Sarà il settore Lavoro della Città di Torino a curare i rapporti con il sistema carcerario, in accordo con il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Lo ha annunciato l’assessora Gianna Pentenero durante la riunione della commissione Legalità presieduta da Luca Pidello.
L’Assessora ha sottolineato che, dopo le iniziali difficoltà dovute alla mancanza di personale, il Settore sta già lavorando con la Garante per la creazione dello sportello dimittendi che potrebbe avviare la propria attività in modo sperimentale entro un mese.
Si tratta di un servizio dedicato a tutti coloro che stanno scontando gli ultimi mesi di pena e che dovranno affrontare la nuova vita fuori dal carcere. Lo sportello raccoglie le esigenze legate a questioni anagrafiche, rapporti con il mondo del lavoro, necessità di casa o assenza di reddito.
Per questo, ha sottolineato l’Assessora, si sta definendo un protocollo d’intesa con la casa circondariale “Lorusso e Cutugno” che vedrà, oltre al coinvolgimento della Garante, anche quello del dipartimento di Giustizia dell’Università di Torino, nonché settori della Città stessa. Anche la Regione, che cura lo sportello lavoro all’interno del carcere, sarà coinvolta nel progetto.
Pentenero ha quindi sottolineato come si stia lavorando per implementare alcune attività all’interno della struttura carceraria, in particolare per quanto riguarda la formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie e per il rilancio del progetto sportivo legato al rugby.
Naturalmente, ha concluso l’Assessora, continuano ad essere attivi i protocolli di intesa con aziende come Amiat per inserimenti lavorativi mentre si sta cercando di ampliare l’offerta per i semi liberi.
I consiglieri, che la settimana scorsa avevano effettuato una visita alla sezione femminile del Lorusso e Cutugno, hanno evidenziato da parte loro le criticità emerse durante il confronto con le donne presenti nella struttura.
Il presidente Pidello ha ricordato come sia stato posto con forza il tema della casa che consentirebbe, a chi è ristretto, di accedere a pene alternative al carcere e a chi termina la pena di intraprendere un percorso di reinserimento nella società. Come altri consiglieri, ha sottolineato la centralità delle questioni sanitarie, soprattutto per quelle che attengono alla salute mentale. “Abbiamo riscontrato come, per diverse delle persone incontrate nella sezione femminile, il carcere non dovrebbe essere la soluzione, con conseguente fatica per loro e per il personale di sorveglianza. Occorre quindi che la Città si adoperi perché adeguate risorse vengano investite in questo ambito perché vi sia un’alternativa al carcere per chi non ha problemi di natura “criminale” ma di natura sanitaria”.
Infine, ha evidenziato Pidello, occorre affrontare il problema di chi, una volta fermato, venga condotto in carcere e dimesso dopo pochi giorni. “Per queste persone, ha sottolineato, servirebbe una zona filtro che non sia il carcere ma un altro tipo di struttura che sgraverebbe il personale di sorveglianza, educativo e sanitario da una serie di incombenze che sottraggono energie utili in altri ambiti della struttura”.
Federico D’Agostino