Ahmadreza Djalali, iraniano di 46 anni, residente in Svezia, docente e ricercatore nel campo della medicina dei disastri, è detenuto dal 25 aprile 2016 in una prigione iraniana. Della sua drammatica vicenda negli ultimi mesi ha dato ampia informazione la stampa internazionale.
Il Consiglio comunale nella seduta dell’8 novembre ha approvato un ordine del giorno che sottolinea le molteplici violazioni dei suoi diritti e impegna la Sindaca e la Giunta a sottoscrivere, a nome della Città, l’appello di Amnesty International per l’annullamento della condanna a morte e per la garanzia di un processo equo, in linea con il diritto internazionale, che non si concluda con la pena capitale, garantendo a Djalali, e agli altri accusati nel suo procedimento, l’accesso ad un avvocato di fiducia, promuovendo ogni azione utile a sensibilizzare la cittadinanza sul tema.
Djalali aveva lasciato l’Iran nel 2009 per un dottorato di ricerca presso il Karolinska Institute in Svezia e poi proseguire la sua attività presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, a Novara, e la Vrije Universiteit di Bruxelles, in Belgio.
Rientrato temporaneamente in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle Università di Teheran e Shiraz, è stato arrestato senza mandato ad opera dei servizi segreti e sottoposto a pressioni affinché si riconosca colpevole di spionaggio.
Minacciato di essere anche accusato di “atti ostili contro Dio” Djalali, la cui salute si è fortemente deteriorata dopo un lungo sciopero della fame, rischia la pena di morte.
In un documento a lui attribuito il ricercatore spiega che la situazione in cui versa è dovuta al suo rifiuto di “usare la fiducia dei miei colleghi e delle università europee per spiare per i servizi segreti iraniani”.
L’ordine del giorno approvato sarà trasmesso al Presidente del Parlamento Europeo, al Primo Ministro e all’Ufficio di Presidenza del Senato della Repubblica, affinché si facciano portavoce delle denunce in esso riportate.
Silvio Lavalle