Non è difficile immaginare il sollievo che una persona in carcere possa provare al pensiero dell’imminente “fine pena”. Un cancello che si apre, finalmente verso l’esterno, una riconquistata libertà di movimento, la sensazione di essersi lasciati alle spalle il nero e potersi tuffare nel blu. Ma no, non è tutto così semplice come nei film. Uscire dal carcere significa anche una faticosa ricerca di ciò che occorre a una vita normale: un lavoro, in primo luogo, poi una casa se, come può capitare per vari motivi, non si ha più un posto dove si pensava di poter fare ritorno. E’ in questa difficile situazione che maturano una parte delle cosiddette “recidive”, ovvero il tornare a commettere reati e di conseguenza il ritrovarsi in carcere. A questi problemi vuole contribuire a dare risposta il recentemente costituito Sportello Dimittendi, presentato ieri pomeriggio ai consiglieri e consigliere della commissione Legalità. Presieduta da Luca Pidello, la commissione ha anche competenza in tema di luoghi di detenzione.
Nel corso della riunione, presenti anche l’assessora Gianna Pentenero e la garante dei detenuti della Città di Torino, Monica Cristina Gallo, sono state illustrate le attività svolte, in sinergia anche con altri organi istituzionali, associazioni di volontariato e anche soggetti privati, (nonché in collegamento con servizi già attivati nel penitenziario), per accompagnare le persone prossime alla scarcerazione (a queste si riferisce il burocratico dimittendi) in un percorso di reinserimento sociale.
Servizi come l’Anagrafe per i documenti, formazione professionale (come i corsi di programmazione e robotica, in collaborazione con Comau e Casa di Carità Arti e Mestieri), sostegno per trovare un’abitazione, l’assegnazione di una “dote di inclusione” per sopperire alle prime necessità. Importante anche l’attività svolta dall’Agenzia Piemonte Lavoro, parte integrante del progetto complessivo (oggi ci sono circa 150 detenuti e detenute coinvolti in cantieri di lavoro). Servizi che in parte si attivano con un buon anticipo rispetto alla scarcerazione, intersecandosi con attività come quella sportiva, importante per educare al rispetto delle regole e delle persone, agendo positivamente sull’autostima.
I compiti da svolgere sono tanti e impegnativi, anche perché si calcola che nel prossimo biennio saranno circa 200 i residenti a Torino che concluderanno la loro reclusione. Grande attenzione da parte dei consiglieri e consigliere presenti, con numerosi interventi (Saluzzo, Camarda, Ledda, Greco, Ciampolini, Crema, Tuttolomondo, Garione) su temi come l’alfabetizzazione, i servizi sanitari (che la garante Gallo ha segnalato essere carenti), il reinserimento sociale, lo stigma sociale che rende difficile il riassorbimento nella comunità a livello di lavoro e di abitazione. Tutti temi sul quale la Città opera per consolidare una rete, dal Dipartimento di studi giuridici dell’Università alla direzione carceraria, dalle istituzioni al volontariato o alle Fondazioni, che costituisca un efficace ponte tra il fine pena e la ricostruzione della una propria vita.
Claudio Raffaelli