Torino ricorda l’Olocausto

“Continuiamo a resistere per estirpare i semi dell’odio che la non conoscenza dell’altro prova a instillarci.  La memoria non è nulla se è di una sola persona ma è tutto se è di un’intera comunità”.

Ludovica Cioria, vice presidente del Consiglio Comunale

Così la vicepresidente del Consiglio Comunale, Ludovica Cioria, ha introdotto la celebrazione per il Giorno della Memoria che si è tenuta questa mattina nella Sala Rossa di Palazzo civico, alla presenza delle istituzioni cittadine e regionali.

“Per quanto si possa studiare, ci sono talmente tanti volti, storie e fatti che una sola persona non potrà mai ricordare tutto.  Ed è per questo che questa giornata a mano a mano che ci allontaniamo da quel 27 gennaio 1945 ci interroga e ci offre un’occasione fondamentale per mantenere viva la consapevolezza e la coscienza di quello che è accaduto, ha sottolineato Cioria. Ha quindi evidenziato come “il tentativo di annientamento abbia spezzato alcune vite ma noi ostinatamente continuiamo a mantenere vivo il ricordo perché non accadano più episodi di dolore”.

Aver memoria è essenziale per una comunità, ha evidenziato Alberto Preioni, sottosegretario alla Presidenza Regione Piemonte. Nella storia dell’umanità nulla è paragonabile all’olocausto, per i numeri e per l’industrializzare la morte, ha ricordato sottolineando la necessità di avere sempre chiara la grandezza dei numeri impressionanti che l’olocausto ci mette ancora oggi davanti agi occhi.

Il vicepresidente del Consiglio Regionale e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte, Domenico Ravetti ha riportato i messaggi che provengono dai giovani incontrati queste settimane nelle scuole. Riflessioni che chiedono l’unità delle istituzioni, indispensabile ad affrontare le difficoltà, e un aiuto utile a “costruire una società capace di respingere ogni forma di situazione in cui la libertà finisce ai margini. La democrazia, ha concluso, deve tornare ad essere il senso della nostra storia comune”.

Dario Disegni, presidente della comunità ebraica di Torino, ha ricordato l’impulso di Furio Colombo – scomparso nei giorni scorsi – quando nel 2000 promosse la legge di istituzione del Giorno della Memoria in Italia, ricorrenza civile fondamentale nel ricordo della Shoah e degli avvenimenti di quegli anni bui. Dopo il 7 ottobre registriamo l’aumento del 400% degli atti di antisemitismo: occorre ritrovare le ragioni profonde che fecero nascere il Giorno in vista di un futuro senza testimoni per continuare a seminare anticorpi contro l’antisemitismo.

L’intervento del rabbino Ariel Finzi è ruotato attorno all’episodio di Norwich del 1144 che cambiò la storia dell’ebraismo e la storia del mondo: “un falso storico che portò

Ariel Finzi, il Rabbino Capo di Torino

all’annientamento della comunità ebraica locale che si amplificò nel tempo e generò l’antisemitismo”. Finzi respinge le accuse attuali rivolte a Israele di genocidio del popolo palestinese: “sono prive di logica e in grado di far rinascere il pregiudizio antisemita”; il rabbino ha concluso rivolgendo un pensiero ai prigionieri israeliani di Hamas “schiavizzati per oltre 17 mesi nell’assordante silenzio della Croce Rossa e delle organizzazioni femministe che avrebbero dovuto aiutarli”.

Nell’orazione ufficiale, la storica e scrittrice Adriana Muncinelli ha spiegato che la Giornata della Memoria è una voce preziosa per ricordare ogni anno e gettare semi di conoscenza, ma che una memoria storica, per fiorire, ha bisogno di tempo, studio e dialogo. E di silenzio per pensare, empatia per capire, onestà per correggersi. Ha quindi ribadito l’importanza di capire come si è arrivati ad Auschwitz, individuando le criticità che colpiscono le società contemporanee quando imboccano la strada del nazionalismo etnico, quando la violenza da verbale diventa fisica e si intaccano i diritti. Auschwitz non era inevitabile – ha affermato – ma il processo avrebbe potuto essere deviato, come dimostrano i “Giusti”: se questi fossero stati più numerosi, la Storia avrebbe potuto essere diversa – ha detto. Conoscenza e memoria per durare – ha ribadito – devono toccare l’anima delle persone, devono fare riflettere sulle pulsioni che suscitano paura dell’altro, indifferenza, viltà. Chiunque abbia conosciuto in modo profondo la Shoah – ha evidenziato – non può ignorare quanto valgono le scelte, e le scelte mancate, di ognuno.

Ha concluso la cerimonia in Sala Rossa la vicesindaca del Comune di Torino, Michela Favaro, che ha espresso un sentito ringraziamento agli ospiti presenti e ha evidenziato la necessità di rinnovare l’impegno, ma anche la responsabilità che ha ognuno di noi. Ricordiamo una delle pagine più buie della storia dell’umanità – ha detto – frutto di pulsioni antistoriche e di dottrine perniciose, che hanno avvelenato i popoli e offuscato le menti. Ha quindi ricordato il ruolo di Torino, Medaglia d’oro della Resistenza, che ha saputo reagire al nazifascismo, e quello di suor Giuseppina De Muro, che salvò molte vita, tra cui quella di Massimo Foa, e di Emilio Germano, giudice del Tribunale di Torino, che protesse dalla deportazione moltissimi ebrei. Ha quindi affermato che serve ancora oggi un impegno attivo contro ogni forma di antisemitismo, odio e intolleranza e che non si possono accettare atti di intolleranza e odio come quelli nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre. Come Amministrazione siamo impegnati in questa lotta – ha concluso – affinché Istituzioni e cittadini collaborino per trasmettere consapevolezza di quanto accaduto, per costruire una società inclusiva, più giusta e umana. Ricordare – ha ribadito – è un imperativo morale e civile, è un modo per dire che non c’è spazio per odio, discriminazione e indifferenza.

F.D’A. – M.Q. – R.T.