Nel romanzo di Dino Buzzati “Il deserto dei Tartari”, la fortezza Bastiani è un presidio di frontiera in attesa di un nemico che sembrava non arrivare mai. Per il Pronto soccorso dell’Ospedale San Giovanni Bosco (che a modo suo è un presidio di frontiera, unico ospedale nella zona Nord di Torino) la storia è diversa, perché lì arrivano ogni anno in 74.000, più di duecento ogni giorno, 6000 dei quali sono bambini: non nemici, ma persone bisognose di cure. Certo, i casi che necessiterebbero effettivamente di un trattamento da pronto soccorso sono in proporzione di uno su cinque. Ma fattori quali la mancanza di altri ospedali sul territorio a nord di corso Regina, la carenza di medici di base e pediatri di libera scelta, la densità di popolazione (in buona parte fragile economicamente e socialmente) e un elevato numero di persone anziane concorrono a fare del Giovanni Bosco un punto di riferimento “h24” sottoposto a un vero assedio quotidiano, con pazienti che affluiscono anche da fuori città.
Ieri pomeriggio, la IV commissione Sanità e Servizi sociali, guidata dal suo presidente Vincenzo Camarda e dal vicepresidente Piero Abbruzzese, ha incontrato il direttore Michele Morando e il dirigente medico del Pronto Soccorso, il dottor Aprà, per una fotografia della situazione. L’ospedale e il suo Pronto soccorso offrono un servizio di qualità, sono anche centro di formazione universitaria per i chirurghi, ma oltre a condividere i problemi delle strutture sanitarie pubbliche, a partire dalla carenza di personale medico e infermieristico, soffrono di un sottodimensionamento rispetto alla richiesta, nonostante importanti lavori di ristrutturazione in anni recenti: i posti letto, ad esempio, sono in tutto 350.
In generale, è stato sottolineato nel corso dell’incontro, occorre una forte riflessione sulle prospettive dell’andamento demografico ed economico, nel quale confluiscono invecchiamento e impoverimento di buona parte popolazione. E questo si riversa anche al Pronto soccorso, con un continuo afflusso di persone malate croniche, povere e sole per le quali, una volta fornite le cure necessarie, si aprono problemi che riguardano i Servizi sociali oltre che la Sanità.
Come se non bastasse, il personale dell’ospedale è molto sotto pressione dal punto di vista della sicurezza: aggressioni nel Pronto soccorso, molestie e rapine nel piazzale antistante, con una medica ferita da una coltellata al terzo giorno di servizio; un’altra sottile forma di assedio che rende ancora più difficile lavorare con serenità in un contesto già di per sé delicato. Il ripristino del presidio Polizia fisso presso il Pronto Soccorso e l’istituzione di un parcheggio riservato e sicuro, almeno per il personale femminile nel turno notturno sono due delle richieste formulate.
Restano i problemi di fondo con la necessità di realizzare rapidamente la rete delle case di comunità, presidi sanitari territoriali indispensabili per alleggerire la pressione degli ospedali, rinsanguare il servizio di medicina di base, realizzare nuove strutture ospedaliere, rafforzare i Servizi social e l’attenzione ai temi dell’invecchiamento della popolazione e delle dipendenze: temi che riguardano le istituzioni nel loro complesso, a livello nazionale come locale, e che restano all’attenzione della Commissione
(Claudio Raffaelli)