Torino è una delle cinque città italiane che sperimenteranno la telefonia di quinta generazione, detta 5G, ed è anche una delle sedi italiane dell’International Society of Doctors for the Environment (Isde), organizzazione di medici attenti alla relazione tra salute e ambiente. Le due circostanze hanno propiziato l’audizione dell’Isde-Torino presso la commissione Smart City, presieduta da Aldo Curatella, alla presenza dell’assessore all’ambiente, Alberto Unia.
La presidente dell’Isde-Torino, Luisa Memore, assieme a Vincenzo Vinci e ad altri membri dell’associazione ha spiegato che le onde emesse dalle antenne di apparecchi diversissimi ed onnipresenti (i telefonini nelle nostre tasche, ma anche apparecchi che usano questa frequenza nelle case, nei negozi, nelle strade, fino ad una concentrazione stimata dall’ AGCom di un milione di apparecchi per chilometro quadrato), grazie all’alta frequenza (30GHz) che produce onde millimetriche sono in grado di penetrare nella pelle e negli occhi per una profondità di mezzo millimetro. Le aziende si preparano a coprire il territorio delle città con queste nuove antenne che ad una distanza di 50-60 metri l’una dall’altra di fatto non lasceranno nessuno fuori dal campo magnetico.
Una notizia data da Memore, ma con il beneficio di una necessaria verifica, vorrebbe che il presidente USA, Donald Trump, abbia già autorizzato un programma che prevede il lancio in orbita geostazionaria di 12.000 (sì, dodicimila) satelliti-antenna, naturalmente 5G. Questa eventualità, si sostiene da alcuni, potrebbe alterare il campo magnetico della Terra.
Il problema, spiegano i medici ai Consiglieri, è l’assenza di studi sugli effetti di questa imminente pioggia di onde elettromagnetiche di ultima generazione, sulla salute delle comunità.
Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità sta valutando – lo spiega Curatella – l’opportunità di cambiare la classificazione delle onde elettromagnetiche da possibili cancerogeni a probabili cancerogeni, nulla si sa, dicono i medici Isde, sui possibili effetti in termini di stress ossidatorio (generatore di infiammazioni) e di ricadute sul patrimonio genetico dei viventi.
Il presidente Curatella, ricorda che per quanto riguarda le Città, tra cui Torino, terreno di una sperimentazione nazionale, alle loro amministrazioni non è dato di autorizzare o no le installazioni, ma solo di regolare la scelta dei siti per il posizionamento delle antenne.
L’assessore Unia ha accolto come interessante l’ipotesi avanzata dall’Isde di preparare un documento da far sottoscrivere alle aziende in cui, sotto la loro responsabilità, dichiarano che la nuova tecnologia non arrecherà danni alla salute umana, animale e vegetale. Una tale forma di autotutela potrebbe rallentare il processo di diffusione, indurre alla cautela le aziende e aprire la strada a quegli studi clinici mirati che oggi mancano.
Silvio Lavalle