Ha più di 25 anni il Telefono Rosa, centro antiviolenza dedicato alle donne vittime di abusi, maltrattamenti fisici e psicologici, vessazioni sui luoghi di lavoro e stalking.
La sua attività è stata illustrata da Pierangela Peila nel corso della riunione della commissione Pari Opportunità, presieduta da Marina Pollicino.
Si tratta di un servizio, ha sottolineato che si fonda in gran parte sull’attività di volontariato che vede la presenza di donne nel ruolo di psicologhe e di avvocate.
Come ci si rivolge al Telefono Rosa? Il primo contatto, ha raccontato Peila, di solito avviene telefonicamente on line. Questo è il primo momento di accoglienza nel quale si raccolgono informazioni utili a comprendere se il Telefono Rosa sia la struttura più adatta ad affrontare un determinato problema.
La fase successiva, ha spiegato, è rappresentata dall’ascolto. Un ascolto senza giudizio, nel quale si raccolgono le storie e le sofferenze, e durante il quale le operatrici comprendono quale possa essere il percorso migliore di aiuto.
Consulenze legali, consulenze psicologiche, terapie e strategie nel processo di affrancamento, sono le attività principali ma non manca l’accoglienza di donne in strutture sicure in situazioni di emergenza.
Un’attenzione alle donne che viene estesa anche ai minori, quando presenti.
Telefono Rosa, tuttavia, non offre solo un servizio di “pronto intervento” ma ha, tra gli obiettivi, quello di dedicarsi alla formazione e a progetti di educazione all’affettività nelle scuole torinesi.
Lavora in rete con i servizi sociali e con le forze dell’ordine all’interno delle quali, ha evidenziato Peila, è stata svolta formazione legata ai temi della violenza sulle donne ed esistono una sensibilità ed una attenzione maggiore nell’accogliere le denunce.
Nel 2018, sono state 3828 le donne che hanno stabilito un contatto col Telefono Rosa. Sono state 368 quelle accompagnate in un percorso di ricostruzione di una vita personale lontana da violenza e soprusi.
Federico D’Agostino