Torino è costellata di ricordi della Resistenza antifascista. Le targhe in ricordo dei partigiani caduti, le piazze intitolate ai martiri della libertà, le tante fabbriche, alcune ancora attive, molte ormai diventate altro. Fabbriche che furono teatro degli scioperi contro la guerra e l’occupazione nazista, nel marzo del 1943, nello stesso mese del 1944, nell’aprile del 1945,venendo difese con le armi in pugno dai tentativi di distruggerle messe in atto dai tedeschi in fuga. Ma se c’è un luogo che li riassume tutti, il Golgota della Resistenza torinese, è il Sacrario del Martinetto, in corso Svizzera all’angolo con corso Appio Claudio. All’epoca era un poligono di tiro, e proprio tra le sue mura vennero fucilati dozzine di partigiani, in gran parte giovanissimi.
Il 5 aprile di ogni anno, la Città e le altre istituzioni ricordano tutti loro, a partire dagli otto componenti del comitato militare del CLN torinese: il generale Perotti, lo studente Massimo Montano, l’operaio Eusebio Giambone e gli altri loro compagni ed amici, fucilati dopo un farsesco processo con il quale la mussoliniana Repubblica di Salò e i nazisti vollero darsi una parvenza di legalità. Tutti i nomi dei fucilati presso il poligono tra il ’43 e il ’45 sono incisi su una lapide murata al suo interno: la celebrazione del Martinetto è un appuntamento segnato sul calendario della memoria ormai dal 1945, quando vi si tenne la prima commemorazione, pochi giorni dopo la Liberazione. E quest’anno, le parole forse più belle che sono risuonate al Martinetto sono state quelle pronunciate da un allievo del quarto anno dell’ITIS Maiorana: “Sono morti soffrendo al pensiero di lasciare i loro cari, ma sapendo che la loro vita aveva avuto un senso, pensando a un futuro che non avrebbero potuto vedere ma avevano saputo immaginare”
Claudio Raffaelli