Teatro Regio: un futuro senza debiti, con più tecnologia e nuove assunzioni

Una delle scenografie conservate nei magazzini del Teatro Regio, vere opere d'arte spesso prestate ad altri teatri europei, nell'ambito della collaborazione esistente tra gli enti

Un Teatro Regio che avrà i conti a posto ma che avrà bisogno di un apporto straordinario dei soci.

Questo è il quadro che ha lasciato, questa mattina, ai consiglieri della commissione Cultura presieduta da Massimo Giovara, la commissaria straordinaria dell’ente lirico torinese, Rosanna Purchia.

Sarà un bilancio pulito ma critico”, ha evidenziato, sottolineando come siano state fatte svalutazioni di beni artistici per tre milioni di euro. Un’operazione necessaria per ripianare i debiti pregressi che la futura gestione non avrà più ma servirà nuovo ossigeno per un completo rilancio.

Naturalmente, in questi mesi di chiusura al pubblico, il Regio non ha badato solo ai conti ma anche al rilancio artistico e ad interventi di ammodernamento del teatro.

Dopo mesi di lockdown, ha ricordato Purchia, rappresentava un’incognita la risposta del pubblico. La stagione estiva avviata nel cortile settecentesco dell’Arsenale Militare sta invece dimostrando che i torinesi si stanno riavvicinando al teatro e con loro, anche i primi stranieri, con la stagione già venduta per oltre il 70%.

Un successo nonostante una promozione condotta con risorse ridottissime. “Abbiamo utilizzato un marketing tradizionale, ha evidenziato Purchia, contattando segmenti di società come sanitari, gli studenti del conservatorio, o ambiti industriali che sono diventati amplificatori, accanto ad un marketing innovativo sui social e sul web”

Inoltre, lavori sul secondo teatro più antico d’Europa (ha più anni di storia solo in San Carlo di Napoli) renderanno il Regio uno dei palcoscenici più tecnologici d’Europa.

Purchia si è quindi soffermata sulla pianta organica la cui dotazione è stata inviata al Ministero per l’approvazione. In prospettiva, previste 29 assunzioni, metà delle quali destinate al personale precario.

Federico D’Agostino