Sette classi e sedici insegnanti che tutti i giorni vanno in carcere per seguire i corsi delle varie sezioni composte da settecento iscritti. Un mondo poco conosciuto emerge dalla relazione del direttore Paolo Tazio che ha parlato in Commissione Legalità dell’attività del Cpia 1 ‘Paulo Freire’ con i detenuti del carcere Lorusso e Cutugno. Oggi i Centri provinciali di istruzione per gli adulti lavorano meno con i nostri connazionali che negli anni Settanta frequentavano i corsi serali di 150 ore per conseguire la licenza media e formano in prevalenza stranieri come i settecento detenuti che frequentano corsi di alfabetizzazione e tre scuole superiori in rete.
Numerosi sono i progetti portati avanti in parallelo dagli insegnanti del Cpia: il progetto accoglienza; gli incontri con la clinica legale e gli studenti di Giurisprudenza; ‘lettura ad alta voce’ della Fondazione San Paolo; la collaborazione con l’Università per le lingue (sono di novantasei nazionalità diverse gli iscritti); ‘adotta uno scrittore’ in collaborazione con il Salone del Libro; corsi di calcio e pallavolo; cura animali; ‘Ti regalo un libro’; le certificazioni Cambridge; corsi di informatica specie al femminile (il dieci per cento del totale dei detenuti iscritti sono donne); corsi di lingua inglese per il personale penitenziario. Non mancano i problemi, ha concluso Tazio: le aule – in parte fatiscenti – sono insufficienti e i trasferimenti e le rinunce sono frequenti; l’organico ridotto della Polizia penitenziaria riduce le possibili fasce orarie di lezione oltre alle difficoltà di reperire informazioni sui curriculum degli studenti, ignoto in due terzi dei casi.
(Roberto Tartara)