, con i baffi che ne indurivano l’aspetto, sembrava quasi indistruttibile. E forse anche per questo quella sua fragilità ai più sconosciuta, esplosa all’improvviso in tragedia, era stata un trauma per la città intera, al di là di ogni schieramento politico o di ogni eventuale indifferenza verso la politica. Per questo vollero essere in tanti e tante a salutarlo un’ultima volta: non furono contate ma certamente su quello scalone transitarono migliaia di persone.
Carpanini era veramente quel che si dice una persona stimata: una stima che ricambiava con l’attenzione verso i problemi della città e delle persone, lui che non si sottraeva allo scontro politico ma sapeva evitare settarismi e smussare tensioni inutili, da convinto riformista qual era. Dopo anni di presenza in Sala Rossa, anche da presidente del Consiglio comunale – pur da efficiente garante del corretto funzionamento dell’ assemblea elettiva di Palazzo Civico e del rispetto delle minoranze in aula – era stato consigliere prezioso per l’esecutivo (la “giunta dei professori”), come poi riconobbe con gratitudine Valentino Castellani.
Nel 2001, in giorni convulsi di confronto politico, avrebbe poi ottenuto la candidatura a sindaco superando i dubbi di una parte del suo stesso schieramento, come venne ricordato ancora diversi anni dopo, durante un convegno organizzato dall’Associazione degli ex consiglieri.
Era stato un via libera verso una carica di sindaco che avrebbe con ogni probabilità ottenuto dai torinesi. Un volo conclusosi nello schianto di quella sera, nella sede dell’Ascom, e poi in un formidabile – e forse da qualcuno inatteso – abbraccio collettivo. Un omaggio corale ad un politico che conosceva come pochi il territorio della sua città, ma soprattutto dei torinesi aveva imparato a conoscere sogni e paure, bisogni e punti di forza: questa mattina, la Città di Torino lo ha ricordato presso il Cimitero Monumentale.
Claudio Raffaelli